L’innovazione tecnologica è ormai diventata un fattore critico di successo che ha di fatto rivoluzionato i confini del classico modello delle cinque forze di Porter per valutare la propria posizione competitiva. Se da un lato la tecnologia ha, infatti, affievolito le barriere dietro le quali gli incumbent del settore potevano difendersi, dall’altro ha favorito l’affermarsi del paradigma dell’open innovation.
Sintomo e conseguenza dell’adozione di tale modello è la crescente collaborazione tra le grandi/medie aziende e le startup/imprese innovative.
In fondo una possibile minaccia può “facilmente” tramutarsi in una buona occasione per migliorare il proprio modo di fare business e modificare le regole di competizione.
Le aziende “affermate” affiancando le realtà più giovani possono ottenere dal mercato le competenze/tecnologie che altrimenti sarebbero dovute essere sviluppate internamente con un maggior dispendio di risorse, sia economiche che di tempo; quest’ultimo da sempre, ed oggi ancor di più, fattore cruciale per presidiare al meglio il mercato di riferimento.
Inoltre, parafrasando J. Saramago, l’apertura verso le novità presenti sul mercato è un ottimo modo per liberarsi da quell’enorme carico di tradizioni, abitudini e costumi che occupa la maggior parte delle gerarchie aziendali e che zavorra impietosamente le idee più brillanti e innovative all’interno della corporate.
I vantaggi, d’altro canto, si riflettono anche lato “startup”: le imprese più giovani possono contare su finanziamenti che le aiutino a crescere più rapidamente oltre che a expertise di settore frutto di anni di presenza sul mercato.
Queste esigenze/vantaggi si traducono in una parola: Corporate Venture Capital (CVC)
Ma cosa è un CVC e un VC?
Tecnicamente, il Corporate Venture Capital (CVC) è un investimento di una grande/media azienda, una corporate appunto, tramite fondi costituiti ad hoc, nel capitale/equity di una startup/impresa innovativa.
Rispetto al Venture Capital (VC), oltre l’ovvia presenza dell’azienda finanziatrice, il CVC si differenzia per investimenti maggiormente focalizzati in determinati settori (quello di appartenenza della corporate), per differenti prospettive di controllo (molto spesso, in questo caso, le startup non vengono imbrigliate nella struttura d’impresa ma lasciate libere di poter operare liberamente) e diversi obiettivi in termini di durata del deal e di strategie di uscita; le aziende, infatti, puntano a relazioni più durature, capaci di creare nuovi business model, e non cercano, almeno dal principio, exit strategy.
Qualche numero
Questo connubio corporate/startup, secondo la società di ricerche Cb Insight, ha fatto registrare un giro d’affari in termini di capitale investito di 31,2 miliardi di dollari (+18% rispetto al 2016) mentre gli investimenti medi dei CVC sono stati di circa 22 milioni di dollari, 5 milioni in più rispetto alla media di quelli effettuati dai VC.
Il settore che, nell’ultimo anno, ha trainato maggiormente gli investimenti corporate è stato quello dell’artificial intelligence (+32%) mentre geograficamente (dati Aifi) il 60% dei deal è ancora concluso da operatori Usa contro il 20% di quelli gestiti in Europa.
L’open innovation made in Italy, tuttavia, cresce e vi è sempre più interesse/curiosità nei confronti delle startup/imprese innovative. A confermarlo, oltre alla costituzione di fondi di investimento interni alle principali realtà aziendali italiche (Ad4Venture – Mediaset, Blu1877 – Barilla, solo per citarne alcuni) anche le parole di Ernesto Ciorra, responsabile Innovazione e sostenibilità di Enel, società premiata al World Open Innovation Conference con il Business Model Transformation Award a fine 2017: “Negli ultimi anni, Enel ha percorso molta strada nell’innovazione collaborando con le realtà ad alto potenziale e definendo partnership per sviluppare nuovi modelli di business e colmare i gap tecnologici”.
Collaborare, anziché competere, questo in fondo il significato più puro dietro al concetto dell’open innovation, perché la morale della favola è: “Meglio diventare amici che diventar pascolo di avvoltoi e di corvi”. (Esopo)
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