E’ vero. Facebook, Amazon, PayPal hanno accompagnato noi e le generazioni dopo la nostra (più smart, più digital, più millennials) in questo decennio di forti trasformazioni. Ma se si fa un bilancio organico di quanto è successo, isolando fotogramma per fotogramma, le immagini corrono veloci, intense, belle a testimoniare quanto la penetrazione del digitale sia stata rapida e diffusa come mai nessuna altra rivoluzione tecnologica del passato.
Ma il punto oggi è cosa accadrà domani, con uomini sempre più interconnessi, che generano uno scambio di dati enorme, superiore ai volumi dei flussi commerciali e dei dati finanziari dal 2009 ad oggi.
Si chiacchiera con il professor Giancarlo Capitani, osservatore attento dei cambiamenti della società nei decenni, e si percepisce l’urgenza di mettere a fuoco il futuro dirompente, prossimo davvero. Nonostante i dieci anni trascorsi (testimoniano Luca Colombo, Francois Nuyts e Federico Zambelli Hosmer a capo di Facebook, Amazon e PayPal in Italia) abbiano lasciato il segno. Ben marcato.
Il mondo corre, ma l’Italia va a una velocità propria da sempre, più lenta.
Ci sono indicatori semplici che è bene guardare: siamo noi italiani ben avviati dal punto di vista della dotazione di tecnologia, ma siamo pessimi nell’uso, al quart’ultimo posto per utilizzo della tecnologia in Europa; facciamo poco e-commerce, nonostante in crescita del 15%; abbiamo poca dimestichezza con l’utilizzo di pagamenti digitali e con l’uso della carta di credito; siamo indietro nelle competenze digitali e nella offerta di servizi collegati; la compagine sociale e demografica non ci aiuta a spostare verso l’alto la digitalizzazione: fa un uso evoluto della tecnologia solo la fascia di età dai 35 ai 50 anni, perché i giovani smartphone dipendenti da messaggistica istantanea e social, hanno scarsità di potere d’acquisto e non utilizzano servizi pubblici o bancari. Arranchiamo. E se i gap da recuperare in ambito industriale e produttivo hanno strumenti dedicati previsti dai Piani Industria 4.0 e poi Impresa 4.0 (con buoni indicatori di crescita comunicati in settimana), lo stesso non succede dal punto di vista sociale. Manca un programma più ampio per una Società 4.0, pensata per il cittadino, che potrebbe prendere spunto da modelli coraggiosi di altri paesi europei.
Se si guarda agli investimenti della confinante Francia si vede che la marcia è diversa. L’accelerata data dal piano di investimenti di 9 miliardi di euro al 2022, per digitalizzare la macchina dello stato, distanzia di molto il valore di spesa aggregata italiana in tecnologia, pari a 5,5 miliardi di euro, con una prevalenza degli investimenti in ambito operativo, secondo una logica di cost saving e non di investimento. L’idea guida italiana è che si risparmi fino al 50% nei prossimi tre anni sulle spese operative di gestione, e che si rinvesta quanto risparmiato nel digitale. Un approccio diverso: la Francia investe, noi facciamo cost saving.
Ma di fondo, tra i cambiamenti che si auspicano (smart cities, smart manufacturing, smart societies) quello più necessario riguarda la pubblica amministrazione, che farebbe di necessità virtù: lo stato digitale costerebbe meno, sarebbe più efficiente e fornirebbe servizi migliori. Prendiamo esempio dall’Estonia, piccola e virtuosa (con il 99% dei servizi di e-government), che ha varato una nuova costituzione con al centro il tema della cittadinanza digitale. Non mi sembra che in Italia il dibattito infinito sulla riforma costituzionale abbia mai previsto un ripensamento digitale del cittadino. “Recuperare i ritardi è imprescindibile per il nostro Paese. In questa triste campagna elettorale nessuno ne parla – si amareggia Capitani -. Vogliamo e dobbiamo essere cittadini digitali. L’invito a tutti è di far sentire sempre più alta la nostra voce ovunque ci è dato di farlo”.
Come dire: i dieci anni futuri saranno più importanti dei dieci anni “rivoluzionari” passati. Il raffronto tra Italia e Estonia non sarà solo una partita di calcio.
PS: Giusto qualche numero. Italia: 43 milioni gli utenti Internet (il 73% della popolazione), 34 milioni gli utenti attivi sui social media, 49 milioni gli utenti mobili, 19.649 milioni di euro il giro d’affari generato dall’e-commerce.
Mondo: 4 miliardi gli utenti Internet (il 53% della popolazione), 3 miliardi gli utenti attivi sui social (42% della popolazione), 5 miliardi gli utenti con device mobili, il 22% della popolazione mondiale acquista online generando un volume di affari di 2 milioni di miliardi di dollari.
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