Nasce nel 1994 Emergency, associazione italiana indipendente e neutrale, per offrire cure medico-chirurgiche gratuite alle vittime di guerre, mine anti-uomo e povertà, promuovendo cultura di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani. Un progetto portato avanti, oltre che dal fondatore Gino Strada, dal contributo di migliaia di volontari e sostenitori che hanno permesso all’associazione no profit di avviare un processo di internazionalizzazione con la nascita di organizzazioni locali e di gruppi di volontari in diversi paesi.

La tecnologia in tutto questo sta dando una grossa mano. Ne parliamo con Alberto Almagioni, Cio di Emergency, che gestisce con un budget di spesa “non certo  comparabile a quello di un’azienda che ha un bilancio pari al nostro” per portare avanti progetti innovativi. 

“Noi spendiamo molto poco in tecnologia – racconta Almagioni nella videointervista per la rubrica Cio Cafè -: le nostre spese di gestione rappresentano l’8-9% di quanto raccogliamo in un anno, di conseguenza il budget IT è molto limitato, anche per la nostra storia avendo sempre lavorato in paesi dove c’è la guerra. Oggi crediamo che tecnologia sia un fattore in più. Dal 2007, da quando abbiamo realizzato il centro di cardiochirurgia in Sudan, abbiamo cominciato a fare ospedali di eccellenza. Il prossimo sarà in Uganda con il progetto di Renzo Piano. Abbiamo iniziato a impostare una sorta di digital trasformation cambiando l’approccio all’uso della tecnologia, introducendo strumenti come cartelle cliniche informatizzate, strumenti gestionali e di collaboration”.

Negli anni l’approccio alla tecnologia è cambiato precisa: “ci stiamo rendendo conto che l’IT non è più una materia a sé ma è un pezzo dell’insieme”.

Non nasconde Alamgioni che le relazioni tra IT e capi delle linee di business sia ancora da costruire ma i prosupposti ci sono: “Oggi sono le linee di business che ci chiedono tecnologia prima che noi la proponiamo. Stiamo cercando di essere molto presenti nelle fasi decisionali dei progetti sia in Italia sia all’estero, per cercare di dare una visione anche alla componente IT dell’attività”. La difficoltà secondo Almagioni sta nel fatto che si fatica a lavorare in anticipo, in modo predittivo, così spesso l’IT risponde alle problematiche in corso, mentre si dovrebbe lavorare per “essere più propositivi e coinvolgere le linee di business”.

La tecnologia ha aiutato il processo di internazionalizzare di Emergency con strumenti di collaboration, videoconference, gestione digitali di archivi fondamentali anche condividere il patrimonio informativo dell’associazione. “Lavoriamo in paesi dove spesso c’è un gap digitale molto forte: addirittura alcuni progetti in Italia sono in zone poco coperte da connettività e quindi con una forte problematica per l’uso di certe tecnologie, come ad esempio il cloud. In questo senso siamo sempre alla ricerca di qualcosa che vada a colmare il gap tra primo e terzo mondo, tra zone in via di sviluppo e zone sviluppate”.

Molte aziende aiutano Emergency scontando le licenze (“un forte aiuto”) anche se le offerte di architetture a volte non tengono conto delle realtà in cui opera (“un forte limite”). Tra i progetti più importanti, già realizzati, una piattaforma di collaboration con Office 365, offerta da Microsoft a titolo gratuito, ma servono anche strumenti per lavorare in maniera ibrida in momenti in cui manca connettività, scarseggia la banda, in cui si è tagliati fuori dal mondo per crisi internazionali, guerre o emergenze.

Sicurezza, privacy, dati sensibili, imbarghi internazionali sono preoblematiche ricorrenti per il team IT di cinque persone, chi si occupa di vari aspetti, dalle missioni, alla parte amministrativa e logistica, a quella comunicativa e di raccolta fondi. “Abbiamo una persona fissa all’interno del Salam Centre, il centro di cardiochirurgia, perché richiede necessariamente una figura IT specializzata per la diagnostica digitale”.

La valigetta di Emergency che contiene l’infrastruttura virtuale della cartella clinica centralizzata
La valigetta di Emergency che contiene l’infrastruttura virtuale della cartella clinica centralizzata

Tecnologie di frontiera, visori AR e Intelligenza artificiale, potrebbero essere validi supporti. “Sicuramente aiuterebbero ma cerchiamo di essere estremamente realistici: purtroppo non abbiamo grandi budget per avere machine learning o cose molto belle, che ci piacerebbe avere”. Una tecnologia di cui Almagioni va fiero è una valigetta che contiene l’infrastruttura virtuale della cartella clinica centralizzata. Raccoglie un mini pc, che ospita i server virtualizzati necessari al funzionamento della cartella clinica anche in assenza di connessione: domain controller, database e application server. Ha un router 4G multi sim che garantisce massima versatilità di connessione anche in zone con poca copertura che funziona anche come access point wifi a cui i vari client possono connettersi per accedere alla cartella clinica. La valigetta monta anche un piccolo UPS che garantisce più che altro la protezione da sbalzi di corrente ma anche permette l’autonomia sufficiente a spegnere il sistema in modo pulito se dovesse mancare la corrente. “Il sistema è pensato per sincronizzarsi con il database centrale quando la connessione lo permette” spiega.

La valigetta di Emergency che contiene l’infrastruttura virtuale della cartella clinica centralizzata
La valigetta di Emergency

Al momento, Emergency utilizza presso Casa Emergency o nei negozi in giro per l’Italia visori a 360 gradi per mostrare ai sostenitori i progetti in terre lontane, per raccontare come opera un ospedale in mezzo al deserto in Sudan o un centro di maternità nella valle del Panjshir in mezzo all’Afghanistan.

 

Nella videointervista per Cio Cafè ad Alberto Almagioni, Cio di Emergency, tutti i dettagli della trasformazione digitale dell’associazione.

Alberto Almagioni, Cio di Emergency, con Emanuela Teruzzi, direttore responsabile di Inno3, a Cio Café

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