La presenza di intelligenza artificiale e intelligent automation nei processi, se da un lato rappresenta una opportunità di crescita per le aziende, dall’altro può essere una minaccia per chi non riesce a fronteggiare la disruption che impatterà sul mondo digitale. Appian studia queste dinamiche e delinea lo scenario che dobbiamo attenderci nel prossimo futuro ma anche nel lungo termine.

Livelli di implementazione

Alcuni dati dicono che già entro la fine di quest’anno, il 30% delle grandi aziende inizierà a generare entrate dal Data as a Service con l’utilizzo dell’AI e oltre il 40% delle iniziative di trasformazione digitale utilizzerà i servizi di artificial intelligence.
Entro il 2020, invece, i personal digital assistant e i robot influenzeranno il 10% di tutte le vendite: entro il 2021 poi, il 75% delle app aziendali commerciali avrà integrato l’intelligenza artificiale e oltre il 50% dei consumatori interagirà con l’AI.
Altri dati di una recente ricerca di Appian condotta da IDG sul futuro del mondo del lavoro, dicono che il 54% ha o pianifica di implementare il machine learning; il 75% è favorevole o prevede di implementare l’intelligent automation nel prossimo anno e il 41% prevede di implementare l’intelligent automation già nel 2019.

AI, i rischi di un’introduzione repentina

In passato, l’IA era limitata alla rimozione di processi di back office molto complessi come l’elaborazione finanziaria nelle banche e la fornitura di servizi per grandi reti di tlc, ma con l’avvento del cloud computing sta diventando sempre più raggiungibile e facile da fruire.
Le aziende la useranno quindi per svolgere uno spettro sempre più ampio delle proprie attività; molte la stanno già sfruttando per fornire un servizio alla clientela migliore e più veloce o per ottenere maggiore visibilità sui canali di vendita, modelli operativi e attività quotidiane.

Silvia Fossati, Managing Director - Southern Europe di Appian
Silvia Fossati, managing director – Southern Europe di Appian

La crescente introduzione delle AI e degli algoritmi per funzioni di business va quindi oltre la semplice raccolta di dati. Lo sottolinea Silvia Fossati, managing director – Southern Europe di Appian: “Oggi scopriamo che l’intelligenza artificiale sta già svolgendo un ruolo più importante nelle nostre vite quotidiane. I sistemi intelligenti stanno infatti prendendo miliardi di decisioni ogni giorno che influenzano molti aspetti della nostra vita; per esempio, sono spesso determinanti per chi fa distribuzione e logistica, per l’approvazione di un prestito in banca, per chi viene assunto o licenziato in azienda. Ma gli esperti mettono in guardia rispetto ad una introduzione troppo repentina delle AI, e temono che non sia data la necessaria priorità alla due diligence nel processo di sviluppo del software”.

Responsabilità politiche e sociali

I timori sono condivisi anche da esperti di AI con orientamento etico come Joanna Bryson, professoressa ed esperta di informatica presso l’Università di Bath nel Regno Unito, che sottolinea l’importanza di capire come l’AI prende le decisioni, determina ciò che vediamo e ciò che non facciamo e chi è responsabile della sua gestione: “Dovremmo essere in grado di dimostrare che possiamo sostenere la crescita del software. E dovremmo essere responsabili per quello che fa”, sostenendo che forse le maggiori sfide che dovremo affrontare in futuro sono le conseguenze politiche, economiche e sociali di non dare priorità alla due diligence con l’AI.

Joanna Bryson, professoressa ed esperta di informatica presso l'Università di Bath nel Regno Unito
Joanna Bryson, professoressa ed esperta di informatica presso l’Università di Bath nel Regno Unito

“Abbiamo compiuto un enorme salto tra il 2007 e il 2017 per quanto concerne le capacità delle AI, perché nel tempo abbiamo avuto più dati a disposizione e siamo migliorati nell’apprendimento automatico. A lungo termine, penso che ciò accelererà il nostro tasso di progresso. Quindi, questo è il momento migliore per capire come integrare l’intelligenza artificiale nelle nostre vite. Perché diventerà sempre più difficile riconoscere che stai lavorando con la tecnologia”, afferma la studiosa.

Morgan Frank, ricercatore MIT Media Lab, si unisce alla discussione e sottolinea la preoccupazione sul fronte della sicurezza e della privacy“Stiamo (anche) notando più casi in cui vengono utilizzati dati che ci riguardano senza che noi lo sappiamo”.

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