“In un mondo che cambia grazie alla digitalizzazione, abbiamo bisogno di persone in grado di guidare la trasformazione. E’ questa la sfida che si gioca oggi sul piano della formazione, dove protagoniste sono soprattutto le digital skill, in cui si riscontrano carenze nella reperibilità delle risorse e scarsa capacità di mantenerle”.

Esordisce così Marcello Albergoni, country manager di Linkedin Italia, nell’incontro a Milano per raccontare l’evoluzione del panorama italiano nel mondo del lavoro e suggerire le migliori strategie da mettere in campo per competere, sia dal punto di vista delle aziende che dei singoli individui.

Marcello Albergoni, country manager di LinkedIn Italia
Marcello Albergoni, country manager di Linkedin Italia

“Numericamente le assunzioni crescono ma ora devono essere colmate le lacune digitali – sottolinea il manager -. Servono hard skill ma anche persone con doti di problem solving, collaborazione e senso di leadership, un mix significativo per i soft skill più ricercati”.

Uno scenario delineato da un punto di osservazione privilegiato, quello di Linkedin, dall’ampia visione di insieme: “Siamo seduti sul più grande big data del settore che cresce costantemente, considerato che la nostra piattaforma contava un milione di iscritti nel novembre 2011 e questo numero oggi è rappresentato dai soli iscritti di Milano e sono oltre 630 milioni gli utenti a livello globale”, dichiara Albergoni.

Un patrimonio di dati con cui Linkedin si propone di colmare il gap nelle competenze, con un forte impegno a livello finanziario nello sviluppo di talent solutions, e-learning e corsi video “che diventano patrimonio dell’azienda come circolo virtuoso implementato in Italia e nel mondo per aiutare le aziende a fare reskilling”

Percorso sostenuto anche dalla nuova iniziativa internazionale #InItTogether, che arriva in Italia con il nome di #SogniamoInGrande”. Un’attività che negli ultimi mesi vede il coinvolgimento di alcuni utenti e influencer italiani presenti sulla piattaforma che si diventano protagonisti in prima persona raccontando il loro percorso di crescita professionale supportato da Linkedin, un modo per trasferire alla community nuove ispirazioni. Tra questi, Silvia Zanetti spinge il gender quality e rappresenta il passaggio da utente passivo ad attivo. La giovane manager di Grenke Italia, board member di Young Women Network, gestisce per la propria azienda il piano di marketing tramite Linkedin per attingere a contenuti di qualità a volte ancora prima che vengano pubblicati: “un blog senza blog”, lo definisce, che amplifica la tua persona tra i contatti”

Silvia Zanetti, manager di Grenke Italia, sostenitrice di #SogniamoInGrande
Silvia Zanetti, manager di Grenke Italia, sostenitrice di #SogniamoInGrande

Gli infuencer della vita lavorativa

L’incontro milanese è in particolare l’occasione per condivide i risultati dello studio realizzato dalla Community Research di Linkedin e condotto da Censuswide su oltre 2.000 lavoratori italiani per indagare quali figure professionali aiutano o ostacolano la crescita all’interno dell’azienda.

I risultati fanno emergere la famiglia, gli insegnanti e i professionisti del work placement come soggetti che maggiormente influenzano le scelte iniziali della carriera lavorativa. In particolare, il 50% dei lavoratori indica familiari o figure della vita personale come primi “influencer”, il 13% gli insegnanti, l’11% i career advisor o il professionista addetto al work placement dopo gli studi, il 10,5% il recruiter del primo colloquio, l’8% i professori universitari.

Emergono in particolare tre figure chiave nella vita lavorativa: il competitor, il chearleader e il work bestie. Il competitor è colui che pone delle sfide da affrontare durante le attività di lavoro; il cheerleader è un collega particolarmente brillante per attitudine o risultati professionali che motiva e fa sentire coinvolti i propri colleghi nelle diverse attività (il 70,8% lo individua come figura maggiormente motivante); il work bestie è colui che condivide momenti al di là della vita lavorativa; un amico o una persona più solidale con la quale ci si confronta nei momenti di difficoltà, si condividono i successi lavorativi, e ci si vede anche al di fuori dell’ufficio (il 48% afferma che un’amicizia sul posto di lavora aiuta a sopportare meglio lo stress).

La competizione fa bene

Il 62% degli intervistati non percepisce la competizione, a favore del confronto e dell’interazione e a dimostrazione di un alto senso di sicurezza e autostima dei professionisti italiani, oltre che di un clima tendenzialmente disteso tra i team nelle aziende del nostro paese. Una tendenza che cresce con il crescere dell’età; sono infatti i lavoratori senior a percepire meno la sensazione di competizione in ufficio, rispetto ai junior, sotto in 24 anni.

Secondo i lavoratori italiani, la competizione sul posto del lavoro semmai impatta positivamente sulla crescita professionale (38,5%). Il 63,3% dei professionisti italiani coinvolti nella ricerca ritiene che avere un competitor sul posto del lavoro è un elemento motivante per arrivare al successo. Similmente, per il 44,8% la competizione motiva a lavorare anche con più intensità; il 23% si dichiara persino stimolato a lavorare più ore.

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