In una recente analisi, NetConsulting cube fotografa come i piani di digital transformation entrano oggi nella fase più concreta di implementazione (qui i dati) con una serie di riflessi, sia sugli aspetti infrastrutturali che su quelli architetturali. Sono le banche, seguite da telco e media, assicurazioni e industria a sostenere i programmi più innovativi.
Lo scenario
Tra questi, il gruppo Intesa Sanpaolo. Investe nel cloud dal 2011, data che può essere indicata come inizio di una serie di scelte infrastrutturali che convergono nella visione cloud-first e lo faranno anche nei prossimi anni.
Oggi il 65% delle attività di delivery è automatizzato sfruttando sia una piattaforma di cloud privata, sia un’architettura di hybrid cloud e il 99% delle macchine virtuali viene erogato attraverso un portale self-service.
Intesa SanPaolo – il 30 agosto di quest’anno è documentata una capitalizzazione di 34,9 miliardi di euro – conta circa 1.100 sportelli sul territorio per 7,2 milioni di clienti, compresi quelli delle banche controllate che operano nel commercial banking.
Per conseguire gli obiettivi del piano industriale 2018-2021, la banca costituisce un’area IT, Digital Innovation in cui la direzione dedicata all’innovazione si occupa di osservare e identificare soluzioni di business in un’ottica che i manager del gruppo definiscono user-centered e per mettere a scala iniziative ad alto impatto.
La sfida
Gli obiettivi di business comprendono l’ambizione di diventare la prima digital bank europea. Per farlo, l’istituto identifica nella gestione dei dati un’area strategica critica su cui investire per trasformare le informazioni in opportunità di business, esigenza chiave per le aziende concretamente data driven.
Il problema, per Intesa, è avere un time to market sufficientemente veloce per portare i nuovi prodotti sul mercato, considerata anche la mission espressa in modo evidente con il cambio del nome di ogni filiale in Banca Assicurazione.
La banca persegue criteri focalizzati a rendere efficiente l’infrastruttura ma anche la migrazione di insiemi importanti di dati su piattaforme x86 virtualizzate. Serve inoltre un’evoluzione ulteriore e progressiva della piattaforma e dell’infrastruttura dati per consentire la veloce implementazione di nuovi progetti.
Gli strumenti
Fattori critici di scelta delle soluzioni sono le potenzialità di deduplica, compressione e Iops, riservando l’opportuna attenzione al Tco, studiato con attenzione e comprensivo dell’analisi sulle possibilità di compressione dei costi e degli spazi dello storage necessario e il miglioramento dei processi.
Intesa Sanpaolo sceglie le soluzioni di Pure Storage e decide di migrare sulla piattaforma Pure non solo i dati ma anche le applicazioni e alcune delle funzionalità mission-critical.
Su Pure quindi gira oggi anche parte dei sistemi Crm, per esempio quelli che abilitano le funzionalità di pagamento per i clienti. Con AI e analisi predittiva caratterizzanti le soluzioni Pure.
Nicola Carotti, responsabile ufficio servizi cloud e collaboration della banca: “Design, performance e facilità di utilizzo non facilitano solo le attività del day-by-day, ma anche quelle relative all’analisi preliminare dei requisiti applicativi in quanto l’ambiente è progettato per rispondere alle richieste di tutte le applicazioni”.
L’approccio di Pure Storage è originale per il disegno architetturale con al centro dati e applicazioni, più che per lo storage in sé, per questo si può definire anche come storage adattivo alle applicazioni in un approccio as-a-service.
Carotti fa notare le caratteristiche di resilienza ed efficienza a fronte di performance elevate dei sistemi adottati che comprendono Pure Storage FlashArray e FlashBlade che lavorano in un ecosistema multi vendor.
Risultati
Anche grazie alle soluzioni Pure, Intesa Sanpaolo riesce a portare a scala i progetti di replatforming anche per workload I/O intensivi molto sensibili alle latenze, e questo favorisce la dismissione graduale di piattaforme legacy a favore di sistemi virtualizzati su piattaforma x86.
La banca migliora l’automazione dei processi di provisioning legati all’infrastruttura storage con un impatto diretto sul time-to-market infrastrutturale. Il tutto permette di comprimere i tempi di esecuzione delle analisi, abilitando performance superiori a costi minori.
Concretamente si ottiene la riduzione dello spazio occupato dallo storage a soli sei rack, una serie di automazioni avanzate grazie all’approccio software defined indirizzato al dato, da cui l’idea di “storage software-driven”. Riprende Carotti: “Siamo riusciti a comprimere i tempi di esecuzione delle analisi, abilitando in definitiva una maggiore efficienza a costi minori”.
Intesa Sanpaolo è stato il primo gruppo ad implementare le soluzioni storage Pure in Italia, ma in ambito financial è importante citare anche il caso di Banca Popolare di Sondrio che nel corso dell’anno scorso ha intrapreso un percorso per alcuni aspetti simile.
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