Lo sviluppo di nuovi strumenti e canali di marketing digitale ridefinisce oggi il ruolo del chief marketing officer, sempre più decisivo all’interno delle aziende. Una figura a cui sono richieste nuove competenze per mettere in atto strategie di sviluppo del business in modo innovativo e dinamico. Un percorso di digitalizzazione delle funzioni di marketing che risente però di un forte fabbisogno di informazioni e strumenti specifici, e dal valore non ancora pienamente percepito.
A constatare queste tendenze è lo studio realizzato da Sap con Pepe Research per rilevare il livello di digitalizzazione del marketing in Italia e identificare priorità, canali informativi e tecnologie necessari a gestire il ruolo del Cmo.
È Elena Salvi, partner Pepe Research, a presentare la ricerca realizzata tra dicembre 2019 e febbraio 2020, subito prima dell’emergenza Coronavirus, con il coinvolgimento di 100 responsabili marketing di imprese con fatturato tra i 20 e i 500 milioni di euro, operative in diversi settori e in diverse aree geografiche sul territorio nazionale, con una prevalenza nel Nord-Ovest (52% del campione).
Lo scenario attuale
Nel marketing digitale, le attività ad oggi più sviluppate sono i social media, presidiati o in fase di presidio dalla stragrande prevalenza delle aziende (84%), seguite dalle soluzioni per la gestione del Gdpr (81%) e dalle comunicazioni mirate su clienti (79%) e prospect (72%); attenzione minore è rivolta all’uso di piattaforme per l’ascolto dei clienti (40%) e per la gestione di agenti e venditori (47%).
L’elemento più sorprendente è lo scarso sviluppo di strategie indirizzate all’e-commerce (34%). In quest’ultimo contesto – sottolinea Salvi – “forse, se si realizzasse lo stesso studio oggi, con l’emergenza in corso e i relativi impatti sulla distribuzione, questa percentuale subirebbe un’impennata”.
Maggiore interesse si rileva nel commercio online nel mercato B2C, ritenuto più stimolante ed evoluto e dove le aziende risultano tendenzialmente più digitalizzate; anche nel B2B tuttavia c’è un desiderio di touch point con il canale, soprattutto per favorire una maggiore riconoscibilità e massima personalizzazione del marchio.
Freni, mancanza di skill e interventi
La digitalizzazione dei processi di marketing è avviata dalle aziende ma servono interventi, è la percezione di oltre la metà dei Cmo (57%). Solo nel 44% dei casi ci sono sistemi di incentivazione in essere già consolidati all’interno delle imprese.
La fiducia negli strumenti è alta. Il 75% dei Cmo ritiene impossibile fare un buon marketing senza strumenti digitali. Ma su questo fronte si segnala la mancanza di strumenti e l’esigenza di informazioni quotidiane per gestire gli skill ancora da colmare. Solo il 10% dei manager si sente molto informato, mentre la maggior parte (70%) lo è abbastanza sulle possibilità offerte in generale dal digital e meno ancora sulla specificità delle singole soluzioni. Il 20% dei Cmo si sente invece totalmente privo di aggiornamenti.
In canali di informazione sono diversi; si va dai corsi di formazione ed eventi specializzati (52%), alla consultazione di riviste di settore e newsletter (46%), al ricorso a consulenti nel caso di piccole agenzie (27%) e ai professionisti per le grandi aziende (18%).
Nel processo di digitalizzazione mancano strumenti specifici e servono personalizzazione e strategie ad hoc. Il 20% dei Cmo ritiene che gli strumenti offerti dal mercato non siano adeguati alle esigenze della propria azienda e per il 45% questi richiederebbero un elevato lavoro di personalizzazione. Un processo faticoso che risulta tra i maggiori freni alla digitalizzazione, soprattutto per i forti investimenti di tempo e budget richiesti.
Il nodo dei silos dei dati
Emerge la necessità di capitalizzare meglio le informazioni in possesso. Solo una minoranza delle aziende registra in modo strutturato le informazioni delle attività effettuate dai clienti nelle diverse fasi dei processi aziendali, dagli acquisti, alle richieste di servizio, ai contatti, alla navigazione sul sito o sul negozio online. Nella maggior parte dei casi non esiste un unico database consultabile dalle funzioni di marketing o, se esiste, i dati sono registrati parzialmente o non confluiscono nello stesso repository.
Ivano Fossati, head of sales Sap Customer Experience, Italy & Greece, si sofferma sul tema dei dati: “La gestione dei silos dei dati è un nodo strategico. Bisogna fare leva su dati migliori da gestire in real time per soddisfare con precisione le esigenze del cliente, con cui costruire un rapporto di fiducia. Una fiducia basata anche proprio sul consenso dei dati. In questo contesto, importante è comprendere e studiare le abitudini del cliente attraverso strumenti di machine learning e artificial intelligence per anticipare e identificare trend nascosti e nuove opportunità”.
Il Cmo deve essere in questo contesto come un direttore d’orchestra, sottolinea Fossati. “che armonizzi un’esperienza lineare del processo di lead attraverso tutte le sue componenti, puntando alla fidelizzazione come obiettivo principale. Un processo che richiede diverse strategie: una migliore definizione del focus del marketing sul contesto, il mantenimento della relazione con il cliente anche dopo il primo acquisto perché rinnovi il consenso, e l’ottimizzazione del marketing e dei ritorni attraverso strumenti definiti sulle performance. Tutti processi da gestire in velocità perché l’interesse di oggi del cliente può cambiare molto rapidamente”.
Il Cmo deve entrare nei board
La tecnologia è dunque un abilitatore, soprattutto se legata al dato in real time, ma serve anche una strategia di alto livello, manageriale dove il Cmo abbia un ruolo fondamentale nello stimolare la digitalizzazione.
L’input all’adozione di strumenti digitali all’interno della funzione dipendere infatti nella maggioranza dei casi (84%), proprio dal Cmo più che dall’IT (4%) o dai vertici (23%). Diverso è il peso in fase di approvazione dei progetti, dove il parere dei vertici sembra fondamentale nel 68% dei casi. Sono spesso gli stessi top manger aziendali resistenti a modificare modi di agire consolidati da tempo e giudicati efficaci. Emerge infatti che i principali ostacoli che i Cmo orientati alla digitalizzazione avvertono, nel 63% dei casi arrivano dal personale interno che fatica ad innovarsi, o dalla proprietà (52%).
“Ecco perché è fondamentale che il Cmo faccia parte del board per contribuire ad un lavoro di alfabetizzazione digitale nei management – spiega Fossati – per non rallentare la digital transformation. L’ottimizzazione dei processi di marketing deve passare per una pianificazione con le vendite, la logistica con una collaborazione tra i team e i vertici aziendali”.
Un problema non solo di digitalizzazione ma di cultura, concorda Salvi: Il primo freno al cambiamento risulta proprio la cultura aziendale; bisogna fare formazione ai manager per poi attivare aree che vanno verso la digitalizzazione, altrimenti anche gli strumenti migliori non servono a nulla. Spesso un principio non recepito proprio dai vertici aziendali”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA