Già la data del 31 dicembre 2021 era valida per il settore pubblico. Ora lo è anche per il settore privato. Si va verso l’estensione della normativa sul lavoro agile emergenziale fino al 31 dicembre 2021, equiparando lavoratori pubblici e privati in materiale di flessibilità lavorativa. Avvicinando i due mondi.

Nel pubblico, grazie al Decreto Proroghe di fine aprile, era già approvata la possibilità di continuare a ricorrere alla modalità semplificata sullo smart working fino alla definizione della disciplina del lavoro agile nei contratti collettivi (sui cui il ministero per la PA è al lavoro) e comunque non oltre il 31 dicembre 2021. Spetterà poi all’organizzazione interna ad ogni singola amministrazione definire con i Pola (Piani organizzativi lavoro agile, presentati entro il 31 gennaio di ogni anno) la quota minima di dipendenti che potrà lavorare in smart working, non inferiore al 15% dei dipendenti.

Nel privato, grazie all’emendamento inserito dal ministro del Lavoro (Andrea Orlando) nel testo del decreto Riaperture n.52 (in approvazione) si prevede l’estensione fino al 31 dicembre 2021 dello smart working agevolato per le aziende private, secondo la regola in vigore in tutti questi mesi d’emergenza: non servirà un accordo individuale tra le parti per attuare lo smart working (come previsto dalla legge n.81 del 2017) ma continuerà ad essere sufficiente un atto unilateriale da parte del datore di lavoro nel comunicarne l’attuazione.

Nonostante la fine della fase emergenziale sia fissata al 31 luglio, le incognite sulla situazione sanitaria nella fase post vacanze avevano già portato il governo ad allungare i tempi dello smart working agevolato al 30 settembre 2021, ma in queste settimane, nonostante il piano vaccinale stia portano risultati, si è deciso di non scommettere sull’incognita estiva ed estendere l’agevolazione fino a dicembre 2021.
Da una parte i mesi in più daranno maggior agio alle aziende per organizzarsi e definire la corretta flessibilità organizzativa dei team di lavoro, ricercando nuovi equilibri nella normalità post pandemia. Dall’altra a governo e sindacati di lavorare su accordi collettivi senza dimenticare che lo smart working trova la sua essenza nell’obbligo di un accordo individuale (come la legge 2017 prevede).

C’è tantissima bibliografia in materia e ricche analisi. Quest’ultima ricerca di McKinsey, pur se su campione americano, raccoglie i timori dei dipendenti non informati sulle strategie future, in questa fase in cui le decisioni di molte aziende non sono ancora chiare. Attualmente in Italia sono in smart working (tra agevolato e strutturato) il 54% dei dipendenti, circa 5,4 milioni di addetti (fonte Inapp), un numero che supera i 7 milioni se si considerano anche gli autonomi. Un salto quantico rispetto alle 500mila persone di prima pandemia.

Dalla ricerca What employees are saying about the Future of Remote Work (fonte: McKinsey & Company)
La comunicazione ai dipendenti da parte delle aziende di una visione per il lavoro dopo la pandemia. Dalla ricerca What employees are saying about the Future of Remote Work (fonte: McKinsey & Company)

 

Gli effetti di una mancata comunicazione ai dipendenti da parte delle aziende sulla visione del lavoro, finita l’emergenza. Dalla ricerca What employees are saying about the Future of Remote Work (fonte: McKinsey & Company)

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