La rivoluzione digitale non necessariamente è anche ecologica. E il digitale inquina. Lo dicono i numeri: in Italia ci sono 35 milioni di utenti che utilizzano la posta elettronica, e la spedizione di ogni email produce circa 4g di CO2, mentre un’email inutile in meno a settimana consentirebbe il risparmio di 140 tonnellate di CO2 per un totale di 7.280 tonnellate all’anno. E’ il corrispettivo di 26mila km percorsi in macchina. Non solo: il funzionamento dei prodotti e dei servizi digitali ogni anno produce 1,6 miliardi di tonnellate di gas serra. Se dovessimo dividere questo dato per la popolazione, risulterebbe che ognuno di noi produce oltre 400 kg di anidride carbonica e l’industria digitale è responsabile per il 4% delle emissioni di CO2 mondiali, un dato destinato a raddoppiare da qui al 2025, e che arriverà al 20% entro il 2050.
Acquisire consapevolezza è il primo importante passaggio e Iab Italia, in occasione di Iab Forum, ha per questo presentato il progetto Zed (Zero Emission Digital), pensato per far convivere trasformazione digitale e transizione ecologica.

L’idea si sviluppa in tre passaggi: la presentazione del Manifesto per un Digitale Sostenibile, come vademecum su regole e comportamenti corretti da adottare come singoli e come aziende; accompagnato da un sistema di metriche validato che misuri il digital carbon footprint di siti Web, app, email, video ed infine una campagna di sensibilizzazione per rendere il mondo digitale più sostenibile.

Carlo Noseda, presidente Iab Forum
Carlo Noseda, presidente Iab Forum

Un’azione che di fatto parte dal presupposto per cui serve: misurare, agire, sensibilizzare, come spiega anche Carlo Noseda, presidente Iab Italia: Se non sai quanto consumi su Internet, non sai quanto inquini. Siamo partiti da questo presupposto nel progettare il Manifesto che enumera le regole d’oro su come essere Zed. Stiamo lavorando poi su un sistema per misurare il digital carbon footprint e che possa diventare una vera e propria certificazione per le aziende”.

Comprendere quali sono i rifiuti digitali in azienda, quali i processi che creano un’impronta carbonica digitale, identificarli, sono i primi passi verso un efficientamento delle proprie procedure digitali. Un passo difficile, ma necessario, tanto più con la crescita del cloud computing in atto, mentre disporre di strumenti semplici per misurare l’andamento del digital carbon footprint della propria organizzazione sarebbe uno strumento indispensabile per assicurarsi un progresso tecnologico che vada di pari passo con la sostenibilità ecologica. Non si tratta di un tema che coinvolge solo i Cio, perché anche il comportamento di ciascuno può contribuire all’obiettivo se indirizzato.

Alcuni passaggi del Manifesto per un Digitale Sostenibile
Alcuni passaggi del Manifesto per un Digitale Sostenibile

“Oggi sono disponibili poche linee guida su come le tecnologie digitali dovrebbero essere usate in modo sostenibile, e quali standard dovrebbero essere seguiti – spiega Noseda. Chiediamo ai soci Iab Italia e tutte le aziende di appoggiare questa campagna, aiutandoci a sostenere e a diffondere il manifesto per il digitale sostenibile. Presto avremo a disposizione uno strumento per misurare il digital carbon footprint dei siti Web e faremo un’analisi dell’impatto dei siti dei nostri soci per indicare obiettivi concreti di riduzione delle emissioni digitali]…[“.

Iab propone quindi un vademecum dei principali comportamenti da adottare per ridurre il proprio digital carbon footprint. Si tratta di un elenco di attività di cui ognuno è responsabile e che può mettere in atto in ogni momento – dalla pulizia dei file sul proprio PC, alla cancellazione di Gif o foto condivise in chat non più frequentate, ma anche l’eliminazione di newsletter mai aperte. In attesa dello strumento di misurazione, serve comunque sensibilizzare le persone e diffondere il messaggio.

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