L’innovazione sarà la chiave per fare bene. Quasi nove aziende italiane su dieci sono impegnate ad innovare o comunque dispongono di progetti concreti e vi stanno lavorando sfruttando nuovi tool digitali e rinnovando i processi con investimenti anche in ricerca e sviluppo; addirittura il 92% è convinto che i fondi del Pnrr rappresentano un valido aiuto per stimolare gli investimenti.
Lo dice una ricerca Citrix realizzata con l’istituto Onepoll basata su interviste a un campione di 400 lavoratori della conoscenza con responsabilità decisionali in Italia che non fa mancare motivi per nutrire un sano ottimismo, almeno sulle intenzioni. Poco meno del 91% delle persone intervistate pensa infatti che l’azienda in cui lavora utilizzerà i fondi del Pnrr, anche se solo il 29% del campione dichiara che l’azienda sappia già con precisione come saranno sfruttate queste risorse e come utilizzarle, mentre per circa la metà è solo “abbastanza precisa” l’idea di destinazione d’uso in azienda e l’11% addirittura non ripone grande fiducia nella capacità di fare buon uso dei fondi.
“Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” sono tra le aree di investimento del Pnrr al centro dell’attenzione per migliorare la produttività incoraggiando la ripresa delle attività. “Si tratta di una grande opportunità che il nostro Paese non può e non deve sprecare – spiega Fabio Luinetti, country manager di Citrix Italia -. La tecnologia giocherà un ruolo sempre più centrale per la crescita delle aziende italiane e questa ricerca lo conferma. La digitalizzazione ha infatti un impatto positivo in tutte le aree di business: dalla produttività alla sostenibilità, dalla sicurezza alla guerra dei talenti, nessuna azienda può oggi chiamarsi fuori”.
Entriamo allora meglio nella fotografia di dettaglio offerta dai numeri della Pnrr Survey di Citrix.
L’88% delle realtà che hanno in progetto di utilizzare i fondi è convinta anche delle buone possibilità di crescere nel 2022. Solo il 6% pensa di non riuscire a farlo per non avere le carte in regola, una percentuale che è minima (1%) quando indica per chi sarà estremamente difficile farlo. Innovazione, tecnologie, sicurezza e cultura aziendale e sostenibilità, sono quattro aspetti chiave su cui contano di puntare le aziende.
Quasi sei intervistati su dieci sostengono che l’azienda di appartenenza investe costantemente in innovazione.
Lo fa per almeno 12 mesi consecutivi il 16% del campione, il 7% degli intervistati dichiara che l’azienda ha iniziato a investire in innovazione solo nel corso dell’ultimo anno, ed appena il 5% oppone resistenza a qualsiasi tipo di innovazione, mentre è circa del 10% la percentuale di intervistati che non lo ha ancora fatto ma prevede di farlo.
Per il 65% del campione poi proprio tecnologia, modernizzazione dell’IT, sicurezza e digitalizzazione dei processi sono prioritari. E lì andrebbero indirizzati i fondi del Pnnr, mentre quasi quattro aziende su dieci li utilizzerebbero per progetti destinati alla sostenibilità e alla transizione ecologica, ed il 31% per nuovi progetti di ricerca e sviluppo. Una percentuale assimilabile a quella di coloro che ritengono importanti allo stesso modo la trasformazione delle infrastrutture operative e la ricerca delle competenze.
Produttività e resilienza/business continuity le aree su cui gli investimenti del Pnrr potrebbero sortire i benefici maggiori. E’ così rispettivamente per il 50% ed il 45% del campione, mentre il 35% ed il 26% vorrebbe utilizzare i fondi per migliorare la soddisfazione dei clienti e per la competitività aziendale, ottimizzando i processi e facendo leva su tool automatizzati. Con un occhio attento al tema della sicurezza. Perché per il 44% degli intervistati il digitale cresce insieme ai rischi che rappresentano la principale barriera, e per oltre un terzo del campione manca ancora inoltre una sana cultura digitale. Più di un intervistato su quattro poi teme burocrazia e normative di conformità, e uno su quattro la carenza di competenze.
Si arriva così anche al tema chiave della sostenibilità, su cui anche Luinetti insiste: “La trasformazione digitale che stiamo vivendo avrà ripercussioni dirette non solo sulla nostra vita professionale e privata ma anche sull’ambiente che ci circonda. Ci aspettano sfide importanti nel prossimo futuro, e non potrà esserci crescita economica senza attenzione all’ambiente. Da questo punto di vista, la tecnologia possiede un enorme potenziale che gli investimenti del Pnnr ci aiuteranno a mettere in atto, se sapremo essere pronti ad accogliere questa sfida”. I numeri esprimono in questo modo le convinzioni del campione: oltre 6 su 10 pensano che la DT possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità anche grazie all’implementazione definitiva di modelli di remote working.
In particolare il 44% pensa che sia importante l’utilizzo di dispositivi a basso consumo di energia, il 29% la trasformazione dei data center tradizionali in multicloud ibridi e il 21% un più lungo ciclo di vita dei prodotti informatici. Questo con riflessi positivi anche sulla produttività. Per quasi la metà del campione un workplace sostenibile è virtuoso anche per questo scopo. Così come per il 45% ed il 63% del campione, rispettivamente, potrà servire a ridurre l’impatto ambientale dei sistemi Ict aziendali (ma andrebbe calcolato l’impatto complessivo e l’impegno di risorse effettivo di un dipendente che lavora da remoto) ed ottimizzare i costi operativi (e su questo pochi sono i dubbi, perché con il remote working hanno risparmiato in primis le aziende).
Infine, il digital workplace è considerato in grado di generare nu vantaggio competitivo per la brand reputation da un intervistato su quattro e da più di uno su cinque nelle gare di appalto che richiedono impegni sulla sostenibilità.
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