La transizione che Citrix sta vivendo in questi anni, verso un modello di puro cloud, ha subito un’accelerata in questi mesi, perché la spinta data dall’esigenza di rimanere operativi in tempi di pandemia ha fatto sì che molte aziende non solo dovessero affrontare investimenti in poche settimane per mantenere la business continuity delle loro attività ma anche abbiano deciso di fare un “ragionamento” più ampio, di medio-lungo periodo, per mettersi al riparo da eventuali ricadute del mercato. Senza pensare necessariamente solo a rallentamenti legati alla pandemia, dalla quale speriamo di esserne fuori.

E così la scelta intrapresa da Citrix di spostare in cloud la sua offerta anzitempo ha trovato l’azienda pronta a rispondere ai clienti nell’anno appena trascorso, nonostante ci siano ancora da allineare parte delle competenze del canale con il nuovo corso. Una consapevolezza che lo stesso Mario Derba, VP Southern and Eastern Europe Citrix invitato al nostro Ceo Cafè, sa di dovere affrontare, forte di una strategia portata avanti nel 2021.

Ma partiamo da cosa è successo. “L’Italia è andata molto bene nel 2020 nell’area che supervisiono (Italia, Francia, Benelux e Iberia): è cresciuta oltre il 60% anno su anno, in un’Europa che è sì progredita a due digit ma dove nessun Paese ha sfiorato le percentuali locali – precisa Derba -. E’ incoraggiante il fenomeno registrato in Italia: la crisi pandemica ha consentito di fare un salto di qualità, non solo per quanto riguarda l’acquisizione di licenze per gestire il remote working ma anche per quanto riguarda la realizzazione di progetti di trasformazione digitale, significativi soprattutto nel settore pubblico. Referenze importanti con Inail, comune di Milano, Istat, Inps nell’ambito del remote working hanno confermato che molte organizzazioni hanno colto l’occasione di implementare un modello di hybrid work, che va ben oltre il semplice acquisto di licenze”.

Mario Derba, VP Southern and Eastern Europe di Citrix
Mario Derba, VP Southern and Eastern Europe di Citrix

Un modello che si sposa con l’approccio di Citrix al workspace (“rendere il posto di lavoro indipendente dalla location”) dove lo spazio è centrato attorno al dipendente ovunque sia: a casa ma anche in ufficio, “perché essere costretti a lavorare solo da casa diventerebbe un’altra rigidità. Ora che da settembre pare si possa ricominciare a tornare gradualmente in ufficio (anche se lo smart working agevolato rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2021, ndr), alcuni dipendenti chiedono di continuare a lavorare in smart working perché si sono resi conto di quanto sia produttivo oltre che comodo”.

Un modello adottato da sempre anche in Citrix, con uno o più giorni a settimana fino a 5 in questo periodo, ricercando un giusto equilibrio che bilanci riunioni in presenza e remote. “Stiamo regolamentando il progetto a livello di corporation con gradi di libertà molto ampi senza che ci sia una gestione anarchica. Credo che questo debba essere anche l’obiettivo delle aziende clienti, perché spostare il pendolo indietro nel tempo e tornare tutti in ufficio non ha alcun senso. Inoltre le aziende devono essere pronte: non sappiamo se ci possano essere altre crisi sanitarie e fenomeni di destabilizzazione. Per questo lavorare garantendo la business continuity e la resilienza delle aziende, sempre come se niente fosse, rimane un imperativo, in tutte le geografie”. Oggi, in un mercato caratterizzato dall’essere always-on, resilienza significa soprattutto riuscire a passare senza intoppi dal lavoro in ufficio on-premise a quello remoto e viceversa, dal primo giorno di una eventuale crisi. “Questo implica definire le tecnologie e i flussi di lavoro necessari: servizi cloud per collaborare in team distribuiti, workspace digitali per lavorare in modo comodo e sicuro da ovunque, con qualsiasi dispositivo e un monitoraggio centralizzato guidato dall’intelligenza artificiale per offrire un ambiente di lavoro performante”.

Prima priorità, business continuity

Sono tre le priorità per i clienti, secondo Derba, tra loro intrecciate a doppio filo: la business continuity, l’employment management e la sostenibilità, anche se in termini di importanza l’ordine delle priorità è inverso. Si spiega: la sostenibilità è l’obiettivo principale per qualsiasi azienda, quindi i dipendenti devono essere ingaggiati sul tema, mentre la business continuity diventa un mero problema tecnico, “che serve per spegnere l’incendio”, per permettere ai dipendenti di occuparsi di altro, concentrandosi sulle opportunità legate a nuovi business. “La business continuity fa riferimento all’essere in grado di mantenere attivi i processi operativi essenziali anche in caso di un’emergenza come può essere un incendio, un’alluvione o un’ondata di gelo. La resilienza, invece, è la capacità di continuare il proprio business regolarmente indipendentemente dalle sfide che si profilano all’orizzonte” precisa.

Ma quanto è successo nelle aziende pubbliche o in realtà enterprise private (“ne cito una su tutte, Banca Intesa SanPaolo che ha avviato un progetto di smart working con Tim) è indice che i progetti stanno partendo, pur se con tempistiche diverse: in Usa l’adozione è stata precoce, solo successivamente si sono svegliati i Paesi europei e infine l’Italia. “Ma ora sta correndo. Nel primo trimestre dell’anno 2021 non si è visto un rallentamento del business ma abbiamo osservato un fenomeno importante: meno richieste spot di soluzioni legate ad urgenze da soddisfare, ma richieste più sostenibili e programmate legate a una progettualità più seria, che cresce nel tempo”.

Se durante la pandemia le aziende avevano la necessita di scalare velocemente, incrementando il numero di utenti in remoto, anche da 2mila a 200mila in pochi giorni oppure gestendo 500mila clienti online invece dei soliti 25mila, oggi sono consapevoli che è bene essere pronte anzi tempo. “Le aziende che sono riuscite a scalare più facilmente di altre le loro operazioni di business – e ciò spesso è avvenuto con l’aiuto di servizi cloud – si sono ritrovate in vantaggio”.

Seconda priorità, ingaggio dipendenti

Sul tema dell’ingaggio, della employee experience, una ricerca di Gallup, State of the Global Workplace Report, mette in allarme: secondo l’analisi l’85% dei dipendenti sono disingaggiati, mancano di motivazione, e questo comporta una minor produttività stimata per l’azienda. A livello globale solo il 15% dei dipendenti si sente motivato al lavoro, i due terzi non sono particolarmente motivati e un 18% si sente addirittura demotivato. “Un dato allarmante – commenta Derbache ribadisce quanto ci sia ancora da fare perché il dipendente venga coinvolto. Le nostre soluzioni non solo aprono al multicloud ibrido ma lavorano anche sul tema dell’ingaggio del dipendente, su due fronti: sulla gestione del desk e sulla disponibilità delle applicazioni ovunque l’utente sia”.

Qui si innesta la recente acquisizione di Wrike, azienda di soluzioni di gestione di lavoro collaborativo, fatta a marzo 2021 per 2,2 miliardi di dollari, per implementare l’ufficio virtuale, mettendo insieme le varie componenti tra le quali quella di project management per aggregare in maniera dinamica le varie attività dell’azienda e fare lavorare i team in sincronia. “L’ufficio virtuale non deve essere un’isola sganciata dal resto ma deve essere all’interno di un progetto che riveda i processi in sincronia, per questo parliamo di workspace collaboration. Una banca francese nostra cliente ha scherzato dicendo, ‘se Citrix ha speso 2,2 miliardi di dollari per una acquisizione voglio guardarci dentro’, e questo per noi è un segnale che le aziende sono attente al tema. Con Wrike saremo in grado di rilasciare una piattaforma di lavoro cloud based, completa, che permetterà a dipendenti e team di lavoro di accedere in maniera sicura alle risorse, collaborare e lavorare da ovunque su qualsiasi dispositivo”. 

Il tema dell’employee engagement, corollario del desk virtuale, è fondamentale perché i mondi applicativi trasformati con le soluzioni cloud non sono ancora ben fruibili da parte del dipendente, che deve fronteggiare a volte la complessità di più software tra i quali vorrebbe navigare con intelligenza e semplicità. “I task fondamentali nel mondo applicativo passano dalle funzioni essenziali messe a punto dall’architettura che deve avere dei connettori universali che permettano di creare delle connessioni anche con il mondo applicativo legacy. Altrimenti si crea un cortocircuito. Bisogna evitarlo – precisa Derba -. Da una parte consentiamo, soprattutto alle aziende, che devono mettere insieme un patrimonio applicativo diverso a valle di un’acquisizione, di aver continuità operativa virtualizzando i mondi applicativi, dall’altra creando un workspace intelligente che, con percorsi diversi, possa semplificare il coinvolgimento dei dipendenti. Stiamo impostando un approccio di questo tipo con una grande utility italiana nel mondo energy che sta facendo un progetto”.

Sostenibilità e Pnrr

La sostenibilità, che si traduce nell’impegno a ridurre le emissioni di CO2, è un tema strategico anche per il business dei clienti. “Siamo partiti con un progetto che ha questo obiettivo in UK, misurando la percezione dei clienti sul tema ma bisogno alzare la consapevolezza sulla tematica. Per noi di fondo il dipendente rimane al centro dell’ecosistema e deve potere interagire in un grande ufficio virtuale con tutte le funzioni di vendite, marketing, sales, produzione, riducendo gli impatti ambientali”.

E così si è passati dal pc “stupido” al mondo dell’application virtualization, fino al workspace automatizzato. Un percorso che troverà spazio anche nel pubblico, con gli investimenti legati al Pnrr che daranno maggior rilevanza al cloud per gestire dati e business continuity. Ma semplificare il mondo pubblico, richiede sia la semplificazione e la reingegnerizzazione dei processi, sia l’automatizzazione delle applicazioni per far lavorare meglio i dipendenti e offrire servizi migliori.
Se prendiamo ad esempio il mondo del finance all’introduzione degli Atm è poi seguita la virtualizzazione di molti processi bancari. La sfida di trasformare i processi nel settore pubblico non si può fare a tavolino, bisogna introdurre tecnologie che accelerino modalità di lavoro snelle e nuove competenze. Sono due aspetti correlati”.

A proposito del Pnrr, due le criticità.Per prima cosa serve capire quali sono le reali intenzioni sul piano dello sviluppo del cloud, fino a toccare il tema della condivisione dei dati delle pubbliche amministrazioni e il tema della sovranità dei dati. In secondo luogo bisogna capire come valorizzare le competenze e le persone in gamba nella pubblica amministrazione, avviando poi un progetto di trasformazione digitale che non preveda silos tra le amministrazioni, ma sia dinamico. Lo auspico”.

Un canale da formare

Guardando all’approccio al mercato, il modello di go to market, indiretto, vale anche per partecipare alle gare della pubblica amministrazione. “Un manipolo di consulenti interni e una rete di consulenti esterni supportano i progetti, gestiti dai system integrator internazionali o locali. Ma il tema del go-to-market rimane strategico. La pandemia, l’acquisizione di Wrike, la spinta sulla workspace intelligence richiedono partner che abbiamo maggiore slancio e dimestichezza sul cloud, che a loro volta devono trovare al loro interno un modello di crescita sostenibile. Per questo, il nostro ecosistema di partner ha bisogno di fare un salto di qualità e stiamo investendo in formazione”.

25 anni di storia nella virtualizzazione, 5 anni impegnati nei servizi di workspace con la spinta recente portata dalle soluzioni in Saas, un perimento allargato al mondo del networking lavorando sul concetto di Application Delivery & Security che affronta il tema di come distribuire le applicazioni in modo sicuro sono tutte componenti che richiedono di consolidare le partnership e il canale. “Di fondo tutte le soluzioni verranno integrate all’interno di una unica piattaforma ma perché venga sfruttata al massimo si richiede un salto di qualità a partner e clienti”.

Oggi il fatturato mondiale di Citrix – 3 miliardi di dollari – vede un bilanciamento tra le tre aree geografiche più importanti (Asia, Usa e Europa) con una crescita a due digit negli ultimi due trimestri in Western Europe. “Noi siamo in una transizione profonda e i nostri partner devono ancora imparare a conoscere come si lavora nel mondo del cloud. Perché la scelta di vendere dalla fine dello scorso anno non più soluzioni onpremise ma solo subscription o cloud subscription implica che non vendiamo più licenze perpetue, portando avanti una strategia che si distribuisce in modo diverso anche sul nostro fatturato. Siamo in piena migrazione cloud, per cui l’impatto delle vendite vedrà compesare la perdita delle entrate nel breve periodo con le vendite di medio e lungo periodo e fatturati ricorrenti”.

Continuerà la strategia di acquisizioni, così come nel campo delle App Delivery & Security si è arrivati a una soluzione importante di Secure internet accessci saranno altre acquisizioni con l’intento di creare una piattaforma di pezzi che lavorano insieme. Siamo un pochino in ritardo su alcuni punti ma ci stiamo lavorando”.

In ogni caso non cambia la natura di Citrix. “Non saremo mai un’azienda di security. Cosi come non saremo mai un’azienda di networking: quando abbiamo annunciato le nostre funzionalità Sd-Wan, certificate per lavorare anche con Microsoft 365 grazie allo sviluppo di un protocollo congiunto, abbiamo crittografato i dati tra dispositivo e data center, accertandoci che il tunnel fosse altamente performante. Anche l’approccio sul mondo degli analitycs, della sicurezza delle performance mira a capire se l’utilizzo che i dipendenti fanno degli strumenti subisca esposizioni di sicurezza, sia compliante alla normativa, andando a rendere ancora più forte il tema dell’ingaggio del dipendente. Non siamo un pure player né di sicurezza, né di analytics, ma qualsiasi integrazione nella nostra offerta rimanda al mondo dellintelligent workspace, al servizio del dipendente”.

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