Lavoro, shopping, formazione, intrattenimento e relazioni. Questi sono i driver che spingeranno le persone da qui al 2026 a trascorrere almeno un’ora al giorno nel metaverso. Lo dicono gli analisti che prevedono una rapida crescita per questo ambiente, una sorta di “Internet aumentata”, ma che potrebbe addirittura consentire la “replica della vita reale di ognuno in un un mondo del tutto digitale”, secondo Marty Resnick, VP research di Gartner.

Gartner oggi definisce il metaverso come uno “spazio condiviso, virtuale e collettivo, generato dalla convergenza tra realtà fisica e digitale migliorata” facendo leva sulle tecnologie di AR e VR per offrire esperienze coinvolgenti; uno spazio accessibile indipendentemente dal dispositivo utilizzato ma a, seconda del dispositivo utilizzato, con un livello di coinvolgimento possibile diverso.

La prima parte della definizione, è ancora del tutto assimilabile a quella della Rete. Sappiamo però anche che di metaverso non ce ne è uno solo. L’adozione delle tecnologie per svilupparlo è oggi frammentata ed in questo modo sarà più difficile l’affermazione universale di un ambiente. Per questo, Gartner mette in guardia le organizzazioni dall’investire pesantemente in uno “specifico” metaverso. E’ un primo punto abbastanza critico. Se non fosse possibile, come è accaduto per Internet, l’affermarsi di un “World Wide Metaverso”, ma proliferassero molteplici ambienti isolati senza possibilità di interscambio fluido tra di essi – così come accade oggi passando da un sito ad un altro –  potrebbe venire meno quell’unitarietà che in fondo ha fatto la fortuna del Web. 

The Metaverse Museum
The Metaverse Museum – Un progetto che risale addirittura al 2007 e nato per Second Life

La seconda sfida riguarda proprio i diversi modelli di business che il metaverso potrebbe ospitare ed alimentare.
E’ facile per esempio immaginare lo sviluppo di ambienti virtuali condivisi in grado di favorire una migliore condivisione nelle attività professionali, per esempio con la possibilità di uno “smart working aumentato”, fruito da località remote, ma con i partecipanti tutti nello stesso ambiente, pur rimanendo ognuno a casa propria.

Si otterrebbero maggiore coinvolgimento, collaborazione e connessione tra i dipendenti, attraverso spazi di lavoro immersivi negli uffici virtuali, rispetto a quanto si è potuto fare fino ad oggi in videoconferenza, o con lunghe sessioni di scambio messaggi sulle piattaforme di collaborazione. In questo caso, si tratterebbe davvero di un miglioramento dell’esperienza rispetto a quella del lavoro remoto possibile oggi, lo stesso si potrebbe pensare per la didattica.

Marty Resnick, VP research Gartner
Marty Resnick, VP research Gartner

Più difficile è immaginare lo sviluppo di una vita digitale tout court alternativa e migliore di quella reale nella quale si pagherebbe a caro prezzo il mancato rispetto dell’ambiente. E’ inutile che le aziende oggi parlino di sostenibilità per proiettarsi poi in una “replica digitale” dispendiosissima in termini di risorse energetiche e, di fatto, ancora inutile.

Certo, le aziende non dovrebbero creare ognuna la propria infrastruttura per farlo, perché il metaverso fornirebbe un framework di riferimento personalizzabile, ma poco cambia. Tanto più se, come spiega Gartner, si va anche verso “un’economia virtuale parallela abilitata da valute digitali e Non Fungible Token”, sistemi di scambio tanto interessanti, quanto al momento non pienamente sostenibili da più punti di vista.

Il metaverso sembra avrà un impatto crescente su ogni azienda con cui i consumatori interagiscono ogni giorno. Giusto crederlo in fase di slancio ed ovvio che accada in un momento di hype come quello attuale, ma oggi “è ancora presto per sapere quali investimenti saranno effettivamente convenienti e sostenibili sul lungo termine, ed i product manager farebbero bene a prendersi il tempo necessario per imparare, esplorare e prepararsi per il metaverso per posizionarsi in modo competitivo”, prosegue Resnick.

Per quanto esistano progetti già molto concreti, quella attuale è quindi una fase ancora prevalentemente esplorativa. Affianco a casi di successo, si registrano anche fallimenti: costruire case virtuali costa comunque soldi reali, così come abbellirle con “opere d’arte, oggetti da collezionismo” o acquistare “terreni” il cui valore è quotato dalla “aste” con gli Nft. Un investimento intelligente? Il mercato è troppo fluido, disarticolato e poco regolamentato ora per dirlo. Ma certo è un mercato che per i prossimi anni continuerà a svilupparsi tanto che, spiega Gartner, entro il 2026, il 30% delle organizzazioni nel mondo avrà prodotti e servizi pronti per il metaverso.

Oggi, per esempio, McDonald’s si sta organizzando per permettere di effettuare gli ordini nel metaverso, un domani potrebbe arrivare a proporre il consumo dei cibi consegnati a domicilio, in solitudine, ma comunque immersi nell’ambiente dei suoi ristoranti in “compagnia” degli avatar degli amici. Facciamo fatica, invece, a considerare “appetitoso” il panino “digitale” McDonald’s acquistato con i Nft. D’altra parte il metaverso non mira di fatto a sostituire il mondo fisico, ma potrebbe costituire invece un ottimo ambiente per offrire esperienze importanti ai clienti, prima di un acquisto reale. Gli ambiti relativi a customer experience e marketing sono ad oggi pertanto quelli da cui ci si aspetta le sorprese migliori e più “coerenti” con la natura stessa del metaverso… Anche con Internet ha funzionato così.

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