Nel cuore di ottobre, con la formula live broadcasting, Google Cloud Next ’22 chiama a raccolta sviluppatori e IT manager e rappresenta un’occasione per conoscere gli avanzamenti ed approfondire le potenzialità delle tecnologie cloud a partire dal confronto con gli esperti così come dai racconti delle aziende sui percorsi di trasformazione digitale.
Sono i numeri della crescita del mercato cloud a fornire la cornice di contesto. Nel 2018 il mercato dei servizi di public cloud valeva 198 miliardi di dollari, oggi ne vale 505, le previsioni degli analisti di Idc, nel Public Cloud Services Tracker di maggio 2022, stimano che nel 2026 questo mercato supererà i mille miliardi (1,06 trilioni di dollari). Contribuiscono alla crescita i bisogni tecnologici delle aziende che fanno leva sui processi AI-driven per trarre vantaggio dai dati. Multicloud e hybrid work saranno trend consolidati e definiti nelle diverse industry.
Importante è comprendere quali siano i bisogni dei Cio che guidano gli investimenti IT e gli esperti di Google – in particolare, Gerrit Katzmaier, VP e GM for Data and Analytics – evidenziano, sulla scorta dei dati della ricerca State of The Cio 2022, che in cima alla lista vi sono la gestione del rischio e la sicurezza, per oltre 4 Cio su 10, ma al secondo e terzo posto si riferiscono gli investimenti su data e business analytics e per la modernizzazione applicativa.
Seguono la customer experience, gli investimenti per migrare in cloud, i tool e le piattaforme per la collaboration. All’“ultimo posto” – si fa per dire, ma è significativo – vi sono gli investimenti per il private cloud infrastrutturale, a documentare una tendenza comunque marcata per le scelte di hybrid cloud/public cloud.
Il cloud “trasformativo e open” di Google vuole collocarsi al crocevia di queste esigenze. Google Cloud Next ’22 evidenza infatti gli sforzi compiuti nello sviluppo della data cloud intelligence, della modernizzazione infrastrutturale, così come i passi in avanti per abilitare un hybrid workplace sicuro.
Sono i timori per eventuali lock-in a preoccupare le aziende, evidenzia Gartner. Per questo se da una parte si prevede che entro il 2025 il 90% dei deployment per gli ambienti data/analytics preferirà poggiare su un “ecosistema”, questo determinerà anche un consolidamento del mercato, ed è fondamentale che le applicazioni possano essere utilizzate in uno scenario multicloud, per non aggiungersi, esse stesse, all’elenco dei possibili punti di lock-in temuti.
Da qui la scelta di Google di alimentare ed estendere il proprio ecosistema per approdare ad un modello “open data cloud“ che comprende oltre 40 partner che supportano Big Query e tutte e 12 le piattaforme di riferimento per analytics e BI riconosciute dal mercato.
A cercare una chiave di lettura degli annunci più importanti, è possibile individuarla nella centralità, ancora, dopo oltre tre decenni, di database e dei dati. Anche se oggi questa sfida va ben oltre l’analisi relazionale, e si apre a comprendere open file e formati “aperti” (fondamentale l’integrazione con MongoDB), la convergenza nell’analisi di dati strutturati e non strutturati e l’attenzione per la qualità del dato (Dataplex in casa Google Cloud), per abilitare l’efficacia di una business intelligence che fa leva sull’AI.
Google Cloud Next, gli annunci
Si arriva così agli annunci di “peso” incentrati su dati/database e cloud open. Per esempio, le funzionalità elastic-search di Elastic approdano sul cloud di dati di Google, offrendo ai clienti la possibilità di federare le query di ricerca ai propri data lake su Google Cloud, mentre, proprio nella sfera MongoDB, viene accelerata la possibilità di spostare i dati tra Atlas e BigQuery. Questo apre nuovi casi d’uso per i clienti che desiderano applicare le funzionalità di Google Cloud AI e ML a MongoDB utilizzando Vertex AI.
Per quanto riguarda invece l’integrazione dei “flussi di dati”, ora Palantir utilizza BigQuery come motore di dati per Foundry Ontology. Questo permette di sfruttare i modelli dati relativi a impianti, centri di distribuzione o apparecchiature, consentendo ai clienti di gestire e comprendere in modo più efficace i dati dalle loro risorse più critiche.
Invece, per quanto riguarda la sfera cloud/dati, Google Cloud punta ad offrire un cloud di dati più aperto ed estensibile e potente per consentire ai clienti di utilizzare tutti i loro dati, da tutte le fonti, in tutti i formati di archiviazione.
In questa direzione va letto il supporto BigLake per Apache Iceberg per supportare tutti i formati di dati e unificare data lake e warehouse. Più importante ancora il supporto BigQuery per i dati non strutturati per cui i data team possono ora analizzare dati strutturati e non strutturati in BigQuery, con agile accesso alle funzionalità di Google Cloud. Per esempio nell’utilizzo di ML, riconoscimento vocale, visione artificiale, traduzione ed elaborazione di testi, utilizzando l’interfaccia Sql di BigQuery che ora è anche più integrata con Apache Spark fino a consentire la creazione di procedure BigQuery utilizzando Spark integrabili con le pipeline Sql.
Infine, con il rilascio di Vertex AI Vision, si propone un ambiente di sviluppo di applicazioni end-to-end per creare e distribuire facilmente applicazioni di “artificial-vision” per comprendere e utilizzare meglio i dati.
Nell’ambito di utilizzo dell’AI, Google spinge sui cosiddetti “agent”, ovvero quelle tecnologie che consentono ai clienti di applicare l’AI alle sfide aziendali quando le competenze tecniche sono limitate. Un esempio per cui, più ancora che in altri casi è facile percepirne l’utilità, è l’annuncio di Translation Hub, un agent AI che fornisce ai clienti la traduzione self-service di documenti.
Scegliamo di evidenziare, tra quelli a nostro avviso più interessanti, anche alcuni annunci in ambito open infrastructure, trusted e collaboration cloud.
Tra gli annunci infrastrutturali – oltre all’espansione in nuove region (Austria, Grecia, Norvegia, Sud Africa e Svezia) – in primo piano quello relativo alla disponibilità delle virtual machine Google Cloud C3 eseguite in public cloud su risorse di calcolo Intel Xeon di quarta generazione e sull’Infrastructure Processing Unit (Ipu) progettata in collaborazione con Intel. Le istanze C3 sono progettate su architettura System on a Chip (SoC) e utilizzano hardware offload per migliorare l’efficienza di calcolo, l’utilizzo di risorse storage ad alte prestazioni e per offrire capacità di elaborazione dei pacchetti programmabile.
Per una più agile migrazione degli ambienti mainframe in cloud, invece, la proposta Dual Run for Google Cloud rappresenta un passo in avanti nella rimozione degli ostacoli alla migrazione dei mainframe nel cloud. Consente l’“elaborazione parallela”, in modo che i clienti possano creare una copia digitale dei loro sistemi mainframe ed eseguirla contemporaneamente su Google Cloud, senza influire sul loro core business o impatti sull’esperienza dell’utente finale.
In uno scenario cloud “sfidante” quando si parla di affidabilità, sicurezza e governance dei dati, Confidential Space permette di eseguire attività come l’analisi congiunta dei dati e l’addestramento del modello di machine learning (ML) con garanzie di fiducia specifiche relative alla protezione/accesso al dato. Serve quindi, per esempio, ai ricercatori che hanno bisogno di attingere a dati condivisi per la ricerca, permettendo alle aziende di collaborare utilizzando dati sensibili o regolamentati in modo sicuro a seconda dei ruoli dei team, della provenienza dei dati etc.
Sono invece improntati a consentire esperienze più efficaci ed immersive i passi in avanti nella proposta di collaboration e di Google Workspace, una messe di novità molto ricca anche in questo comparto, il cui recap dobbiamo limitare all’essenziale. Per il check-in nelle sale riunioni, per esempio, – con Companion Mode (in Google Meet) -; per facilitare la condivisione dello schermo, la trascrizione istantanea delle conferenze, l’organizzazione degli spazi di lavoro e delle modalità di interazione ma anche il potenziamento delle possibilità per gli sviluppatori di studiare nuove integrazioni delle applicazioni di terze parti con Google Workspace. Si vuole così permettere di ottenere più valore dalle soluzioni in cui le aziende hanno già investito. Per esempio gli utenti possono in questo modo visualizzare e interagire con basi dati di terze parti nel flusso di lavoro anziché cambiare scheda o contesto.
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