Quali debbano essere i requisiti di interoperabilità tra le piattaforme e i servizi digitali infrastrutturali abilitanti è tema molto sentito dagli operatori di mercato che contribuiscono al dibattito con osservazioni, domande e suggerimenti. Bene è emerso nel confronto pubblico degli scorsi giorni inserito all’interno del percorso partecipativo avviato da Agid per la definizione delle regole tecniche a cui dovranno attenersi le infrastrutture che si occupano di appalti elettronici. Il dibattito, organizzato da Agid, appunto, con Anac e Dipartimento per la Trasformazione Digitale, si svolge in previsione della stesura del documento (previsto dal Codice dei contratti pubblici) contenente i requisiti tecnici nonché le modalità di certificazione delle piattaforme, alla base della possibilità di lavorare con le pubbliche amministrazioni.
Oltre 200 i partecipanti, tra operatori di mercato, stazioni appaltanti, enti aggregatori e stakeholder in generale che si confrontano lungo il percorso di partecipazione e consultazione permanente del mercato, avviato già dall’aprile del 2022 con la precedente normativa di riferimento, proprio per coinvolgere tutti i soggetti che a vario titolo si occupano di e-procurement così da far emergere proposte, criticità e suggerimenti volti a definire regole tecniche coerenti con lo stato attuale di implementazione delle piattaforme di approvvigionamento.
A che punto siamo
Ogni anno, in Italia si attivano milioni di procedure di appalto per un valore complessivo di oltre 200 miliardi di euro; le procedure di e-procurement consentono di velocizzare i processi agli operatori, attraverso la disponibilità di una piattaforma digitale per lo svolgimento delle gare. Tutte le piattaforme devono poter dialogare con la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici di Anac, attraverso la Piattaforma Digitale Nazionale dei Dati e spetta ad Agid l’attività di regolazione della digitalizzazione degli acquisti pubblici a supporto dell’infrastruttura Ict di e-procurement. Prossime scadenze sono il 1 giugno 2023 per la definizione ultima delle regole tecniche ed il 1 gennaio 2024 per la loro attuazione.
Alcuni punti cardine: La riforma del Codice va nella direzione di una completa digitalizzazione del ciclo dei contratti pubblici, e definisce processi digitali e un insieme di piattaforme e servizi digitali infrastrutturali abilitanti (art. 23), a cui dovranno adeguarsi tutte le piattaforme di approvvigionamento digitale (artt. 25 e 26) utilizzate dalle stazioni appaltanti. Si tratta di garantire, tra le altre cose, la redazione e l’acquisizione degli atti in formato nativo digitale, la pubblicazione e la trasmissione dei dati alla Banca Dati Nazionale dei contratti pubblici, relativo accesso elettronico ai documenti di gara, presentazione delle offerte, gestione del fascicolo delle gare in digitale, e tutti i controlli tecnici.
Nella Piattaforma Digitale Nazionale dei Dati si incardina il principio dell’interoperabilità al centro del nuovo Codice perché la piattaforma garantisce una porta di accesso univoca sia verso i titoli delle banche dati nazionali, sia verso l’infrastruttura ed i servizi resi disponibili da Anac.
I benefici del nuovo ecosistema digitale
La predisposizione di un ecosistema siffatto porta una serie di benefici, a vantaggio soprattutto ed anche dei piccoli operatori che dispongono di minori risorse o sarebbero in difficoltà nella gestione di processi complessi: l’allineamento comune per tutti gli attori, la standardizzazione di processi e modelli dati, la centralizzazione dell’infrastruttura tecnologica abilitante, accessibilità, affidabilità e unicità dei dati, ed infine l’aderenza per tutte le piattaforme a regole definite. Vantaggi che si riverberano, per esempio, nel Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico e nell’Espd (European Single Procurement Document).
La trasformazione dell’ecosistema di e-procurement impatta poi su diversi layer: a livello normativo (con l’emissione di regole e standard), a livello di utenti nel coinvolgimento dei diversi attori chiamati a supportare il change management a diversi livelli, nella definizione dei processi, ma anche nell’adeguamento di piattaforme e touchpoint, a livello infrastrutturale di interoperabilità dati.
Dallo scambio sicuro delle informazioni tra le PA sulla Piattaforma Digitale Nazionale Dati (Pdnd), dovrebbero generarsi vantaggi anche nella riduzione della richiesta dei dati ai cittadini/imprenditori con nuove opportunità di sviluppo per le imprese. In particolare i vantaggi riguardano le possibilità di accreditamento e identificazione dei soggetti abilitati ad operare per livelli di autenticazione/autorizzazione sicuri.
Ma l’insieme di regole condivise è naturale impatti anche sulla semplificazione possibile grazie alla stipula di accordi di interoperabilità che snelliscono i processi di istruttoria e riducono gli oneri e grazie alla disponibilità di un catalogo di Api in crescita ed aggiornamento che espone gli e-servizi pubblicati dagli erogatori così da permettere a chi ne fruisce di integrare i propri servizi ai cittadini.
L’adesione a Pdnd prevede una fase di onboarding e l’accordo di adesione all’interoperabilità Pdnd con login attraverso Spid. I documenti specificano che l’elenco degli enti disponibili fa riferimento al Catalogo Ipa che già contiene molte delle informazioni già disponibili, si dovrà quindi indicare il legale rappresentante che appone la firma digitale al documento di adesione e gli amministratori delegati all’interno di Pdnd, fino alla ricezione dell’accordo di adesione via Pec che deve essere controfirmato e ricaricato su un portale predisposto.
Negli scenari a confronto previsti dal Dipartimento per la trasformazione digitale – ovvero l‘onboarding su Pdnd delle piattaforme di approvvigionamento digitale (1), oppure l’onboarding delle stazioni appaltanti (2) – sono delineati inoltre sia esempi di flusso nell’erogazione e nella fruizione della piattaforma, sia i passi per configurare i client così da fruire dei servizi esposti sul catalogo.
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