E’ lo stato di salute del sistema sanitario mondiale il punto di partenza di una chiacchierata con Atul Gupta, chief medical officer di Philips, incontrato di recente a Milano, che guarda alla sanità con una doppia anima: quella di medico e quella di innovatore. Con la tecnologia alleata.

Spetta a Gupta – responsabile dello sviluppo del business legato alle tecnologie di Diagnosis & Treatment – imprimere la direzione strategica, lavorando a stretto contatto con i team di innovazione su diagnostica per immagini, AI, realtà aumentata, robotica, ma portando anche in dote la sua sensibilità medica. “Sono concentrato sul futuro dell’assistenza sanitaria” esordisce, con una visione a medio termine (5 anni) sulle tecnologie e sulle sfide che la sanità deve affrontare nelle diverse parti del mondo. Sfide che la ricerca Future Health Index 2024, condotta su 14 paesi tra cui l’Italia, ben indirizza, facendo capolino nelle strategie di Philips. 
Credo che l’assistenza sanitaria sia un mondo troppo vasto perché una singola realtà possa agire da sola. Serve collaborazione. Il mio lavoro consiste nel sognare il futuro dell’assistenza sanitaria e nel realizzarlo, un bel lavoro. Sono un medico praticante da 25 anni e mi occupo di radiologia e di radiologia interventistica: il lavoro sul campo mi permette di avere una prospettiva complementare a quella di una azienda che vuole migliorare l’assistenza sanitaria. Passo molto del mio tempo a fare ciò che chiamiamo terapia guidata dalle immagini o chirurgia minimamente invasiva”.  

Diagnostica per immagini

L’ambito di intervento di Gupta è la Image Guided Therapy (Igt), che permette di ricercare soluzioni e diagnosi con un approccio diverso dalla chirurgia tradizionale, “invasiva da migliaia di anni”. La diagnostica per immagini “vede” dentro a un corpo senza la necessità di “aprirlo“, si avvale di Tac, risonanze magnetiche, ultrasuoni ma “le immagini sono solo la metà dell’equazione – precisa Gupta -. L’altra metà è la terapia, la cura. Oggi abbiamo accesso a strumenti che possono analizzare il nostro corpo senza aprirlo. Ad esempio, palloncini per l’angioplastica per allargare le arterie ostruite, stent, cateteri sottili come spaghetti. Quello che facciamo in Philips è combinare la nostra diagnostica per immagini con il dispositivo, ed è per questo che la chiamiamo terapia guidata dalle immagini”.
Esemplifica: nel caso di un ictus, causato da un minuscolo coagulo di sangue nel cervello, la tecnologia Philips inserisce un catetere grazie alla diagnostica per immagini per rimuovere il coagulo, praticando solo una incisione grande quanto la punta di una matita.

Dr. Atul Gupta, Chief Medical Officer di Philips
Atul Gupta, chief medical officer di Philips, è medico da 25 anni

Riteniamo che la terapia guidata dalle immagini sia il futuro della chirurgia” sostiene Gupta, perché in grado di fare fronte ad alcune delle problematiche che attanagliano il mondo della sanità: il crescente numero di interventi chirurgici (uno ogni 10 ricoverati); il rapido invecchiamento della popolazione con malattie croniche e crescente richiesta di cure; la carenza di personale (medici, infermieri, tecnici) dal Giappone a Singapore, dall’Italia ai Paesi Bassi, dal Regno Unito agli Stati Uniti; le difficoltà finanziarie di ospedali e strutture pubbliche e private. “L’invecchiamento della popolazione si riversa su una occupazione ospedaliera elevata dove la mancanza di personale innesca l’effetto burnout – precisa il Gupta uomo di business -. Dati recenti mostrano che il 50% dei medici negli Stati Uniti soffre di burnout, cosi come il 65% degli infermieri. Nel Regno Unito, ad esempio, il National Health Service ha attualmente 100mila posti vacanti, un problema che, come via d’uscita, non può avere il solo reclutamento”. Secondo la ricerca Future Health Index 2024 soffrono di burnout, stress, peggioramento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata l’88% degli intervistati in Italia, una percentuale maggiore rispetto al resto del mondo (66%) e all’Europa (71%). Un fatto che porta il 74% del personale ad abbandonare il proprio ruolo a causa degli eccessivi carichi di lavoro, con impatto negativo sull’erogazione delle cure.

“Per questo mi sta molto a cuore far sì che la terapia guidata dalle immagini sia diffusa e in grado di gestire non solo i problemi medici di oggi, ma anche quelli di domani”, considerando che la medicina moderna già utilizza questi strumenti per cardiochirurgia, angioplastica, ictus, trombectomia. Deve solo affrancarsi con le nuove tecnologie e con un approccio data-driven, elementi chiave per affrontare le sfide del sistema sanitario nel suo complesso. 

Sfide da affrontare

Ma se da una parte è necessario dotare ospedali di nuove tecnologie, dall’altra i budget sono limitati, e gli ospedali avanzano richieste di efficientamento e di riduzione dei costi. “AI, realtà aumentata, robotica, automazione, terapia guidata dalle immagini sono tecnologie che hanno lo scopo di risolvere tutti questi problemi – precisa Gupta -.  L’obiettivo finale della nostra innovazione è aumentare l’accesso alle cure, con l’ambizione di migliorare la vita di 2,5 miliardi di persone, grazie alla tecnologia Philips. Siamo già a buon punto perché enti di controllo terzi hanno certificato che 1,8 miliardi di vite vengono migliorate ogni anno grazie a un prodotto Philips, e questo include quasi 200 milioni di persone nei Paesi non serviti, con l’obiettivo di toccare i 400 milioni di persone all’anno”. Per “non serviti” non si intendono solo paesi come India, Africa o America Latina ma anche economie avanzate, come gli Stati Uniti, dove persone “non servite” per motivi socioeconomici o geografici sono distanti dai luoghi di cura, non potendo sottoporsi a screening adeguati. Un problema molto evidente anche in Australia, dove il 35% della popolazione vive lontana dalle grandi città.

Il tema è delicato. Saranno queste innovazioni alla portata di tutti? Saneranno divari di cura tra Paesi ed economie?Gli strumenti di cui parlo aiuteranno i Paesi poveri perché renderanno la tecnologia e le procedure più accessibili e meno costose” risponde Gupta. Tra le tecnologie, dettaglia la soluzione Lumify, un ecografo miniaturizzato così piccolo da stare in una mano, dotato di intelligenza artificiale, già adottato dalla fondazione Bill e Melinda Gates nata con lo scopo di aumentare l’accesso alle cure sanitarie. “Lumify è uno scanner a ultrasuoni molto economico, ma il costo non è il suo unico vantaggio. E’ facile da usare, chiunque sarà in grado di utilizzarlo. Per esempio in Kenya, viene impiegato per aiutare le future mamme a portare a termine la gravidanza. Abbiamo aggiunto a Lumify l‘intelligenza artificiale, in modo che un’ostetrica o un aiutante – non un medico, non un’infermiera, non un tecnico –  possa scansionare il paziente con pochissima formazione. Il sistema, automaticamente utilizzando l’intelligenza artificiale, calcolerà l’età del feto, misurerà il battito cardiaco, valuterà la posizione ed eventuali complicazioni durante la gravidanza, senza richiedere il coinvolgimento di alcun medico. Questo è un esempio di come gli strumenti sanitari digitali stiano diventando più accessibili”. E funzionali anche alla prevenzione.

Come nel caso dell’ePatch, un piccolo dispositivo che misura la fibrillazione atriale per la prevenzione degli ictus. “Il 25% di tutti i pazienti che hanno un ictus ha una fibrillazione atriale di cui non era a conoscenza – parla il Gupta medico -. Ora ePatch è un piccolo dispositivo indossabile sulla pelle che monitora il paziente fino a quattro settimane grazie all’AI. Molto diverso dal comune holter che non va oltre le 48 ore di monitoraggio. ePatch controlla costantemente la frequenza cardiaca, ma è così piccolo che non ci si accorge nemmeno di indossarlo”.

Atul Gupta, Chief Medical Officer per il business Diagnosis &Treatment di Philips
Atul Gupta, chief medical officer di Philips, incontrato di recente negli uffici di Milano

Innovazione dal basso

Circa il 10% del fatturato dell’azienda viene reinvestito in ricerca e sviluppo. “Philips è una realtà di 133 anni che ha iniziato a produrre lampadine, televisori e lettori CD, ma anche se in ambiti diversi l’approccio all’innovazione è sempre stata lo stesso: innovare lavorando con gli utenti finali, medici, ospedali, tecnici. Non creiamo la tecnologia in laboratorio, ma lavoriamo a stretto contatto con i medici per capire di cosa hanno bisogno. Personalmente trascorro molto tempo non solo anche con gli amministratori degli ospedali, i governi, gli infermieri e persino i pazienti. L’assistenza sanitaria è troppo grande perché una sola parte possa farcela da sola. Sono fermamente convinto che dobbiamo collaborare tutti per creare una sanità più digitale, connessa e accessibile”. Il dialogo è attivo anche con la sanità italiana (“avanzata, tra i sistemi sanitari più efficienti al mondo secondo l’Oms” sostiene) per definire nuove procedure e metodi di diagnosi in un confronto aperto, per raccogliere suggerimenti da medici e intero ecosistema sanitario.

Sostenibilità e accesso alle cure

Se i medici discutono di clinica, gli amministratori delegati discutono di budget, i pazienti ricercano la cura. “Il tema dell’accesso alle cure rientra a tutti gli effetti nel dibattito sulla sostenibilità. Vogliamo migliorare la vita di 400 milioni di persone nelle comunità non servite ogni anno. Ma questo risultato non può prescindere dalla cura del pianeta e del mondo in cui viviamo. Crediamo che sia necessario avere un pianeta più sano per avere persone più sane”. Una sensibilità avvertita anche da una larga maggioranza degli intervistati della ricerca (83%) che ritiene la sostenibilità una priorità assoluta per le organizzazioni sanitarie in termini di riduzione dei rifiuti (45%), eliminazione delle sostanze pericolose (39%), efficienza energetica (32%), acquisti (46%) anche in ottica di economia circolare (44%). 

Un obiettivo che passa dalla riduzione delle emissioni di CO2 degli ospedali. Non scherza Gupta: La sanità ospedaliera produce il 4% di tutte le emissioni globali di CO2. È un dato superiore a quello delle compagnie aeree e di navigazione e questo dato mi ha aperto gli occhi. In Philips stiamo facendo la nostra parte per cercare di prevenire questo fenomeno”. Ad esempio con il sistema Azurion,  reso più efficiente dal punto di vista energetico del 19% rispetto all’ultima release. O con una sensibilità maggiore sul consumo di elio, di cui gli ospedali sono i maggiori utilizzatori per raffrescare gli scanner delle risonanze magnetiche. “L’elio è una risorsa molto preziosa, non è rinnovabile. La nostra tecnologia ha ridotto il consumo di elio, ideando un sistema completamente sigillato che permette di riutilizzare l’elio in macchina, riducendo il consumo medio da 2000 litri a 7 litri, e rendendo queste risonanze adatte a qualsiasi ambiente, facilmente trasportabili anche in zone remote”. Pochi mesi fa, proprio grazie a un consumo ridotto di elio, Philips ha annunciato la prima risonanza magnetica su un camion che viaggia per l’Europa. 

L’impatto delle tecnologie

Se l’adozione di strumenti di AI, realtà aumentata, robotica e automazione in passato raccoglieva perplessità da parte di medici e pazienti (il tema del change management accompagna anche la sanità), oggi le nuove generazioni di medici e operatori sanitari hanno una maggiore confidenza. “La generazione Z non solo apprezza AI, AR, robotica e automazione, ma si aspetta che siano presenti nell’assistenza sanitaria, perché abituata a usarla quotidianamente su device consumer”. 

Secondo Future Health Index 2024, gli investimenti in AI sono cresciuti del 35% nell’ultimo anno (in particolare in radiologia, a conferma di quanto Gupta ha indicato), sia per ottimizzare i processi decisionali sia per rendere le diagnosi più precise e accurate.

Due ultime evidenze: l’automazione viene considerata un’alleata per limitare l’impatto della carenza di personale, per ridurre i compiti amministrativi quotidiani (86%) e gestire le attività ripetitive (81%). L’assistenza sanitaria virtuale, invece, può  facilitare la collaborazione tra gli operatori in diverse sedi, migliorando l’assistenza ai pazienti e riducendo i tempi di risposta clinica. Lo dichiara il 37% degli intervistati. 

Certo, son tutte tecnologie che richiedono aziende sanitarie data-driven, dove il dato viene gestito e condiviso (l’interoperabilità delle informazioni sanitarie è centrale per il 40% degli intervistati) soprattutto in ottica del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0. E dove l’attenzione sull’uso etico dei dati e dell’AI è alta: fondamentale non solo investire in formazione in modo costante (55%) ma anche rendere l’intelligenza artificiale più trasparente e interpretabile (49%), in linea con l’AI Act europeo

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