La Germania ha un ministro per gli Affari Digitali, il Regno Unito un ministro per il Digitale (Cultura, Media e Sport), la Francia per l’Innovazione (Educazione e Ricerca), la Spagna un sottosegretario per lo Sviluppo e l’Innovazione al Ministero dell’Economia.

In Italia la trasformazione digitale non ha un dicastero dedicato, ancora una volta, non è stato nominato nessun ministro per l’Innovazione Digitale, nonostante gli indici di arretratezza impietosi del Desi continuano a posizionarci in fondo alla classifica europea dei Paesi Digitali.  

Lo avevamo già sottolineato guardando alla velocità con cui si muove l’Estonia, ai 9 miliardi di euro al 2022 messi in campo da Parigi per digitalizzare la macchina dello stato, al giudizio sul reale impatto del Piano Industria 4.0 sulla nostra economia (espresso dal professor Giancarlo Capitani), alla necessità di un impegno politico serio in materia digitale in fase pre elettorale, all’urgenza di colmare il divario ribadita da Confindustria Digitale e dal suo  presidente Elio Catania, anche nei giorni scorsi a Forum PA, l’evento di riferimento per la pubblica amministrazione.

Ecco il Forum PA romano, disatteso rispetto al passato, sensazione di un evento spento, con richieste continue di snellimento di regolamenti per appalti che frenano investimenti nella PA e non li trasformano in opportunità. Un settore lento, che muove passi al ritmo tartaruga.

Di lavoro se ne è fatto, anche di lavoro importante, come i tanti Piani messi a punto negli anni (Piano Industria 4.0, Piano Banda Ultra Larga, Piano Triennale per l’Informatica nella PA) ma l’esecuzione di questi va a rilento: Agid ha emesso da poco 13 nuovi bandi legati al Piano Triennale per l’Informatica nella PA, il lavoro del commissario Diego Piacentini a capo del team per l’attuazione dell’agenda digitale non ha accelerato il passaggio che si auspicava, la Spid tanto attesa come svolta per l’anagrafe unica digitale fatica ad essere adottata dalle piccole amministrazioni e dai cittadini.

Due eventi importanti negli scorsi giorni danno però un impulso positivo a nuovi progetti, legati al Piano Impresa 4.0.
E stata ufficializzata dal Mise la graduatoria provvisoria degli 8 competence center che hanno partecipato al bando del ministero ed è stato alzato il finanziamento a loro disposizione, da 40 milioni di euro di gennaio a 73 milioni. 

Destinatari gli 8 competence center in graduatoria: ai primi posti i Politecnici di Torino e Milano, seguono le Università di Bologna, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Università degli Studi di Padova, l’Università degli Studi di Napoli Federico II, il CRN, La Sapienza di Roma.
Eccellenze italiane, riconosciute a livello mondiale, che ora apriranno un negoziato con il comitato tecnico che collabora con il Mise per discutere obiettivi, tempi, modalità di realizzazione dell’attività programmata.
Nel confronto sarà importante stabilire l’indicazione delle spese e dei costi ammissibili, le condizioni di revoca, di interruzione dei benefici e l’eventuale applicazione di penali in caso di inadempienza, che verrano inclusi nel decreto di concessione emanato per ognuno dei singoli soggetti.

Speriamo che di penali per inadempienza non ce ne sia bisogno e che, in questa sitazione di stallo sul Digitale, i competence center facciano al più presto quello per cui sono stati pensati. Dimenticando i ritardi del passato, se tutto va come previsto, dovrebbero essere operativi tra giugno e luglio.

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