La diffusione dei software illeciti in Italia diminuisce, ma rimane ancora su valori elevati. Nel nostro paese infatti il 43% del software installato su pc non ha una licenza regolare. Il dato è in calo del 2% se raffrontato al 2016, ma la posizione dell’Italia tra i Paesi dell’Europa occidentale rimane tra quelle con i tassi più elevati, dopo Grecia, Cipro e Islanda.
E’ la Global Software Survey 2018 ad attestare i dati del fenomeno, lo studio rilasciato con cadenza biennale da BSA, realizzato in collaborazione con IDC, che ha coinvolto in questa edizione circa 23.000 utenti, dipendenti e CIO in oltre 110 Paesi a livello globale.
Calo globale, ma l’Italia non brilla…
In termini percentuali il trend italiano è in linea con quello globale, dove i software senza licenza rappresentano il 37% di quelli installati, anche in questo caso in calo di 2 punti percentuali sul 2016.
Il valore commerciale dei software senza licenza è di 46,3 miliardi di dollari (senza considerare il valore aggiunto), in diminuzione dell’8%. Il tasso di utilizzo dei software senza licenza diminuisce trasversalmente in quasi tutte le regioni.
I Paesi emergenti contribuiscono al 75% del totale, rispetto al 70% nel 2015.
Il Nord America continua ad avere il tasso più basso, che si attesta al 16%, grazie ad un approccio da sempre molto attento alla compliance.
In Medio Oriente e in Africa il tasso complessivo diminuisce dell’1%, corrispondente al 56%.
In Europa Occidentale, la diminuzione è in linea con il trend generale, pari al 2%, raggiungendo il 26%. In particolare, l’Irlanda registra il calo più significativo (-3%), con un tasso complessivo del 29%, un trend favorito anche al fatto di avere recentemente accolto sul proprio territorio molte aziende estere del mondo IT. La Grecia presenta la situazione più critica, con un tasso del 61% di software senza licenza.
Tra i Paesi più virtuosi, che riescono a massimizzare il valore dei software commerciali e ridurre il rischio di cyber attacchi con tassi di uso di software senza licenza fra i più bassi del mondo, il Lussemburgo (17%), la Svezia (19%), l’Austria (19%), la Danimarca (20%), la Germania (20%) e la Svizzera (21%).
In Italia, dove ricordiamo il calo è del 2% per una presenza di software senza adeguata licenza del 43%, il valore commerciale di tali software è di oltre un miliardo di euro. Un calo limitato, ma costante nel tempo, se si considera che nel 2011 era del 48%, nel 2013 del 47%, nel 2015 del 45%.
Cloud e nuove tecnologie per una svolta
A rappresentare l’associazione internazionale no-profit nel nostro paese è Paolo Valcher, presidente del comitato italiano di BSA, che abbiamo incontrato nei giorni scorsi, e che commenta: “Dando una lettura positiva dei dati, l’Italia sta andando nella direzione giusta riducendo progressivamente la presenza dei software illeciti. Molto però c’è ancora fare e non bisogna allentare l’attenzione. Come associazione che raccoglie i più grandi sviluppatori di software, ma anche le aziende produttrici di hardware, continuiamo ad offrire il supporto e l’informazione necessaria per proteggere la proprietà intellettuale delle aziende – come quello alla Guardia di Finanza o il “Vademecum per il piccolo imprenditore” che BSA ha recentemente realizzato. “Ma per fronteggiare il fenomeno – continua Valcher -, bisogna anche puntare sempre più sulle nuove tecnologie per la gestione degli asset, che vanno dall’Iot, al Cloud, alla security“.
Tra le ultime azioni intraprese in questa direzione, la “Survey Global Cloud”, che rileva come le maggiori country a livello mondiale riescano a spingere sull’adozione del cloud creando un ambiente di normative e dando un contributo anche contro la contraffazione; qui l’Italia risulta al 9° posto e “la criticità non sta solo nel fatto che non si paga il software ma in un modello non organizzato che ha delle falle”.
Puntare sul Software Asset Management
Per ridurre il rischio di attacchi informatici e supportare la redditività aziendale, le imprese italiane devono introdurre programmi di Software Asset Management (SAM) e raggiungere una maturità diversa, spiega Valcher.
“Non parliamo più di pirateria ma di un processo certificato ISO non sempre adeguatamente considerato e spesso visto solo come mezzo per essere compliant e ridurre i rischi legali o il danno reputazionale, ma che va considerato invece per l’ottimizzazione della gestione aziendale”.
I CIO, in questo senso, riferiscono che la diminuzione del 20% dell’uso di software senza licenza ha portato a un aumento del profitto dell’11%, con benefici 29 volte superiori rispetto al costo sostenuto per raggiungere la conformità. In questo processo – sottolinea Valcher – “i CIO non devono agire da soli ma devono essere supportati dall’intero board, per collaborare a prendere delle decisioni di valore per l’azienda”.
Un programma di Software Asset Management deve svilupparsi su 3 livelli: conoscenza dei propri Asset, in modo da poterli gestire adeguatamente. Si inizia valutando i software presenti sul sistema per garantire la conformità ai relativi contratti di licenza. Questa fase consente di sviluppare i processi necessari per la gestione dei cambiamenti, dei dati e della sicurezza. Integrazione del ciclo di vita, aiuta le organizzazioni a conseguire maggiore efficienza e redditività migliorando la gestione degli asset IT: dalle specifiche, all’acquisto, dallo sviluppo, al rilascio, all’integrazione, fino all’utilizzo e al ritiro. Ottimizzazione, per raggiungere una maggiore efficienza ed efficacia, concentrandosi su aree funzionali come i contratti e la gestione finanziaria.
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