Lo aveva preannunciato Luisa Arienti, amministratore delegato di Sap Italia al’Sap Executive Summit di Cernobbio, e oggi il rapporto “La realtà dell’Intelligenza Artificiale”, realizzato da Sap in collaborazione con The European House – Ambrosetti è finalmente pronto.
Una ricerca che indaga come l’intelligenza articiale venga percepita dai Ceo italiani, su un campione di oltre 500 amministratori delegati e direttori generali di grandi aziende (italiane e multinazionali operanti in Italia).
Un’indagine che spazia dalla percezione attuale a quella futura, per valutare come l’AI influenzerà i modelli organizzativi delle aziende, sui vari profili funzionali rendendo necessario un cambiamento culturale: non è richiesto al Ceo di trasformarsi in un esperto di tecnologia, ma semplicemente di acquisire gli elementi necessari per comprendere le implicazioni strategiche di questa tecnologia in ambito aziendale.
Secondo la ricerca, il 77% dei Ceo italiani ritiene l’intelligenza artificiale un fattore importante o molto importante per lo sviluppo della propria azienda. Il livello di percezione cresce all’aumentare delle dimensioni aziendali, in relazione alla complessità da gestire (è “importante” e “molto importante” per il 69% delle imprese al di sotto dei 50 milioni di euro di fatturato e sale fino all’89% in quelle al di sopra dei 500 milioni di euro).
Ma secondo il 51,2% del campione, all’interno della propria azienda non c’è ancora chiarezza su cosa l’AI sia concretamente. “Questa disomogeneità nel grado di consapevolezza rischia di rallentare e rendere più complesso il graduale processo di implementazione dell’AI nelle diverse funzioni e attività aziendali – recita il rapporto -. Una prima evidenza è che sarà quindi necessario un approccio top-down in cui il Ceo avrà un ruolo guida nella promozione del cambiamento dal punto vista culturale, strategico e organizzativo”.
Tre aspetti correlati
Per questa ragione i Ceo dovranno intervenire su tre aspetti fondamentali: lo sviluppo delle competenze per estrarre valore dall’AI, la curva di adozione in base alle priorità di business, la gestione dell’organizzazione legata ai cambiamenti apportati dall’AI.
Ad oggi sembra che i Ceo siano poco consapevoli di tutto questo e l’82,9% del campione ritiene che il ripensamento di priorità, compiti e responsabilità non riguardi direttamente loro ma coinvolga il Cio come responsabile dell’area innovazione tecnologico-digitale, il Cto (Chief Technology Officer) o il Cdo (Chief Digital Officer). Seguono il responsabile di ricerca e sviluppo (61%), il responsabile di produzione (58,5%) e il responsabile marketing (56,1%).
“Solo un terzo (il 33%) dei Ceo ritiene di essere interessato da un cambiamento sostanziale, evidenziando come ci sia una netta separazione tra la dimensione strategica e quella operativo-gestionale, con i capi d’azienda che tenderebbero a delegare la gestione degli aspetti legati allo sviluppo del’IA ai responsabili delle aree di Innovazione e Tecnologia” recita il report.
Una visione di breve termine, mentre sarebbe necessaria una programmazione di medio-lungo termine, sotto l’egida dei vertici dell’azienda. “L’arrivo massiccio dell’intelligenza artificiale nella operatività delle aziende già oggi imporrà cambiamenti radicali per come l’azienda dovrà essere organizzata e per i ruoli e le mansioni che dovranno essere svolte – dichiara Paolo Borzatta, Senior Partner The European House -Ambrosetti -. Se consideriamo poi le capacità di astrazione sempre più alte della IA, negli aggiornamenti previsti e prevedibili, questo cambiamento sarà ancora più traumatico. Per affrontarlo occorre che i Ceo interiorizzino comportamenti simbiotici con la IA nell’azienda sia per il loro ruolo, che per disegnare il ruolo dei collaboratori”.
Quali gli ambiti di interesse
I vertici aziendali sembrano interessarsi in maniera crescente alla sperimentazione di applicazioni per le funzioni cognitive delle macchine.
Quasi la metà dei rispondenti (48,8%) dichiara che la propria organizzazione sta sviluppando soluzioni interne di IA, il 23% pensa di affidarsi a partner esterni, mentre solo l’11,6% del campione afferma di non essere interessato a investire in questa tecnologia nel prossimo triennio. Gli investimenti saranno orientati prevalentemente allo sviluppo di nuovi servizi e prodotti (40%) e al raggiungimento di una maggiore ficienza produttiva (36,4%).
Per quanto riguarda gli ambiti di implementazione, oggi l’intelligenza artificiale è prevalentemente impiegata nelle relazioni Business-to-Consumer e Business-to-Business, ma è potenzialmente applicabile a tutte le funzioni aziendali.
La maggior parte del campione indica le aree di magazzino e logistica (62,5%), servizi post-vendita e assistenza clienti (60%) come quelle con maggiori opportunità, mentre più scetticismo nelle aree di amministrazione, finanza e controllo (33,3%), strategia (26,8%) e risorse umane (14,3%).
“Gli esperti hanno cominciato a interrogarsi sugli effetti potenziali dell’IA nei loro settori, nelle economie e nella società in generale. Nell’analisi degli scenari, l’approccio più realistico ha condotto a individuare aree di sinergia tra uomo e macchina e ambiti di applicazione in cui alcuni lavori possono essere eseguiti con l’ausilio di tecniche di IA – commenta Luisa Arienti, Amministratore Delegato di SAP Italia -. Sfruttare il potenziale delle nuove tecnologie è una priorità per le persone e per le imprese e chi si occupa di innovazione ha il dovere di aiutarle a coglierne i benefici. Come emerge dalla ricerca, il nostro Paese non è lontano da questa consapevolezza. Uno dei principali obiettivi di Sapè contribuire alla creazione dell’impresa intelligente, anche attraverso la collaborazione virtuosa tra uomo e macchina: solo in questo modo è possibile mettere l’essere umano al centro dell’agire economico, migliorare la vita delle persone e contribuire alla crescita del Paese”.
Il rischio è che le imprese sottovalutino le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale trattandola come uno strumento adatto esclusivamente all’automazione dei processi produttivi, senza capire appieno che l’interazione tra essere umano e macchina può favorire il supporto dei processi decisionali rendendo l’IA applicabile sia alle funzioni di front-office sia a quelle di back-office.
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