La proposta di direttiva europea sul copyright (noi ne abbiamo parlato qui) è stata approvata dal Parlamento Europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, con 438 voti favorevoli, 226 contrari e 39 astensioni. La votazione è avvenuta a circa due mesi dalla precedente ed è stata caratterizzata dalla mobilitazione di esperti di diritto, attivisti e grandi piattaforme online. Non ultima Wikipedia che, in segno di protesta contro la proposta di direttiva, aveva reso inaccessibili tutte le pagine italiane dell’enciclopedia libera.
La direttiva sul copyright ha l’indubbio pregio di armonizzare tutte le normative nazionali in
materia e di aggiornare le regole della precedente normativa, risalente al 2001, un tempo
decisamente lungo per Internet e le nuove tecnologie, che cambiano di ora in ora.
Rispetto alla precedente proposta di direttiva il nuovo testo è stato emendato in profondità, ma il Parlamento Europeo ha mantenuto gli articoli più discussi, l’art.11 e l’art.13, meglio noti come link tax e upload filter, seppur con lievi modifiche.
L’articolo 11 prevede una remunerazione equa per quegli autori i cui contenuti vengono condivisi sul web ed è stato pensato per bloccare i servizi come Google News o Reddit che guadagnano dall’aggregazione delle notizie sulla loro home page. In particolare la direttiva stabilisce un divieto di utilizzo non autorizzato dei contenuti altrui introducendo il diritto alla compensazione per gli editori, prevedendo tuttavia il divieto della tassazione dei meri collegamenti ipertestuali.
Gli editori di alcune tra le più note testate giornalistiche non possono che essere felici
dell’approvazione della direttiva che permetterà loro di chiedere “nuovi proventi” ai big
dell’economia digitale, in primis Google e Facebook che, sinora hanno sfruttato economicamente contenuti che non appartengono loro. D’altro canto, come evidenziato nello scorso articolo, le criticità sono notevoli ovvero il contrasto con l’art. 10, co. 1 della Convenzione di Berna e la potenziale minore visibilità delle testate giornalistiche indipendenti. I servizi come Google News, definiti “aggregatori di notizie”, portano un ampio volume di traffico ai singoli siti di proprietà dei vari editori e, di conseguenza, introiti pubblicitari.
L’altro articolo molto discusso è l’art. 13 – il così detto upload filter – che prevede una sorta di controllo da parte delle piattaforme online su ciò che viene caricato dai loro utenti. Rispetto alla precedente versione la nuova direttiva prevede un generico riferimento a tecnologie per la prevenzione delle violazioni del copyright, rimettendo – di fatto – in mano agli Stati membri l’adozione delle misure idonee a monitorare il traffico dei siti web. Sono inoltre state previste specifiche eccezioni nei confronti di piccoli aggregatori di notizie, enciclopedie libere (come Wikipedia) e piattaforme open source.
Anche in questo caso un maggiore controllo da parte dei siti web non potrà che giovare alla tutela delle opere coperte dal diritto d’autore, ma la nota incapacità dell’intelligenza artificiale di distinguere tra un contenuto originale e uno parodistico potrebbe limitare fortemente il diritto di critica dell’opera.
Nonostante l’approvazione odierna la Direttiva sul Copyright potrebbe non essere adottata: il passaggio successivo è il negoziato tra gli Stati e le istituzioni europee che potrebbe durare anche più di un anno.
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