Da mesi ormai ci interroghiamo sulle possibili applicazioni del diritto alle nuove tecnologie in modo che scandali come quello di Cambridge Analytica non si ripercuotano sui cittadini europei. Benchè lo scenario del dibattito nazionale ruoti attorno a temi che, allo stato attuale, non hanno più nulla a che fare con la protezione dei dati e con l’utilizzo della tecnologia, il 20 giugno scorso il Comitato Affari Legali del Parlamento Europeo ha approvato una nuova direttiva sul Copyright che minaccia la neutralità della rete.

A seguito del voto (14 favorevoli e 9 contrari) il relatore Axel Voss, ha riferito:

“Questo voto costituisce il primo passo della procedura parlamentare per adottare le leggi sul copyright allo scopo di affrontare le nuove sfide di Internet”.

Affrontiamo l’analisi della nuova direttiva prendendo in considerazione i suoi due articoli più controversi, ovvero l’articolo 11 e l’articolo 13. Nella riforma pensata per aggiornare le norme europee sul copyright infatti sono stati inclusi i due provvedimenti conosciuti come Link Tax e Upload Filter.

L’articolo 11, ovvero la Link Tax, dovrebbe proteggere gli interessi economici delle testate giornalistiche in relazione al contenuto degli articoli scritti e pubblicati online. In particolare il provvedimento implica che i motori di ricerca e le piattaforme online debbano richiedere ai giornali un’apposita autorizzazione per poter linkare gli articoli.

L’intento dell’art. 11 sarebbe quello di generare maggiori ricavi per gli editori, consentendo di incassare somme di denaro dalle piattaforme che mostrano parti dei loro articoli in formato digitale agli utenti. Tuttavia la disposizione in esame non è esente da criticità in quanto:

  • è stata ritenuta in contrasto con l’art. 10, comma 1 della Convenzione di Berna che garantisce il diritto di riportare news e articoli di giornale;
  • l’applicazione della medesima normativa in Germania e in Spagna ha avuto un impatto negativo sulla pubblica informazione, limitando l’accesso e la visibilità alle notizie.

Critiche ancora più severe sono state mosse nei confronti dell’art. 13, ovvero l’Upload Filter. Il meccanismo previsto dalla normativa implica infatti che i prestatori di servizi sulla rete (ovvero gli hosting provider), che ospitano contenuti sulle proprie piattaforme, siano obbligati ad adottare misure adeguate e proporzionate volte a garantire il funzionamento degli accordi conclusi con i titolari delle opere “ospitate” al fine di evitare potenziali violazioni delle norme sul diritto d’autore.

I maggiori oppositori della norma la accusano non solo di limitare la libertà di espressione, quanto, in misura ben più grave, di delegare a software il monitoraggio di ciò che è presente in rete, con evidenti ripercussioni sulla capacità di comprendere e valutare il carattere satirico o parodistico di un’opera.

La misura prevista dall’art. 13 inoltre invertirebbe il modello adottato fino ad oggi dalla direttiva sull’e-commerce, per cui chi carica contenuti su piattaforme di terzi è responsabile degli stessi, mentre le piattaforme sono obbligate a rimuovere i contenuti solo dopo che la loro illegalità sia stata portata alla loro attenzione, e non prima ancora che siano pubblicati.

In conclusione l’Unione Europea, che si è mostrata, con l’applicazione del GDPR, molto più attenta di altri Stati ai diritti dei cittadini europei, ora rischia di cadere sul diritto d’autore. Tra due settimane il Parlamento europeo voterà per approvare o bocciare la proposta di direttiva del Comitato Affari Generali, sino ad allora – ovvero il 4 luglio p.v.- nonostante taluni sostengano che la diminuita percezione dell’importanza delle libertà fondamentali dell’uomo, come la libertà di espressione o la libertà di pensiero (e i loro corollari, come la protezione dei dati personali) giustifichi una tutela meno stringente da parte dell’ordinamento, sarebbe opportuno ribadire a gran voce che, quanto più si perde la consapevolezza dei propri diritti, tanto più essi vanno tutelati.

Quanto più si perde la consapevolezza dei propri diritti, tanto più essi vanno tutelati

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