IoT, Cloud, Virtual e Augmented Reality si confermano le tecnololgie protagoniste dei processi di digital transformation, che vedono in prima linea le medie e grandi imprese, mentre le piccole e micro risultano ancora in ritardo, insieme alla PA, in un mercato ICT che cresce e raggiunge a fine anno un valore di 30 miliardi di euro.
E’ questo lo scenario delineato dall’Assintel Report 2019 presentato a Smau Milano da Assintel, con CFMT, fondato sui dati della ricerca realizzata da IDC per verificare i trend del 2018 e quelli del futuro a breve e lungo termine nel mercato ICT.
“Le micro e piccole imprese rappresentano il tallone di Achille e devono ancora lavorare perché la digitalizzazione entri nel loro DNA, così come la pubblica amministrazione rimane il fanalino di coda perché manca ancora nella filiera la cultura adeguata, in un mercato dove il privato avanza e il pubblico resta indietro – dichiara Giorgio Rapari, Presidente Assintel – introducendo i temi di analisi e indicando le strategie da intraprendere per superare questi limiti, ovvero “non disperdere capacità ripensando continuamente i processi in ottica di innovazione e rendere sempre più strategica la formazione, che deve entrare nei processi, dalla scuola fino all’impresa, con contaminazione, interazione, cambiando le dinamiche e dove anche i manager devono essere portatori sani di formazione”.
L’ICT cresce sostenuto dall’IT
Il valore del mercato Ict raggiungerà a fine anno i 30 miliardi di euro, con una crescita moderata del +0,7% rispetto al 2017 e con una previsione al raddoppio per il 2019 (+1,6%) che porterà il mercato ad un valore complessivo di quasi 30,5 miliardi di euro.
Il trend è il risultato di due dinamiche opposte: da un lato il mercato dei servizi di Tlc in calo (-2,2% sul 2017) per un valore di circa 7,2 miliardi di euro, dall’altro il mercato IT che cresce in tutte le sue componenti: hardware, software e servizi – che si incrementa complessivamente del +1,6% per un valore di 22,8 miliardi di euro. Il mercato IT è previsto in crescita anche per il 2019, con un +2,3% che porterà il comparto a valere 23,3 miliardi di euro.
Più nel dettaglio e guardando anche alle previsioni per il 2019, la crescita sarà sostenuta soprattutto dalla spesa in software, cresciuto del +5% nel 2018 a 6,2 miliardi di euro e con una prospettiva di ulteriore crescita del +4,7% nel 2019; incrementi più moderati dei servizi IT (+1,2%, nel 2018 +1,4% nel 2019). L’hardware, che nel 2018 registra un calo del -1,4% a 5,6 miliardi di euro, sarà in ripresa nel nuovo anno (+1,4%), mentre continuerà il segno negativo per il mercato business dei servizi di Tlc di rete fissa e mobile (-0,6%), con un valore di quasi 7,2 miliardi di euro nel 2018 (-2,2%).
Ad annunciare i dati è Fabio Rizzotto, Associate VP & Head of Local Research and Consulting, IDC Italia, che spiega come in questa cornice ad agire da motore siano i nuovi paradigmi digitali, che crescono tutti a due digit: “Siamo all’inizio di una grande rivoluzione digitale che porterà alla produzione industriale automatizzata e iperconnessa, dove a fare la differenza sarà la capacità di utilizzare le informazioni per creare profitti, aprire nuovi mercati, far dialogare uomini e macchine, razionalizzare i costi e ridurre gli sprechi”.
Tra le tecnologie abilitanti, Augmented e Virtual reality crescono complessivamente del +72%, il cloud cresce del +25%, l’IoT del +18% per una spesa che supera i 16 miliardi di euro ed entro il 2019 crescerà con un incremento medio annuo superiore al 18%, l’Intelligenza artificiale del +31%, i wearable + 43%, big data e analytics del +26%.
Entro il 2019 la spesa per sistemi di Artificial Intelligence/Cognitive crescerà con ritmi molto sostenuti; nel 2018 raggiungerà i 17 milioni di euro e i 25 milioni di euro nel 2019.
A sottolineare la centralità dei nuovi paradigmi è anche Andrea Toigo, Sales Manager IoT Group Emea Territory Intel, tra le aziende associate che hanno contribuito allo studio: “Viviamo la digital transformation sperimentandola internamente e ne facciamo frutto per trasferire il nostro know how alle aziende, in uno scambio reciproco – spiega -. Raccogliamo dati e analytics, per essere in grado di fare manutenzione predittiva. Prevediamo un incrermento nell’utilizzo dell’IoT, non solo nei sensori ma in tutta la filiera, in un processo dove AI ed elaborazione dei dati devono risiedere vicino all’origine dei dati stessi. Fondamentale in questo contesto il 5G, che rappresenta un’opportunità enorme e indispensabile nel machine to machine”.
I grandi investono di più
Dall’analisi emerge un approccio diverso agli investimenti in relazione alla dimensione delle imprese che evidenzia una maggior concentrazione di spesa tra quelle di grandi e medie dimensioni, di cui una su tre aumenterà gli investimenti in tecnologia.
Sono le aziende con oltre 250 dipendenti infatti a contribuire per oltre il 48% sul totale degli investimenti, le medie incidono per il 14%, mentre le realtà più piccole contribuiscono con un 13%. Non trascurabile nel complesso il ruolo delle Pmi che complessivamente rappresentano il 25% della spesa totale. Per contro tra le piccole e micro imprese, quasi il 30% non ha in atto o in progetto nessuna strategia di trasformazione digitale.
Nei processi di digital transformation, “quasi il 40% delle aziende sta ancora definendo una strategia o la ha ancora a livello embrionale, il 30% la sta implementando, il 30% è più avanti ed ha già definito partner e strategie interne – spiega Rizzotto -. Ma il processo non è finito perché bisogna guardare al lunghissimo periodo”.
“Per cogliere in pieno i benefici macro-economici della trasformazione digitale occorre creare condizioni di contesto che incentivino sia la collaborazione, sia una governance del processo, con la creazione di sinergie e reti fra gli operatori dell’offerta – come ad esempio la collaborazione fra PMI e Startup innovative, ma anche l’innovazione delle filiere del Made in Italy che coinvolga anche le micro e piccole imprese”, commenta Giorgio Rapari.
A intraprendere questa strada, spiega Emanuele Spampinato, è Etna Hitech, una realtà che raggruppa circa 15 Pmi del settore ICT nell’Etna Valley con la mission di condividere un patrimonio comune e partecipare al processo di digital transformation del paese verso l’Industria 4.0. Un consorzio aggregato con 1.000 collaboratori che grazie all’Open Innovation punta alla co.opetition – cooperative & competition – per generare opportunità che facciano leva sulla cooperazione e accreditino le aziende verso grandi imprese e istituzioni e ricerca di risorse.
Anche Piergiorgio De Campo, Ceo & Cto di Noovle, partnership di Google, sostiene l’adozione di tecnologie Cloud e trasmette la sua visione a lungo termine della digital transformation: “Nella seconda fase della digital transformation che stiamo vivendo, le aziende devono cambiare e il nostro compito è supportarle in questo processo. Oggi il dato equivale a ricchezza e grazie alle soluzioni aperte è sempre disponibile. Grazie all’evoluzione dell’AI, queste informazioni possono fornire nuovi strumenti a coloro che devono prendere delle decisioni anche secondo una logica predittiva. Occorre adottare un nuovo modello basato su “piattaforme” sicure ed aperte per una nuova User Experience (UX) dei sistemi aziendali, dove i valori chiave ed il modello dell’azienda sono sintetizzati in experience, collaboration, intelligence, security, hybrid/open“.
Formazione uguale competitività
Sottolineata da tutti i protagonisti la mancanza di competenze digitali e di una cultura aziendale manageriale e imprenditoriale sensibile alla digital transformation, al primo posto fra gli ostacoli dichiarati trasversalvente dalle imprese.
Come spiega Rino Cannizzaro – Adfor, società di consulenza teconologica e formazione, sul mercato da oltre 30 anni: “Siamo di fronte ad un cambiamento di paradigma di portata epocale, come quello di inizio secolo, dove i dati sono il motore della nuova economia. Oggi la tecnologia è insita nel prodotto, dove tutto è reso possibile dal cloud e dove servono progetti governati dalla concezione PSO, che mette la persona al centro. La digital transformation deve partire dall’alto, dai vertici aziendali; in questo contesto mancano i “campioni digitali”, competenze e formazione, e questo vale anche in quest’epoca di nativi digitali”.
Criticità confermata anche da Maura Frusone, Head of Marketing di Kaspersky Lab Italy che parlando del rischio online, spiega come “il 70% degli attacchi informatici sia dovuto oggi all’errore umano e alla disattenzione. Si richiede pertanto formazione da mettere in pratica con simulazioni, lezioni interattive, sviluppo di partnership con il mondo universitario, per superare questo gap e formare gli esperti digitali”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA