Il data center è una risorsa critica e vitale per le aziende. Qualsiasi iniziativa di cambiamento – riguardi infrastruttura di calcolo o di rete, elaborazione, storage ma ancora di più applicazioni e dati – quando non è gestita nel modo più prudente e attento possibile, può mettere in crisi il business e diventare una prova complessa da superare, con rischi esiziali per la sicurezza e il business stesso.
I progetti di migrazione pongono sfide di continuità infatti proprio sull’utilizzo delle applicazioni e la conservazione dei dati. Tuttavia, con una iniziativa ben pianificata, diventa possibile non solo aggiornare le architetture, ma beneficiare delle potenzialità offerte dai modelli multicloud.
Ne parliamo con Carlo Siddi, responsabile della business unit Horizontal Market di Teorema, cui fa capo la relativa practice Datacenter Migration.
Perché le aziende chiedono di migrare il data center?
“Le motivazioni che spingono le aziende a valutare la migrazione verso il cloud sono molteplici. In base alla nostra esperienza le più ricorrenti sono: scadenze contrattuali di datacenter (o porzioni di essi) esternalizzati, necessità di integrare velocemente le acquisizioni, rinnovamento delle applicazioni, esigenze di scalabilità e di approvvigionamento di risorse e, tra le più recenti, la fine del supporto imminente per Sql 2008 e Windows Server 2008“.
E’ possibile “modellizzare” la migrazione? Come si orientano le aziende nella scelta?
“E’ abbastanza difficile modellizzare un caso tipico, anche perché le esigenze che determinano una migrazione sono una combinazione dei meccanismi di attivazione sopra elencati. Circa l’orientamento delle aziende, si sta configurando sempre di più lo scenario ibrido, che vede alcuni workload applicativi rimanere on-premise, soprattutto quando riguardano legacy application legate a linee di produzione.
Quello che è cambiato recentemente è il mindset delle aziende, soprattutto italiane, che hanno sempre visto il cloud come un luogo “meno sicuro” rispetto all’on-premise. Oggi molti clienti non mettono più in dubbio questo aspetto e il tema principale consiste nel decidere cosa migrare, come farlo e come gestire il nuovo data center “esteso””.
Quali sono le criticità che le aziende sottopongono a Teorema e che tipo di aiuto chiedono per affrontare la data center migration
“La criticità principale è legata all’impostazione di un progetto di migrazione del data center. Spesso si confonde un progetto di questo tipo con il moving dei server sul cloud, il cosiddetto lift&shift che, nella maggior parte dei casi, non risolve, se non molto parzialmente, le criticità delle aziende. Il supporto che ci viene chiesto è proprio in questi termini, ovvero vedere l’ambiente del cliente come un ecosistema di applicazioni, networking, risorse fisiche, virtuali, utenti, ecc… Non si deve mai dimenticare che un’azienda non si dota di un datacenter a prescindere, ma che su questo girano applicazioni di business, spesso anche molto critiche”.
Sulla scorta dell’esperienza presso i clienti, Teorema quali passaggi individua come critici?
“Il passaggio più critico è quello iniziale, ovvero quello dell’assessment. Se si sottovaluta questa fase, il rischio è quello di fare il lavoro a metà o forse anche meno. Un assessment fatto bene deve avere una durata di almeno 30 giorni, per essere certi di rilevare il carico reale del data center e di tutte le applicazioni che su di esso poggiano. In alcuni casi, addirittura, nemmeno questa tempistica risulta essere soddisfacente perché ci sono aziende con elevata stagionalità. Lo stesso assessment, della durata di 30 giorni, svolto in periodi diversi dell’anno, fornirebbe risultati diversi”.
Le aziende italiane cambiano, il tema delle competenze interne resta però un tema critico. Cosa vedete “sul campo”?
“Ci sono indagini di mercato che indicano che solo l’8% delle nostre aziende ha già le competenze per gestire un datacenter moderno, come minimo ibrido. Solo il 13% delle restanti sta valutando o selezionando figure professionali da aggiungere ai propri team per gestire questi ambienti. E’ evidente che il gap da colmare è ancora molto ampio ed avere un Partner con queste competenze può essere un fattore determinante nell’accelerare l’adozione del cloud da parte delle aziende”.
In un recente contributo abbiamo visto che per affrontare la migrazione del data center serve prima di tutto metodo, qual è il valore aggiunto di Teorema?
“Il valore aggiunto che portiamo al mercato, è una metodologia strutturata che accompagna il cliente in tutte le fasi di un progetto di data center migration, partendo dall’assessment, passando per la lettura e l’interpretazione dei dati, la proposizione di un piano strutturato di migrazione, la migrazione stessa e il monitoraggio costante, proattivo e reattivo del nuovo ambiente.
Avere 20 anni di esperienza nell’ambito dello sviluppo applicativo, ci pone su un piano diverso dall’approccio molto diffuso “lift&shift”, perché le persone di Teorema hanno un background che consente loro di far valutare al cliente le migliori opzioni possibili di migrazione applicativa. In chiave applicativa poi la capacità di reingegnerizzare applicazioni, magari basate su “framework” spesso datati, offre ai clienti Teorema la possibilità di ripensare a come ridisegnare le applicazioni business critical in chiave di maggior sicurezza e con un occhio alle possibilità offerte dalle nuove piattaforme”.
“What’s next?” quando si parla di futuro.
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