Con lo “Speciale Cloud” nascono gli Speciali di Inno3, un’idea editoriale composta da quattro viste per analizzare vari aspetti di un mercato in trasformazione. Quello dedicato al cloud computing, un mercato dove tutti tendono ma in molti ancora tentennano, inaugura il nuovo appuntamento mensile. Per ogni tema quattro punti di vista: analista, giornalista, evangelist, utenti.
Se è vero che la scelta di modelli di cloud computing, con logiche as a service, non è più rimandabile per le aziende e che il livello di adozione sia in crescita anche nel nostro Paese, serve confrontare i punti di vista dei principali vendor di mercato per avere un quadro completo di tutte le viste del settore.
Ma non guardando semplicemente alle soluzioni tecnologiche proposte dai vendor ma alla strategia sottesa, e focalizzandoci nell’ambito del cloud per eccellenza: quel cloud pubblico verso il quale si è cercato di tendere per anni ma che prevede un percorso di avvicinamento che passa inevitabilmente dall’adozione del cloud ibrido (oggi la vera scelta della aziende non destinata a scemare) che permette di tenere un piede in due o più scarpe (tra tecnologie on premise o in cloud) e che spinge per l’adozione del multi-cloud (orchestrando tecnologie di vendor diversi).
Detto questo, il confronto tra gli attori protagonisti di mercato quando si parla di cloud “pubblico” passa per le strategie Amazon (Aws), Google (con Google Cloud) e Microsoft (Azure), tre colossi entrati nel mercato in momenti diversi, che hanno sviluppato la propria proposta sulla base di esperienze e sensibilità. Chi nativamente in cloud (come AWS o Google), chi arrivandoci dopo un’evoluzione radicale della strategia aziendale (Microsoft). Non si parla più di immagazzinare dati ma di rispondere a sfide dettare da intelligenza artificale, machine learning, sicurezza, edge computing, serverless.
E’ proprio con i tre evengelist di queste aziende che entriamo nel vivo del confronto tra le strategie, che alla fine spingono nella stessa direzione ma con accelerazioni diverse.
Un dialogo aperto, un confronto immaginario (come a noi piace fare), tra la strategie delineate da Danilo Poccia, principal evangelist, serverless di Amazon Web Services, Gabriele Carzaniga, Emea sales engineer manager di Google Cloud, e Mattia De Rosa, direttore della divisione cloud & enterprise di Microsoft Italia.
Punti di partenza
Per Amazon Web Services (AWS) il riferimento alle origini è d’obbligo. “Nel 2006 Amazon Web Services ha iniziato ufficialmente a offrire i propri servizi basati sul cloud per soddisfare le richieste di numerose aziende che sentivano il bisogno di dedicarsi alla crescita del proprio business, affidando il proprio data center a un fornitore di servizi cloud – esordisce Danilo Poccia -. Nel corso degli anni, le richieste delle aziende sono cambiate passando dalla semplice capacità di immagazzinare dati in rete a servizi basati su IoTe ML“.
Proprio l’esigenza del cloud per accelerare il business è il filo rosso che lega l’esperienza dei tre vendor.
Riprende il tema del cloud driver di crescita Gabriele Carzaniga (Google Cloud): “Stiamo registrando un progressivo aumento del numero di aziende alla ricerca di soluzioni nuove in grado di aiutarle ad accelerare il proprio percorso verso la trasformazione digitale, ridurre i costi, migliorare l’agilità e aprire la strada a nuove opportunità”. Carzaniga spiega come Google si sia orientata costituendo un proposta “in grado di modernizzare le realtà, per consentire di muoversi agilmente nell’attuale economia globale in sicurezza, gestendo e potenziando i dati e gli strumenti collaborativi, migrando applicazioni esistenti ed eseguendo analisi complesse per la raccolta di informazioni“.
Siamo oggi in una fase di accelerazione e di evoluzione (come messo in evidenza nell’analisi dei trend e delle tecnologie) sottolineata anche da Mattia De Rosa (Microsoft) :“Il cloud sta vivendo uno sviluppo iper-accelerato, è in evoluzione, e i modelli edge non sono più sufficienti a descriverne le caratteristiche. Ma perché il cloud possa essere proficuamente adottato, deve rispondere a nuove esigenze di scenari parzialmente connessi, o disconnessi, e a scenari in cui è necessario elaborare dati e risposte in prossimità di dove vengono generati”.
“Parliamo quindi di ibrido e di edge – continua De Rosa (Microsoft) – . Su queste nuove dimensioni si è innescato un altro fenomeno dirompente, quello dell’intelligenza artificiale, ed è nata una nuova esigenza impellente, quella della sicurezza. Un cloud moderno deve rispondere a tutte queste esigenze in maniera integrata e fornendo strumenti che consentano di trarre il massimo vantaggio a tutti gli utilizzatori, permettendo loro di “realizzare il proprio potenziale”.
Intelligenza artificiale integrata
L’analisi dei trend tecnologici è condivisa, Poccia (Aws) infatti riprende: “Tra i trend principali nel cloud possiamo citare la creazione di servizi con un elevato valore aggiunto, che consentono agli sviluppatori che non hanno esperienze specifiche nell’IoT e nel ML, di essere comunque efficaci grazie a queste tecnologie. L’offerta di questo tipo di servizi sta creando evoluzioni importanti nella maggior parte delle industry, come per esempio il settore finanziario (in Italia, tra i clienti di Aws ci sono Satispay, e in Germania N26) o il settore healthcare (tra i clienti principali, Centro Medico Santagostino o Philips per la gestione IoT direttamente da cloud). Altro trend reso possibile grazie al ML è l’analisi delle immagini e dei testi che gli sviluppatori sono oggi in grado di fare. Un esempio è MusixMatch”.
Sulle potenzialità di AI e ML in relazione all’offerta di servizi, per ricercare nuove soluzioni ai problemi, interviene Carzaniga (Google Cloud) sottolineandone le potenzialità: “L’elemento strategico dell’offerta Google sono le funzionalità di intelligenza artificiale e machine learning integrate ai prodotti cloud e all’infrastruttura di base, che permettono ai clienti di trovare soluzioni trasformative e innovare in aree sempre nuove.
Se i trend tecnologici dell’evoluzione cloud sono condivisi, alcune differenze però sono evidenti nei modelli. Le sottolinea De Rosa: “Nella convinzione, corretta che il cloud sia il più avanzato ed economicamente vantaggioso modello di riferimento per tutte le esigenze digitali, molti approcciano l’hybrid cloud come un’esigenza transitoria, ossia una soluzione tampone necessaria fin quando tutte le risorse informatiche non saranno nel cloud. Microsoft la vede invece come una necessità reale, una risposta a delle esigenze che sono destinate a rimanere al di là della volontà di adozione del cloud, come nel caso di aziende che, per ragioni operative o normative, necessitano che la raccolta e l’analisi dei dati avvenga vicino a dove sono stati prodotti”.
Il modello del vendor prevede una soluzione integrata estesa dal cloud nel datacenter del cliente, mantenendo sistemi di governance, modelli di sviluppo ed interfacce applicative ed arricchendo di continuo i servizi nativamente disponibili, con Azure progettato sul principio dell’ibrido e l’integrazione delle caratteristiche dell’edge nella piattaforma.
Gli esempi non mancano. Crea (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria) per esempio, sfrutta la potenza di calcolo di Azure e le funzionalità di IoT, ML e AI integrate per accelerare la ricerca agroalimentare e ambientale, grazie a modelli predittivi sempre più accurati. In ambito pubblico, Atm fa leva sull’AI per garantire le migliori tariffe ai suoi clienti e ottimizzare la gestione dei flussi e l’esperienza di viaggio di cittadini milanesi e visitatori.
Google invece sottolinea della propria proposta i seguenti fattori specifici. Carzaniga: “Quando mi si chiede perché Google Cloud nella sfida alla digital transformation, mi sento di restringere le note a tre funzionalità essenziali. In primo luogo, l’offerta di un’infrastruttura su larga scala sicura e affidabile, con tutta la capacità di calcolo che serve, storage e connettività all’avanguardia e una rete che copre tutto il globo.
In secondo luogo, la disponibilità di una piattaforma in grado di gestire, comprendere e analizzare grandi moli di dati, sviluppare applicazioni con le più moderne tecnologie software, serverless e basate su piattaforme di containerizzazione, nonché la possibilità di collaborare con le persone e fare leva sulle nuove potenzialità offerte dell’intelligenza artificiale.
Infine, la messa a punto di un insieme di soluzioni specifiche e funzionalità digitali per settore industriale, dall’ambito sanitario alla vendita al dettaglio, dal mondo dei media a quello dell’entertainment e così via. Non una proposta di vendita di prodotto quindi, ma soluzioni per aiutare i clienti nell’identificazione delle giuste soluzioni per migliorare il proprio business e innovare nelle aree cruciali”.
Carzaniga tocca un tema al centro dell’evoluzione cloud 2.0, sottolineato a più riprese in riferimento proprio all’evoluzione tecnologica in atto, a livello infrastrutturale. E’ un tema caro anche ad Aws: “Per le aziende italiane, la semplificazione attraverso lo sviluppo serverless è il filo conduttore nel cloud, e assicura tempi e costi ridotti”.
Poccia va oltre e prosegue: “Così pure il cambiamento nella gestione dei database è uno scenario prossimo futuro che vede il database non solo relazionale ma in grado di adattarsi sempre più alle esigenze dei singoli clienti. Questo approccio si chiama in Aws “database freedom” e il suo sviluppo sarà molto efficace nella creazione di nuovi prodotti, negli anni futuri. Un altro scenario futuro è la creazione di una piattaforma per semplificare l’adozione di molteplici microservizi, mettendoli facilmente in comunicazione”.
Non ci sono sostanzialmente verticalità industriali escluse dai benefici delle soluzioni cloud. Lo sottolinea Carzaniga (Google Cloud): “Il nostro Ceo, Thomas Kurian, rimarca che se si considerano le prime dieci organizzazioni per ciascun settore, nove media company, sette retailer, sei multinazionali del segmento energia e utility, cinque tra le prime dieci banche, società di telecomunicazioni, produttori e società di software si sono affidate a Google Cloud per essere accompagnati lungo questo percorso di modernizzazione”.
Al di là delle “classifiche”, la trasversalità resta comunque un tratto che pur con nomi diversi ed esperienze diverse è comune ai casi Aws e Microsoft. Nello specifico Google registra una particolare crescita riguardo proprio la vendita al dettaglio ambito in cui è oggi possibile offrire esperienze personalizzate, tanto che avvengano online, su dispositivi mobili, quanto nei negozi fisici.
Si tratta di un rilievo funzionale a comprendere come i sistemi AI, ML abilitati dal cloud siano in grado di incidere sulle esperienze finali dei retailer che possono disporre di un numero sempre maggiore di informazioni in meno tempo, ma anche dei clienti finali (a Google Cloud Summit a Milano oramai imminente, sarà questo uno dei temi chiave).
Competenze da accrescere
Case history interessanti non mancano nel “catalogo” di nessuno dei vendor, perché il cloud è entrato nel Dna delle aziende. Tuttavia è interessante leggere ora, proprio in questa fase di passaggio, quali siano gli step ulteriori su cui focalizzarsi.
Mattia De Rosa (Microsoft): “Sebbene ci siano evidenze importanti di casi di successo nell’adozione di Azure – dunque del cloud in ogni sua declinazione – in tutti i settori industriali e nel settore pubblico, le imprese italiane riscontrano un problema di competenze che ne sta limitando il potenziale”.
Microsoft ha dato il via al progetto di ecosistema, Ambizione Italia, che fa leva sulle opportunità offerte dall’AI e sulla formazione avanzata per accelerare la trasformazione digitale in Italia. Spiega De Rosa: “Si tratta di un articolato programma di formazione, aggiornamento e riqualificazione delle competenze, in linea con i nuovi trend tecnologici e le richieste del mercato del lavoro. Obiettivo: raggiungere oltre 2 milioni di giovani, studenti, Neet e professionisti in tutta Italia entro il 2020, contribuendo all’occupazione e alla crescita del Paese”.
Rimarca la possibilità e l’esigenza ora di un cambio di passo anche Poccia (Aws): “Oggi, servirebbe un cambio di mentalità nell’adozione del cloud per poter abbandonare il vecchio approccio focalizzato solo sulla gestione a progetto, passando a modelli basati sul prodotto. Questo nuovo approccio permetterebbe alle aziende clienti di focalizzarsi solo sui propri obiettivi e ai fornitori di essere vicine alle reali esigenze dei clienti creando valore aggiunto per gli stessi attraverso l’ascolto delle reali esigenze e alla creazione di funzionalità ad hoc”.
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