Negli ultimi mesi il tema “caldo” su cui si sono focalizzati gli sforzi di Vmware è stato quello della business continuity, della vicinanza ai clienti per consentire loro quella continuità operativa indispensabile per proseguire l’attività di business. In occasione di Vmworld 2020, quest’anno in un’edizione completamente virtuale, l’azienda affila ulteriormente la propria proposizione, con al centro sempre la Vmware Cloud Foundation, per permettere alle aziende clienti di indirizzare tutti i workload dal cloud, al core all’edge in modo fluido, anche in uno scenario sempre più complesso come quello multicloud.
Introduce così il tema Vittorio Viarengo, VP cloud marketing worldwide Vmware: “Oggi, come sempre, a guidare l’innovazione sono le app, ma nel tempo la fruizione delle applicazioni sulle diverse piattaforme ha generato una crescente complessità. Ecco, a voler trovare un filo rosso che lega la proposizione di Vmware nel tempo, la strategia, è possibile individuarlo proprio nei continui sforzi per rimuovere le frizioni nell’IT. E’ accaduto in pratica ‘alle origini’ nella proposizione delle virtual machine, poi con la virtualizzazione di computing, storage e network e accade oggi, con i container e il cloud, nella sua totalità”. Rimuovere le frizioni dell’IT, in sicurezza, ripensando quest’ultima integrata direttamente nell’infrastruttura, è la sfida nella sfida. Da qui l’annuncio per esempio di Carbon Black Workload Security che consente di mettere in sicurezza le VM senza dover inserire un agente nelle macchine virtuali, quindi già all’interno dello stack.
Oggi la proposizione di Vmware verte su cinque pillar: Virtual Cloud Network e Multicloud, App Modernization, Digital Workspace e Intrinsic Security. Tutti gli annunci in occasione di Vmworld 2020 si posizionano all’interno di questi cinque ambiti propositivi. Per esempio, anche l’annuncio della partnership con Nvidia per l’AI è in linea con l’idea di consentire la democraticizzazione del suo utilizzo portando i workload di AI all’interno del private cloud.
Al centro resta l’attenzione per indirizzare in modo favorevole alle aziende l’utilizzo del multicloud. “Oggi i clienti – prosegue Viarengo – vedono il multicloud come una valida strategia aziendale, perché in ciascuna delle proposizioni degli hyperscaler trovano determinati vantaggi a seconda dei workload applicativi”. Vmware ha intravisto anzitempo questa tendenza e il rischio di una deriva, anche nel cloud, verso un approccio a “silos”, legato ai differenti sistemi per quanto riguarda gestione e operations, tipici di ogni proposta di public cloud.
Con i relativi rischi: per la sicurezza, per i costi di refactoring delle applicazioni, etc. Per questo “Vmware ha indirizzato gli sforzi per aiutare i clienti a far girare, creare, gestire, connettere e proteggere qualsiasi applicazione su qualsiasi cloud, proponendo – come era già stato fatto on-prem – un livello di astrazione tra le differenti piattaforme e le applicazioni per aggiungere valore alle app già esistenti,come a quelle nuove, e da qui l’acquisizione di Pivotal e gli investimenti successivi per gli ambienti a container”.
Con Vmware Cloud Foundation in grado di rappresentare il layer comune e neutrale su tutte le piattaforme cloud, Vmware offre un livello di astrazione per computing, storage e networking (e oggi anche per le app) trasparente tra i diversi cloud – quindi su Aws, Azure (Microsoft ha appena annunciato la versione 2.0 di Azure Solutions per Vmware), Google, Alibaba, Ibm e Oracle – e questo significa poter spostare le virtual machine da on-prem nel cloud e in proiezione tra i diversi cloud, così come sono.
Viarengo: “Tutti i prodotti si allineano a questa strategia”. Vmware Tanzu, per esempio, che permette di creare applicazioni ‘VM based’ come native per i container direttamente sulla piattaforma, ma anche di spostarle quando necessario in modo più veloce e agile con Vmware Transit Connect“. In ambito multicloud, l’annuncio forse più importante si lega all’evoluzione della proposizione con Aws, partner privilegiato per quanto riguarda i workload basati su vSphere nel cloud, per esempio con Vmware Tanzu Mission Control, per creare direttamente le applicazioni basate su container su Vmware Cloud.
“Un altro trend importante che sta emergendo – specifica Viarengo – riguarda la proposizione del cloud gestito da Vmware ma presso i clienti. Con l’introduzione di Vmware Cloud on Dell, l’infrastruttura può essere gestita dal partner Vmware in cloud, ma continuare a risiedere on-premise”.
“In uno scenario italiano che vede le aziende italiane impegnate nei progetti per indirizzare la ripresa, tutti concordano nell’individuare negli investimenti sul digitale la chiave di volta. – interviene Gigantino – Le aziende che avevano già basato sul digitale il proprio business stanno registrando una rapida ripresa, ma ci sono ancora diversi settori ancora fermi. Non ci potrà essere un ritorno alla normalità al 100% come l’abbiamo intesa fino ad oggi ed i cambiamenti introdotti da Covid-19 saranno senza dubbio cambiamenti strutturali. E il messaggio chiave comune agli annunci è proprio l’impegno di Vmware ad adattare i cinque pilastri della proposizione al nuovo mondo. “La possibilità di poter sfruttare workload Vmware nativi su tutte le piattaforme, non solo a livello infrastrutturale ma anche a livello applicativo con Tanzu con governance e livello di automazione elevati è differenziante”.
Tra gli sviluppi organici della proposizione in questa direzione è da leggersi anche l’acquisizione di SaltStack che consentirà a Vmware di ampliare in modo significativo la gestione della configurazione del software e delle infrastrutture e le capacità di automazione della rete.
Focus resta la sicurezza intrinseca e distribuita su tutti i livelli infrastrutturali. Che si parli di modernizzazione delle applicazioni, come di Digital Workspace, l’obiettivo è integrare la sicurezza di Carbon Black in ogni soluzione.
L’introduzione stessa di Secure Access Service Edge (Sase) è coerente con la strategia. La piattaforma VMware Sase fa convergere networking cloud, sicurezza cloud e l’accesso zero trust alla rete grazie ad una sicurezza Web di riferimento nel settore per offrire flessibilità, agilità e scalabilità alle aziende di tutte le dimensioni. Si tratta di un’offerta cloud-first che offre garanzia di qualità delle applicazioni, sicurezza intrinseca e semplicità operativa, funzionale alle esigenze delle organizzazioni che supportano una forza lavoro distribuita in qualsiasi parte del mondo del lavoro.
Vmware Project Monterey
Tra gli annunci più importanti in occasione di Vmworld 2020 quello relativo a Project Monterey. Si tratta di un progetto pensato per indirizzare l’efficienza applicativa sui diversi cloud, negli scenari in evoluzione relativi per esempio a 5G, machine learning, e all’utilizzo di app multicloud ibride distribuite. Tra questi proprio quello telco, vede intensificare gli sforzi di Vmware per virtualizzare anche gli apparati radio, come Pat Gelsinger ha sottolineato più volte nel corso del suo keynote.
In diversi di questi ambiti le aziende adottano già sistemi specializzati con acceleratori hardware per esempio le Gpu, i Field Programmable Gate Arrays (Fpga) e i Network Interface Controller (Nic) per supportare la performance e la sicurezza richieste dalle nuove app. Si tratta di acceleratori che richiedono competenze specializzate ed a loro volta introducono nuovi livelli di complessità.
Per risolverle Vmware quindi lavora all’evoluzione della Vmware Cloud Foundation in questa direzione in modo da supportare la tecnologia SmartNic che permette di scaricare i compiti di elaborazione che la Cpu del server gestirebbe normalmente. In questo modo Vmware Cloud Foundation sarà in grado di mantenere la virtualizzazione del calcolo sul server Cpu mentre scarica le funzioni di networking e di storage I/O alla Cpu SmartNic e questo permetterà alle applicazioni di massimizzare l’uso della larghezza di banda di rete disponibile e di risparmiare i server Cpu per ottenere le massime prestazioni dall’applicazione.
Con Project Monterey, Vmware lavorerà per consentire la virtualizzazione di tutti i workload, aggiungendo un ulteriore strato di virtualizzazione proprio sugli SmartNic per le applicazioni che girano in bare-metal. In pratica viene resa possibile la disaggregazione del server, con l’estensione del supporto per i server bare metal. Ciò consentirà a un’applicazione in esecuzione su un server fisico di consumare le risorse dell’acceleratore hardware, come gli Fpga, anche da altri server fisici. Con il vantaggio di accedere dinamicamente alle risorse fisiche in base alle policy o tramite software Api, adattate alle esigenze dell’applicazione.
Con Esxi (l’hypervisor bare metal installabile direttamente sul server per partizionarlo in diverse VM) in esecuzione su SmartNic, le organizzazioni possono quindi utilizzare un unico framework di gestione per tutta la loro infrastruttura di calcolo, sia essa virtualizzata o bare metal. E per quanto riguarda l’approccio alla sicurezza “intrinseca” ogni SmartNic potrà eseguire un firewall “stateful” completo e una suite di sicurezza avanzata, all’interno del Nic e non nell’host, significa la disponibilità di minuscoli firewall distribuiti e sintonizzati in modo automatizzato per proteggere specifici servizi che compongono l’applicazione.
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