Una PA da ripensare, poco digitale, con competenze da riallineare, che necessita di nuovi profili e la presa in carico da parte di ogni dipendente del diritto/dovere di una formazione continua per stare al passo. Ma che rimane centrale per lo sviluppo del Paese soprattutto per accelerare le riforme che l’Europa chiede, legate al Recovery Plan (191,5 miliardi) e al Next Generation EU. Da qui l’urgenza di mettere mano velocemente ai contratti nella pubblica amministrazione, nuove modalità di lavoro incluse.
Ieri un passo importante. E’ stato firmato a Palazzo Chigi, tra governo e sindacati, il “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale” che ha come obiettivi la modernizzazione del “sistema Italia” e l’incremento della coesione sociale, a partire dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) coerente con la strategia di innovazione a livello europeo.
Un Patto firmato tra governo (Mario Draghi e Renato Brunetta, ministro per la PA) e sindacati (Maurizio Landini Cgil, Luigi Sbarra Cisl e Pierpaolo Bombardieri Uil) con sei obiettivi su cui le parti dovranno lavorare, tra i quali elemento “qualificante” della strategia sarà “l’individuazione di una disciplina del lavoro agile (smart working) per via contrattuale che vada nella direzione auspicata dalle organizzazioni sindacali sin dall’inizio della crisi pandemica”. Un tema a noi caro, tra gli altri.
Ecco i sei punti: rinnovi contrattuali 2019-2021 (1), lavoro agile (2), revisione dei sistemi di classificazione professionale (3), formazione del persone (4), sistemi di partecipazione sindacale (5), welfare contrattuale (6). “I pilastri fondamentali di ogni riforma e ogni investimento pubblico contenuti nel Pnrr saranno la coesione sociale e la creazione di buona occupazione” riporta il Patto.
L’impegno preso su smart working e competenze
Previsto “uno straordinario impegno finanziario, progettuale e attuativo” per potenziare la PA attraverso la semplificazione dei processi e un massiccio investimento in capitale umano, per ridurre disparità interne e dualismo pubblico e privato. Per gestire problemi legati spesso all’età dei dipendenti pubblici (“51 anni età media contro i 43 anni e mezzo di venti anni fa” riporta Draghi) e alla scarsa formazione (“oggi si spendono 48 euro a persona per la formazione del settore pubblico”).
Le competenze vengono messe in primo piano (“la costruzione di una nuova e moderna Pubblica Amministrazione si fonda sulla valorizzazione delle persone, attraverso percorsi di crescita e aggiornamento professionale, e sulla definizione di un piano delle competenze su cui costruire la programmazione dei fabbisogni e le assunzioni del personale”) chiamando in causa ogni pubblico dipendente che dovrà essere titolare di un diritto/dovere soggettivo alla formazione continua, per essere protagonista del cambiamento, con percorsi formativi stabiliti dalla PA adatti alle persone e certificati, adeguando la disciplina contrattuale ai fabbisogni di nuove professionalità e competenze. Tra queste esplicitamente citato il miglioramento delle competenze digitali e di carattere professionale, con importanza data non solo alla nuova formazione ma anche alla riqualificazione delle competenze esistenti (“investimento strategico, non più considerato come mera voce di costo”).
Tra gli elementi del Patto, la presa in carico della gestione della questione smart working con l’individuazione di una disciplina del lavoro agile per via contrattuale ribadendo la necessità di avviare una nuova stagione di relazioni sindacali e di confronto con le organizzazioni, per portare a compimento i rinnovi contrattuali del triennio 2019-2021 che interessano 3,2 milioni di dipendenti pubblici. “In riferimento al lavoro agile, nei futuri contratti collettivi nazionali dovrà essere definita una disciplina normativa ed economica che garantisca condizioni di lavoro trasparenti, che favorisca la produttività e l’orientamento ai risultati, conciliando le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori con le esigenze organizzative delle pubbliche amministrazioni. Saranno quindi disciplinati aspetti di tutela dei diritti sindacali, delle relazioni sindacali e del rapporto di lavoro quali il diritto alla disconnessione, le fasce di reperibilità, il diritto alla formazione specifica, la protezione dei dati personali, il regime dei permessi e delle assenze”.
L’ottica è quella di uscire dalla gestione emergenziale scoppiata a causa della pandemia e di incrementare le quote di lavoratori pubblici in smart working, regolamentandone tutti gli aspetti con i contratti collettivi nazionali del triennio 2019-2021. La trattativa con i sindacati permetterà di orientarne le scelte. L’approccio al raggiungimento dei risultati con la tutela dei diritti fondamentali (di disconnessione ne abbiamo parlato più volte) rimane uno di punti cardini anche per il lavoro privato.
Oltre l’emergenza
Lo stesso Sebastiano Fadda, Presidente dell‘Osservatorio nazionale sul lavoro agile, Inapp che ha da poco avviato i lavori, oltre a sottolineare l’urgenza di andare oltre l’emergenza, puntualizza in un convegno stamane quanto lo smart working sia diventato strumento applicabile a molti ambiti (“le condizioni di “telelavorabilità” sono in continua evoluzione, e si estendono a nuove forme di lavoro prima escluse, si pensi alla telemedicina, ma anche alle professioni di assistenza abilitate dall’AI, e persino alle consegne a domicilio”) e quanto richieda nuove modalità di organizzazione dei processi produttivi. “Il nuovo modo di organizzare il lavoro si deve legare all’utilizzo delle nuove tecnologie: automazione, robotica, AI, le nuove catene di valore legate all’interconnettività globale suggeriscono nuove opportunità. L’organizzazione dei nuovi processi produttivi comporta capacità e abilità nuove, la capacità di trasformare e applicare le tecnologie per adattarle a qualsiasi organizzazione e verticale”.
E guardando alla PA e alla relazione con il mondo privato, quel dualismo che il Patto stesso vuole ridurre, Fadda ribadisce l’urgenza di “armonizzare la frontiera tecnologica su cui operano entrambi i mondi, oggi assente. Oggi vediamo questo problema anche solo nella gestione dei processi burocratici, nelle mancate sinergie nell’utilizzo dei dati. Servono tecnologie per consentire alla PA di dialogare con imprese e privati cittadini e la creazione di reti in grado effettivamente di cambiare il passo nello svolgimento delle procedure. Serve quindi ridisegnare processi in questo senso, altrimenti – si pensi anche solo alla giustizia civile – si dilatano i tempi in tutte le PA“. ll Patto tra governo e sindacati ora deve essere messo a terra per accelerare le riforme che l’Europa chiede.
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