Mi aspettavo che il tema delle smart city facesse più breccia. Semafori intelligenti, sicurezza del territorio, traffico sotto controllo, raccolta differenziata, gestione parcheggi, consumi energetici, attenzione al green… Tutto quell’insieme di tecnologie che permettono di migliorare il modo in cui noi viviamo e nello stesso tempo permettono alle amministrazioni di rendere più efficienti le città. Soprattutto adesso che le città tornano a vivere, ad animarsi, con più serenità dopo il vuoto degli ultimi due anni.
Ma chi si occupa di tecnologia (ahimé confesso è un nostro limite) crede di parlare di tematiche più note e conosciute di quanto siano in realtà. E se ne accorge in primis parlando con chi fa tutt’altro nella vita, quando temi legati alla trasformazione digitale (che tutti invochiamo o inseguiamo soprattutto negli ultimi anni accelerata dai cambiamenti indotti dalla pandemia) rimangono di attenzione per una parte della comunità, confinati in una nicchia, per molti solo sentiti o abbozzati, nell’immaginario.
E’ una indagine di Intel, realizzata da Pepe Research e fresca di divulgazione, che ci guida oggi tra i cittadini italiani e nella loro consapevolezza del valore delle smart city, e che ci mostra come questo concetto rimanga “piuttosto oscuro alla metà dei cittadini” e sia familiare solo a giovani e persone delle fasce socio economiche e culturali medio-alte, che associano la parola smart city a innovazione tecnologica.
Così la città del futuro, smart, è quella che garantisce sostenibilità ambientale (importante per i giovani, la Gen Z), sicurezza (cara ai più maturi), efficienza energetica (tutti la invocano) e mobilità intelligente, quest’ultima sentita in modo particolare da chi vive nel traffico ogni giorno. Quattro fattori del Dna smart.
Ma come siamo messi oggi? Sufficienza scarsa alle nostre città.
La valutazione della “smartness” si attesta su un giudizio mediocre (5 su una scala da 0 a 10) delle città italiane che mostrano di dovere ancora compiere passi fondamentali nel loro percorso “smart”.
Solo il 13% dei cittadini ritiene di vivere già in una città “molto smart” ma, nello stesso tempo, il 68% è convinto che la propria città lo diventerà in futuro, nei prossimi 10 anni. “Attualmente gli italiani riconoscono un livello di “smartness” alle loro città quando si tratta di economia locale, servizi e mobilità, ma sono convinti che sia necessario ancora parecchio lavoro per quanto riguarda l’ambiente e la cittadinanza attiva. Ora è il momento giusto per portare avanti piani di intervento intelligente sull’ambiente, un elemento fondamentale nel rendere più attrattive le nostre smart city – precisa Elena Salvi, partner di Pepe Research -. Gli italiani sono legati al loro territorio, tuttavia l’idea della smart city è effettivamente attraente, con un 60% di cittadini che si dichiara disposto a trasferirsi in una smart city se si trovasse nella propria regione”.
Superano la sufficienza nei giudizi oggi Milano (6,2), Bologna e Padova (6) che distanziano Napoli, Genova e Catania, ma anche Roma (4,3) che rimane gravemente insufficiente, bocciata, e che continua ad essere fanalino di coda anche nelle aspettative a dieci anni, insieme a Napoli.
Ma concordano tutti nell’affermare che le città smart saranno alla fine più attraenti, cosicché l’87% del campione sarebbe disposto a trasferire le proprie attività (studio, lavoro, servizi) in una smart city se nel raggio di mezz’ora dalla propria abitazione; il 68% sarebbe disposto a sostenere un maggiore costo economico della vita in cambio dei vantaggi di vivere in una smart city (da 150 euro a 600 euro l’anno), mentre il 79% del campione continuerebbe a praticare lo smart working, decollato negli anni della pandemia, strettamente legato a un maggiore equilibrio tra vita privata e lavorativa (anche se l’83% ritiene che debbano essere migliorate le infrastrutture, la rete Internet o la dotazione tecnologica). “Le città vivono la sfida di fornire servizi di migliore qualità e più sostenibili, di migliorare la sicurezza pubblica, di affrontare problematiche ambientali e di promuovere l’economia locale. Per ottenere tutto questo si guarda a soluzioni tecnologiche – commenta l’analisi Andrea Toigo, Emea IoT manager di Intel -. Tecnologie quali IoT, AI e 5G possono sostenere le città nel migliorare i servizi, la sicurezza, l’ambiente e la pianificazione urbana. La portata e l’impatto sono ampi, ma ogni applicazione comporta un miglioramento nella qualità della vita dei cittadini”.
Certo il tema non è ancora così conosciuto (ce ne rendiamo conto) né sexy ma lo dovrà essere, considerato che le città moderne crescono rapidamente, con un 55% della popolazione mondiale che vive in città e una crescita prevista dei contesti urbani del 13% entro il 2050.
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