Il tema della trasformazione delle aziende e delle industrie spinto dal programma Transizione 4.0 è oggi sotto i riflettori, non solo perché ci troviamo in un momento economico critico ma anche perché permangono incertezze sul futuro. Lo abbiamo visto di recente alla presentazione dello scenario dei dati del mercato digitale in Italia pubblicati da Anitec-Assinform (+5,3% crescita 2021, ma con rallentamento della crescita al +3,6% atteso per il 2022), lo abbiamo sentito trattare da ministri e ministeri nei vari resoconti sull’andamento del Pnrr, lo abbiamo approfondito durante convention come l’appuntamento annuale dii Retelit, tornato in presenza quest’anno, che ha fotografato con chiarezza il contesto in cui le imprese italiane si stanno muovendo. Retelit Hub, tenutosi nelle scorse settimane a Milano, aveva non a caso come titolo “Smart e Connected Enterprise. Soluzioni Ict per l’impresa 4.0: Creare Valore Grazie all’Innovazione”.

Un incontro che si è trasformato in un momento di riflessione sul legame tra tecnologia e innovazione al servizio delle medie e grandi imprese (ambito in cui Retelit si muove dal 1998, guardando a infrastrutture, data center e fibra ottica) che operano in un contesto internazionale critico pronto a “confrontarsi ” (o a schiantarsi?) con l’onda perfetta in arrivo, come spiegato da Marco Magnani, economista e saggista, docente alla Luiss di International e Monetary & Financial Economics, sulla scia dell’analisi di Federico Protto, amministratore delegato di Retelit. 

Federico Protto, amministratore delegato di Retelit
Federico Protto, amministratore delegato di Retelit

“Non stiamo vivendo un momento semplice – esordisce Prottoin un contesto di geopolitica economica che vede combinati una serie di effetti, ultimo la guerra, che ha innescato la crisi delle materie prime, il caro energia, per non trascurare il Covid. Un combinato disposto che sta avendo un effetto importante sul mondo economico e industriale ma che nello stesso tempo ci invita ad esser creativi, a definire nuove misure per rendere il consumo energetico più efficiente, per accelerare le decisioni per guardare alla sostenibilità”.

Ma si sa, la sostenibilità in ambito Ict è un tema a due facce: se da un lato lo smart working ha reso le città più pulite con meno inquinamento, non vanno sottostimati i costi del consumo di energia indotto dall’Ict, dalle infrastrutture, dai data center. “Basti pensare solo alla blockchain dei bitcoin che ha un consumo in termini energetici paragonabile a quello di un Paese quale Austria o Svezia. Se tutto il Web fosse un Paese, sarebbe il quarto Paese più inquinante al mondo dopo Cina, Stati Uniti e India. Andare verso il digitale è una soluzione per ridurre i consumi ma bisogna stare attenti, bisogna analizzare i dati per ottimizzare i consumi energetici e le emissioni di CO2”.

Il modello economico – che si sta spostando da un modello a “possesso” a un modello a “fruizione” – implica un cambio culturale molto forte, che crea nelle aziende modelli diversi di business: non si spinge più il prodotto ma la modalità in cui il prodotto viene fruito. “Tutto sommato la qualità del prodotto è data per acquisita oggi – argomenta Protto -. La società intesa come azienda deve rendere più facile possibile la fruizione dei suoi prodotti trasformati in servizi, attraverso il digitale”. Ma fruire facilmente di un servizio significa attivare piattaforme, interfacce, modalità di pagamento, un mondo complesso, nel quale di inseriscono le nuove tecnologie, dalla blockchain, alla realtà aumentata, alla tecnologia Nft al metaverso.

Si parla di Impresa 4.0 da quasi 10 anni ma l’impianto con Transizione 4.0 è cambiato, non si ragiona più per semplice ammortamento dei beni acquistati, ma in logica di servizi e di servitizzazione. “Le aziende oggi non devono più ragionare collegando le varie fasi dalla produzione alla vendita alla rendicontazione con software tradizionali, ma devono partire dai dati, messi a disposizione da oggetti connessi, resi fruibili per manutenzioni predittive, adattabili alle situazioni dei contesti, grazie alle tecnologie di intelligenza artificiale e machine learning. La modalità “service” rispetto alla modalità “possesso” permette di fare questo cambiamento, perché le aziende possono tracciare il comportamento di chi usa il loro servizio”.

Marco Magnani, economista e saggista, docente LUISS
Marco Magnani, economista e saggista, docente alla Luiss di International Economics e Monetary & Financial Economics

Le considerazioni dell’economista Marco Magnani guardano agli scenari futuri che ci attendono. “Viviamo l’epoca di maggior cambiamenti, la più grande di tutta la storia. C’è paura di esser travolti da questa onda ma anche di cavalcarla perché la transizione digitale crea ansia, continui cambiamenti che per l’impresa significano rischi ma anche opportunità. Negli ultimi 20 anni abbiamo vissuto cambiamenti geopolitici ed economici molto forti (11 settembre, crisi 2008 in Usa, rischio di stagnazione, guerra, climate change, cambiamenti del posto di lavoro, rivisitazione di modelli di impresa) ma si è confermata la teoria darwiniana secondo cui sopravvive non la specie più forte ma quella più capace di adattarsi e gestire il cambiamento”.
Cita grandi aziende che non sono state in grado di trasformarsi, come Kodak collassata perché non ha saputo gestire la rivoluzione portata dalle fotocamere digitali e dagli smartphone o Blockbuster, che arrogantemente ha rifiutato di acquistare un piccolo competitor che stava fallendo, dal nome Netflix. “Gestire il cambiamento è di gran lunga la sfida più grande – precisa Magnani -. L’unico vero vantaggio competitivo di un’ azienda è seguire il modello learn & adapt, imparare e adattarsi”.

Cosa le aziende devono affrontare

Tre grandi ondante stiamo vivendo.
La prima è la deglobalizzazione che dopo 30 anni di vita dorata ha mostrato la sua fragilità durante la pandemia, perché supply chain molto lunghe e lontane dai mercati di produzione sono state inefficienti. “Con la globalizzazione per 30 anni, nel ricercare la massima efficienza indotta dal costo lavoro più basso, abbiamo sacrificato in parte la nostra resilienza”. 43 Paesi sono coinvolti nella produzione dell’iPhone, esemplifica Magnano: se in uno di questi va in guerra si inceppa la produzione. “Abbiamo dimenticato che la globalizzazione va a togliere un po’ di sovranità nazionale ai Paesi. C’è un paradosso, una tensione nella globalizzazione: non possiamo raggiungere la globalizzazione e la sovranità nazionale insieme”.

La seconda ondata è la sostenibilità: l’impresa deve capire che non c’è contraddizione tra crescita del business e sostenibilità perché questa può diventare un vantaggio competitivo. “L’impresa si deve muovere in modo sostenibile in quello che definisco il territorio dell’impresa che include la cura dei clienti, la catena del valore, la capacità di valorizzare il merito e la diversità”.

La terza onda che ci aspetta è la stagflazione, data da alta inflazione e recessione. “E’ un rischio che temo dobbiamo affrontare e penso che sia un rischio elevato. Dei due elementi della stagflazione vedo già galoppante l’inflazione: +8,8% in Usa, +8.1% nella Eurozona, +7,9% in Germania, in Italia +6,9%. Mentre la recessione al momento non c’è ma temo arrivi nei prossimi 18 -24 mesi e dovremo gestirla, anche se oggi manca l’esperienza sia da parte della famiglie sia dei policy maker”.

“Bisogna ragionare il termini di learn & adapt: persone giuste e organizzazione giuste che abbiano la capacità di gestire il cambiamento” conclude l’economista. Uno scenario che non riguarda solo le imprese ma che è bene che le imprese conoscano per adattare i propri comportamenti nel medio e lungo periodo.

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