La presentazione del Rapporto Il Digitale in Italia, negli scorsi giorni a Milano, oltre ai dati di mercato e all’analisi dell’impatto delle tecnologie sulle strategia di imprese (grandi e piccole) e pubblica amministrazione (centrale, locale, sanità) è stata anche momento di confronto sullo stato di avanzamento dei lavori di trasformazione digitale del Paese, molto focalizzati oggi su temi di infrastrutture, connettività e banda larga. Con una particolare attenzione, quella di osservare i dati in una prospettiva più ampia ma operativa, per guidare la trasformazione digitale che impatta processi produttivi, modalità di lavoro, tassi di produttività e crescita.

Carlo Bonomi, presidente di Confindustria
Carlo Bonomi, presidente di Confindustria

Perché se il Rapporto di oggi, alla sua 53esima edizione, contempla numeri e scenari evolutivi ben diversi ogni anno (la sostenibilità ad esempio ha per la prima volta un capitolo dedicato) non può prescindere dall’economia in cui il digitale si innesta. ”Purtroppo i due anni di incertezza legati al Covid ed ora la situazione determinata dall’aggressione russa nei confronti dell’Ucraina, che ha riportato a scenari di guerra fredda che pensavamo di non vivere più, portano Confindustria a stimare per quest’anno una crescita del Pil del +1,9% –  precisa Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, con un’ampia revisione al ribasso (-2,2 punti) rispetto alle stime dello scorso ottobre quando tutti i previsori erano concordi su un +4%. “Serve un approccio che ci permette di spingere la crescita delle nostre imprese – continua -. Il Pnrr deve portare le riforme strutturali che il Paese aspetta da anni. Il digitale non è una commodity, servono soluzioni sempre più specifiche per settori. E così, la parola frontiera si sposta sempre più in là nel vocabolario del mercato digitale”.

Cinque i grandi temi da indirizzare in questo scenario: il Pnrr (1) che vede il digitale trasversale in tutte le missioni, con una forte spinta per innovare PA e Sanità e che è entrato in una fase di esecuzione dei progetti per i quali è richiesta una collaborazione pubblico-privato. Il tema Transizione 4.0 (2) che richiede, dopo 6 anni dalla nascita, nuove scelte per semplificare i crediti di imposta e guardare a tecnologie quali AI, cloud e big data per spingere la trasformazione tecnologica delle aziende. “Le Pmi investono ancora troppo poco in digitale, bisogna ricalibrare il piano Transizione nella direzione di adozione dei digital enabler –precisa Bonomi -. Serve un incentivo per le Pmi che includa anche i servizi di consulenza e di formazione sfruttando la rete dei competence center e degli hub territoriale. Il piano deve evolvere da misura fiscale a misura industriale, con soluzioni di incentivazione a progetto”  e spingere l’adozione di tecnologie innovative come la cybersecurity (3), oggetto di nuovi investimenti, senza che le normative siano di ostacolo ma di stimolo (“La costruzione del mercato unico europeo digitale non deve tradursi in una bulimia regolatoria ma va valorizzata la prossimità ai settori locali” puntualizza).

Il tema dell’integrazione tra transizione digitale ed ecologica (4), che devono procedere di pari passo, allineando i percorsi tecnologici. “Serve una neutralità tecnologica, bisogna riportare in Italia la produzione puntando su nuove tecnologie per il futuro industriale che contrasti l’impoverimento industriale di alcuni territori. Perché non siamo attrattivi per chi vuole creare valore”.

Infine, la mancanza di competenze (5) richiede linee guida per una formazione certificata, che contempli tra i formatori anche i soggetti Ict, con maggiore attenzione agli istituti professionali e all’integrazione pubblico e privato in una strategia di politiche attive sul territorio. “Nei prossimi anni avremo insieme grosse responsabilità, per determinare la crescita e nuove opportunità, rivolte a trovare soluzioni e una nuova politica industriale” precisa Bonomi.

Colao, avanzamenti lavori Pnrr in Italia

Una attenzione all’industria che fa propria il ministro Vittorio Colao, ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale (Mitd). “Bisogna gestire l’incertezza e rassicurare il mondo industriale e il Paese su come uscire dall’incertezza – precisa – e il Pnrr dovrà sostenere e mantenere la crescita nei prossimi anni. Ora dobbiamo focalizzarci sulla nostra capacità di implementazione dei fondi, un passaggio importante per continuare a mantenere la fiducia che ci ha dato l’Europa”.

Presentazione del Rapporto "Il Digitale in Italia 2022" - Vittorio Colao, Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale
Presentazione del Rapporto “Il Digitale in Italia 2022” – Vittorio Colao, Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale 

“Se il professor Giancarlo Capitani, nel commentare i dati del Rapporto, ha parlato di bottino accennando al Pnrr, io credo sia più corretto parlare di tesoro che dovremo dimostrare di sapere usare bene anche nelle condizioni difficili nelle quali ci troviamo – continua il ministro -. Dobbiamo creare fiducia sul mercato interno ma anche europeo. Siamo lavorando bene, rispettando i tempi con 45 traguardi centrati e 24 miliardi di euro della seconda rata in arrivo. Il Pnrr non è solo utilizzo di un tesoro ma anche l’istituzione di un metodo, e il metodo sta funzionando. Per la parte digitale siamo soddisfatti: abbiamo assegnato bandi per la connettività (il 27% delle risorse è dedicato a infrastrutture e servizi) e avremo, a inizio 2027, il 100% delle infrastrutture 5G in fibra, che ci permetterà di portare la banda larga adeguata agli utilizzi in case, scuole, sanità. Lo faremo grazie al partenariato con privati, con 6,7 miliardi di euro erogati dal pubblico e 2,2 miliardi investiti dai privati”.

Tra i passi fatti, l’assegnazione entro il 30 giugno della gara per la realizzazione del Polo Strategico Nazionale per il cloud, aggiudicata da Fastweb-Aruba (“vedremo se il diritto di prelazione sarà esercitato dalla cordata Tim nei prossimi giorni”), con l’obiettivo di aiutare la PA  ad arrivare al 75% di dati in cloud, entro il 2027. “Lo voglio ripetere: i comuni stanno reagendo molto bene, il 77% di loro ha aderito agli avvisi del Pnrr e richiesto i fondi, così come il 60% delle scuole. C’è un Paese che sta chiedendo di modernizzare”.

Tre passaggi rimangono cruciali: la digitalizzazione del servizio pubblico (1), il coinvolgimento dei privati nell’innovazione (2), le competenze (3). Sul primo punto, il lavoro svolto, spinto alla semplificazione dei rapporti con la PA avviata da gennaio 2021, ha portato a raggiungere Kpi importanti sulle modalità di pagamento, sulla diffusione della Spid, sulle piattaforma di notifiche. “Il lavoro di base fatto in questo anno e mezzo è positivo, oggi stiamo lavorando all’architettura di tutti i sistemi che sarà completa entro il 2022, per rendere i dati interoperabili e aiutare l’Italia, ma anche Europa, a metterli insieme in un unico grande dominio”.

Per quanto riguardo il coinvolgimento del privato (2) la strategia è quella di “avere player più grandi di oggi” e favorire le aggregazioni sul fronte infrastrutturale, mentre sul fronte degli applicativi serve intelligenza nelle soluzioni per spingerne l’adozione da parte delle Pmi. Cosi come l’obiettivo degli investimenti in competenze e formazione (3) mira a sfornare nell’arco di 3-4 anni un numero maggiore di laureati in materie tecnico scientifiche con competenze adeguate per competere con l’Europa.

Viola, l’Europa e l’indice Desi

Perché, in ottica europea, l’indice Desi rimane sempre impietoso nei confronti della posizione italiana anche se per il 2022 il nuovo indice non ancora pubblicato riserva delle sorprese, anticipa Roberto Viola, direttore generale di DG Connect (Direzione generale Communication, Networks, Content and Technology) presso la Commissione Europea.  “L’Italia farà un grande recupero sulla connettività 5G e banda fissa, sta scalando la classifica, e il gap pesante sulla digitalizzazione della PA si sta assottigliando. Non è ancora sui valori della media europea ma si sta avvicinando rapidamente, dimostrando come su alcune questioni come quelle dei pagamenti elettronici e del cloud è ben sopra la media europea. Ma purtroppo è ben lontana dai Paesi di testa sul competenze e digitalizzazione delle imprese. I due aspetti sono tra loro legati. Il ritardo più grave sulle competenze: la media dei laureati italiani è molto bassa ed è tre volte più bassa della media europea in materie scientifiche”.

Presentazione del Rapporto "Il Digitale in Italia 2022" - Roberto Viola
Presentazione del Rapporto Il Digitale in Italia 2022 – Roberto Viola, direttore generale di DG Connect (Direzione generale Communication, Networks, Content and Technology) presso la Commissione europea

E aggiunge Viola: “Il governo italiano sta lavorando bene sul fronte del capitale umano ma il piano di rilanci poteva essere più generoso. Parte dei grandi investimenti sulle infrastrutture penso dovrebbe essere dirottato sulla formazione”. La riflessione fatta in Francia sull’autonomia delle scuole di eccellenza può essere di esempio per dare ai politecnici italiani più autonomia, per attrarre capitali privati per la formazione e per creare reti fra istituti di eccellenza italiani ed europei. Rimane aperta anche la questione degli stipendi dei neolaureati, che rimarca un gap forte fra laureati senior e laureati junior,  perché i giovani laureati vengono pagati molto poco in Italia.

Il capitale umano rientra nella strategia europea decennale battezzata Digital Compass 2030 come uno dei 4 pilastri accanto a infrastrutture, digitalizzazione delle imprese, digitalizzazione della PA. Un motivo in più per investire. “L’Europa, con mostra la pandemia e l’Ucraina ha ruolo centrale in equilibrio mondiale – conclude il commissario – anche per il modello che ha saputo esprimere sulle tecnologie, basato su un sistema di regole condiviso invidiato al mondo”.

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