Negli ultimi tre anni sono cambiate le abitudini di scelta e le modalità di acquisto. Ed anche in Italia l’e-commerce ha conosciuto una crescita con percentuali di utilizzo prima non immaginabili. Alla ripresa delle attività “in presenza” non è vero che tutto sia tornato come prima. I consumatori sono sempre più iperconnessi ed il comparto retail, che nel momento dell’emergenza si è industriato per riuscire ad intercettare i bisogni dei clienti online, ora è chiamato ad abbracciare la trasformazione digitale per cercare nuove opportunità di mercato. Ed in questa direzione è già impegnato.
Alcuni numeri, per inquadrare meglio tema e contesto. McKinsey documenta che durante il periodo pandemico l’80% dei clienti ha sperimentato nuove modalità d’acquisto, come ad esempio il “clicca e ritira”, il 70% ha dichiarato di fare acquisti più spesso ed oggi il 34% spende di più rispetto alle persone che fanno acquisti esclusivamente nei negozi.
Nel 2022 il mercato del retail digitale in Italia vale 45 miliardi di euro e crescerà del 15% annuo fino al 2025 (fonte: Statista) ed il 95% dei merchant italiani continuerà gli investimenti per la trasformazione digitale con il 53% ottimista in una crescita del business per il 2022 (fonte: Report Retail 2022 – Adyen con Kpmg). Significa un potenziale incremento del giro d’affari di 184 miliardi di euro per l’intero settore del retail, considerando inoltre che il mercato del retail digitale in Italia (45 miliardi di euro il suo valore oggi) crescerà del 15% annuo fino al 2025. Potenziale, perché per l’engagement dei clienti nei negozi bisogna superare una serie di criticità.
Infatti, solo il 14% dei retailer conosce chi acquista e per conoscere le persone che visitano gli store servono dati e analytics (fonte: Gartner). Un mercato questo che è previsto in continua crescita da qui al 2027 a doppia cifra (+23,6% di crescita annua), per un valore di circa 13 miliardi di dollari (fonte: Research and Markets).
Il modello che può cambiare il paradigma di business per i retailer deve puntare prima di tutto su un’esperienza fluida tra online e offline, personalizzata e in grado di anticipare le esigenze del consumatore che si muove su percorsi “ibridi” ed è sempre interconnesso. L’engagement in questo caso deve puntare alla fidelizzazione del consumatore. Serve generare una relazione emozionale e personale partendo dalle innovazioni tecnologiche come big data, AI e automazione dei processi, fino a poter parlare di customer intimacy possibile attraverso punti di contatto digitali che s’integrano con continuità tra punto vendita fisico e digitale.
Commenta così evidenze e numeri Francesco Soncini Sessa, head of Strategic Alliances e co-founder di Mia-Platform, tech company italiana specializzata nella costruzione di piattaforme e applicazioni che semplificano e accelerano l’erogazione di nuovi prodotti e servizi digitali: “Il ruolo del customer engagement assumerà una valenza sempre maggiore, trasformandosi ]…[. In questo nuovo scenario l’utilizzo di piattaforme per l’integrazione, aggregazione e l’analisi di ogni dato sarà essenziale per i retailer che vogliono evolvere il rapporto e il dialogo con il consumatore creando un’esperienza di acquisto unica e personale”.
Non solo: “La capacità di tracciare in tempo reale merci e beni durante tutto il percorso delle filiera sarà necessaria per realizzare una gestione degli ordini dinamica a supporto della vendita online e del negozio fisico”.
Ecco allora come è possibile mettere a fuoco meglio le sfide. Una prima è ideare un modello di business adeguato alla trasformazione digitale in atto cercando nuovi modi di mettersi in contatto con gli utenti che hanno cambiato le loro abitudini. In questo senso è chiaro che la strategia retail per intercettare un consumatore deve evolvere sempre di più in un’ottica “cross channel“ perché questa tendenza omnicanale è la nuova normalità e sarà sempre più spiccata in futuro e negli Usa viene già denominata “shopping promiscuity”.
I percorsi dei clienti oggi iniziano online, con un’azione di ricerca, ma si concludono ancora molto spesso nel punto vendita. Per questo bisogna puntare a non perdere il contatto con essi lungo tutto il loro customer journey ed assicurare in ogni fase la migliore customer experience possibile. Insieme, bisogna lavorare per fare in modo che la supply chain agevoli la riuscita dei progetti, per esempio nel consentire di garantire la gestione in tempo reale degli ordini tra i diversi canali, logistica automatizzata (e circolare, in relazione ai temi di reso) e pagamenti integrati nei software gestionali. Anche qui i numeri danno l’idea dell’importanza dei problemi: in Italia il 43% dei consumatori ha restituito almeno un prodotto nel corso dell’anno (fonte: Statista) e uno studio Barclaycard ha messo in evidenza come per il 57% degli e-commerce la gestione dei resi abbia avuto un impatto negativo sulle attività quotidiane.
Arriviamo quindi ai trend destinati a rivoluzionare il punto vendita, così come modellizzati da un’indagine compiuta da Espresso Comunication per Mia-Platform sulle principali testate internazionali. Al centro, abbiamo accennato, ci sono i dati (1) e per questo si parla di datafication. Oggi quelli delle retail company sono frammentati in vari sistemi e in diverse infrastrutture locali ma i rivenditori si stanno dotando di piattaforme basate su cloud che consentono l’automazione completa e il loro riutilizzo per analisi, trend e studi.
Per quanto riguarda la continuità dell’esperienza del cliente, per esempio, vedremo crescere le soluzioni di “augmented reality” come possono essere qualificati anche i camerini virtuali (2), per cui è possibile indossare vestiti e accessori direttamente a casa e utilizzare le proprie foto per visualizzare meglio l’aspetto dei capi d’abbigliamento, scarpe, occhiali e orologi.
Vicino a questo approccio anche l’idea di fornire ai clienti informazioni sugli oggetti prima dell’acquisto tramite tecnologie Nfc (3) mentre in fase di post vendite sarà il rivenditore a capire in che modo l’utente interagisce con l’oggetto, anche attraverso la gestione di smartag direttamente dal negozio o dalla sede per garantire l’integrità delle informazioni. Evolverà anche il Customer Engagement Hub, il framework che collega tutti i reparti della filiera del retail per coinvolgere il cliente che verrà implementato con tecnologie cloud e data driven per fornire analisi predittive e trend di vendita (4).
E sempre in prospettiva di favorire una continuità esperienziale, insieme all’efficienza di backend, evolveranno le modalità di pagamento (5) grazie alle soluzioni cloud che permettono l’integrazione dei flussi di pagamento direttamente con il gestionale Erp dell’azienda e il negozio e-commerce. Si guadagna nel controllo delle transazioni, nella precisione sui dati relativi alle abitudini del consumatore e nella possibilità d’accettare forme di pagamento e circuiti fintech evoluti.
A questo punto vediamo collegato quello relativo all’innesco dei meccanismi di logistica circolare (6) che coprano tutto il ciclo vita del prodotto. Dalla raccolta rifiuti alla gestione degli imballaggi, fino alla riduzione del trasporto di un bene, così da tracciare i flussi di merci per una migliore gestione e trasparenza dell’intera filiera.
Arriviamo gli ultimi tre punti. Il primo fa riferimento alla possibilità di “unire” la vendita online e offline trasformando all’occorrenza i negozi in studi per i micro-influencer che offrono visibilità ai prodotti. Una tendenza che potrebbe anticipare quella dello shopping live sui social media portando alla ribalta il ruolo dei “creator commerce” (7). In ultimo i brand cercheranno di personalizzare e verticalizzare l’idea di “negozio” con aperture anche di pochi giorni di temporary boutique, pop up store e negozi monomarca (8).
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