Può la MarTech aiutare le imprese nei processi di internazionalizzazione? La risposta potrebbe essere immediata presentando una qualche soluzione presente sul mercato, ma conviene partire dall’inizio della “storia”.
Conviene fare il punto sui processi di internazionalizzazione, sulle modalità e le tecniche finora adottate, al fine di comprendere in quale momento di tale processo la MarTech può essere di ausilio all’internazionalizzazione. Evitiamo l’errore occorso a tante parole chiave nel mondo del business, le cosiddette “buzzword”, che per un periodo di tempo sono considerate una sorta di panacea e quindi onnipresenti in report, libri, articoli di ricerca e convegni, per poi cadere nell’oblio per la mancanza di cultura nell’adeguare i relativi processi aziendali.
La caratteristica comune di una qualsiasi soluzione di internazionalizzazione è rappresentata dal fatto che è necessario scegliere per ogni mercato obiettivo uno specifico canale di entrata ovvero si deve individuare la modalità per entrare in contatto con la distribuzione locale o i clienti industriali. Si tratta quindi di scegliere fra:
- canale indiretto per cui la produzione rimane nel paese di origine e i prodotti sono esportati mediante imprese nazionali di export, consorzi, società di engineering che eseguono opere all’estero, grandi compratori esteri, imprese estere di import o anche trading company;
- canale diretto per cui la produzione si realizza in più paesi e quindi i prodotti sono collocati sul mercato mediante una propria forza di vendita internazionale, una rete di agenti, una consociata;
- canale concertato per cui l’internazionalizzazione si realizza tramite accordi quali franchising, joint venture, partecipazioni azionarie o licenze.
La scelta del canale di entrata può sembrare in alcuni casi una “semplice” decisione commerciale, un ulteriore nodo del canale di distribuzione, ma in realtà è sempre una decisione di tipo strategico in quanto modifica la struttura aziendale in termini di allocazione delle risorse finanziarie e manageriali, in termini di rischio, in termini anche di perdite di opportunità.
È altresì evidente che per scegliere un canale di entrata su un mercato estero occorrono informazioni che permettano di calibrare al meglio tre fattori: lo sforzo che si intende profondere nel nuovo mercato, le risorse disponibili e gli obiettivi strategici che si perseguono.
La domanda chiave che si pone a questo punto del processo di internazionalizzazione è relativa all’opportunità di concentrarsi su un unico mercato allocando risorse oppure di adottare un approccio meno impegnativo sul singolo paese per poter entrare in una molteplicità di nazioni. La risposta a tale domanda che poi condurrà ad individuare uno o più dei canali di entrata indicati in precedenza richiede un’attenta analisi delle decisioni e quindi un adeguato set di informazioni.
Fin qui le considerazioni che emergono dalla migliore teoria che punta il dito verso un corretto fabbisogno informativo.
Ma come si è sviluppata in modo prevalente l’internazionalizzazione delle imprese italiane? Dove sono state raccolte le necessarie informazioni? In molteplici casi, soprattutto nei distretti industriali, è stato il risultato di comportamenti imitativi verso altre imprese che avevano sperimentato con successo l’ingresso in un paese; per altre imprese l’internazionalizzazione è stata il risultato del più o meno casuale incontro ad una fiera; in altri casi ancora l’ingresso sul mercato estero è stato determinato da comportamenti proattivi di società estere. Tutti metodi euristici che, limitando il discorso ai canali di entrata indiretti, hanno portato il sistema industriale italiano ad avere una significativa presenza sui mercati internazionali, ma concentrata su pochi paesi perlopiù europei (vedi tabella) che oggi con difficoltà si possono considerare mercati esteri.
L’alternativa ai suindicati metodi euristici è rappresentata dal ricorso ai cosiddetti dati secondari. Un primo gruppo di dati secondari sono articoli e pubblicazioni, anche digitali, resi disponibili – di norma gratuitamente – da organizzazioni internazionali e istituti di ricerca e statistica; sono il risultato di un eccellente e minuzioso lavoro di raccolta ed elaborazione di un’ingente mole di dati, ma complessi da rintracciare e, soprattutto, poco utili per il fatto che la loro pubblicazione avviene con tempistiche non compatibili con le attuali dinamiche di mercato (anche 12-18 mesi di ritardo).
Un secondo gruppo di dati secondari sono quelli che le stesse imprese rendono disponibili nelle loro pubblicazioni a partire dal bilancio annuale e, più in generale, vale la considerazione che ormai in rete è disponibile gran parte della conoscenza mondiale.
Il problema è rappresentato da “come” riuscire ad individuare – e in modo tempestivo – le informazioni che sono davvero utili.
Ed è proprio in questa fase del processo di internazionalizzazione che le innovazioni tecnologiche digitali – e in particolare gli algoritmi di intelligenza artificiale – offrono alle imprese nuovi strumenti utili ad orientarsi tra la miriade di informazioni e dati presenti in Internet.
Infatti, l’implementazione di sistemi di intelligenza artificiale, combinati con strumenti di analisi semantica, permettono di fare “scraping” della rete alla ricerca di informazioni pertinenti in modo rapido e con un impiego di risorse limitato. È così possibile scandagliare la rete filtrando solo le informazioni rilevanti ai fini della ricerca desiderata, analizzando e confrontando i dati secondari presenti nel web ed elaborando come output un set di informazioni targetizzate e aggiornate.
Il ricorso a sistemi di intelligenza artificiale per l’analisi dei mercati internazionali non è appannaggio solo delle imprese di maggiori dimensioni che, almeno in linea di principio, dispongono delle necessarie risorse e di specifiche skill tecniche, ma è alla portata anche delle Pmi grazie all’affermarsi di piattaforme su Internet che mettono a disposizione i propri sistemi di intelligenza artificiale.
Un esempio è rappresentato da Explore di Matchplat, una piattaforma per effettuare analisi di mercato automatizzate sfruttando la combinazione di intelligenza artificiale e big data.
Ipotizziamo di essere un imprenditore che intende sviluppare il proprio business nel mondo del legno e arredo in Brasile mediante un canale di entrata indiretto. Di conseguenza sarà interessato a conoscere:
- la pressione competitiva nello specifico paese (ad esempio rappresentata dal numero di operatori);
- il numero e le caratteristiche dei retailer;
- i riferimenti dei potenziali distributori con i quali intrattenere rapporti commerciali.
Utilizzando gli algoritmi d’intelligenza artificiale di Explore è possibile soddisfare tutte e tre le suindicate esigenze. Infatti, quasi in real time e a costi ridottissimi sono state individuate le imprese attive nella distribuzione di arredamento ed è stato possibile comprendere come i principali poli commerciali siano localizzati a San Paolo (41,18%), Curitiba (20,59%), Belo Horizonte (14,71%), Porto Velho (11,76%), Rio de Janeiro (11,76%).
Ovviamente, la piattaforma permette di ottenere anche l’anagrafica completa dei singoli distributori e i relativi siti Internet.
L’esempio è solo una prima applicazione delle enormi potenzialità dell’intelligenza artificiale a supporto dei processi di internazionalizzazione. Per ottenere un analogo risultato si dovrebbe impiegare un monte ore davvero importante senza avere la medesima tranquillità sulla qualità del risultato.
* Autore: Angelo Di Gregorio, professore universitario e direttore scientifico di Criet
Leggi tutti gli approfondimenti della Rubrica Sbarco su MarTech by Criet, MiHub e Inno3
© RIPRODUZIONE RISERVATA