Gli annunci internazionali richiedono sempre una rielaborazione e una messa a terra nei singoli mercati. Perché le strategie decise dalle corporation in occasioni di grandi convention mondiali arrivano dilatate nel tempo nei vari Paesi e non sempre rispondono alle esigenze locali. Un dato che trova conferma anche dall’analisi del giro d’affare che ogni vendor raccoglie in Usa, Emea, nonché nei singoli stati.
E l’Italia fa i conti con le strategie dettate dall’America, con la sua rete di grandi aziende, piccole e medie imprese, partner che stanno abbracciando a ritmi diversi strategie di trasformazione digitale. Un tema di grande interesse anche per la pubblica amministrazione, centrale e locale, che implica maturità, consapevolezza della necessità del cambiamento e richiede competenze specifiche.
E’ il punto di partenza di un’analisi con i manager italiani di Oracle presenti all’Oracle CloudWorld, che si è tenuto a settembre a Las Vegas, con i quali rileggiamo in chiave italiana gli annunci mondiali del Ceo Larry Ellison, dal cloud aperto al mondo applicativo, con l’AI ormai presente nell’intero stack tecnologico. Una strategia che rimarca la trasformazione forte di Oracle da azienda di prodotti ad azienda di servizi, anche se non dimentichiamoci che il database fa ancora la parte del leone nel fatturato dell’azienda.

Il cloud aperto di Larry Ellison
L’apertura di Oracle ad altri cloud è per Andrea Sinopoli, VP e country leader, Cloud Technology, il fulcro degli annunci, nei quali la partnership con Aws completa il trittico degli accordi stretti prima con Microsoft (un anno e mezzo fa) e poi con Google (nei mesi scorsi). Una decisione che rispecchia le esigenze delle aziende anche italiane.

“L’apertura ad altri cloud è un ritorno al futuro della nostra strategia che si poteva già intravvedere anni fa con la decisione di portare il nostro cloud a casa dei clienti – precisa -. In passato il nostro evento mondiale si chiamava Oracle OpenWorld e sottolineava l’apertura verso molteplici sistemi operativi, oggi abbiamo l’esigenza di essere presenti sui cloud dei diversi hyperscaler. E questa apertura ha tracciato in maniera chiarissima la strategia di Oracle nel mercato, anche italiano. La partnership stretta con Aws è un fattore abilitante: i clienti guardano alla possibilità di tenere le tecnologie Oracle Enterprise senza mettere in discussione i processi di trasformazione che hanno già avviato con altri cloud provider. Un approccio che apre scenari di business tre anni fa impensabili, perché allora non avevamo tavoli aperti con Microsoft o Google. Oggi invece amplifichiamo la presenza delle nostre tecnologie sul mercato grazie agli accordi con i tre hyperscaler. Una decisione presa anche per preservare gli investimenti dei clienti italiani sulle tecnologie Oracle. L’open è anche questo”.
Una strategia che permette ad Oracle di amplificare la capacità di delivey dei servizi di Oracle Cloud Infrastructure (Oci) sui cloud dei co-petitor, decisa anche a valle dei feedback dei clienti. “E’ cambiato il contesto del mercato: la co-petition è più importante rispetto al passato, consapevoli che siamo entrati in ritardo nel mercato cloud, ma questo ritardo ci ha permesso di imparare dagli altri e proporre soluzioni migliorative. Oggi l’approccio open risponde a queste esigenze”.
Oracle tra AI e sicurezza
L’attenzione al tema dell’AI e della sicurezza trova riscontro negli annunci in ambito applicativo, dove l’introduzione di Agenti AI ha arricchito l’offerta. “La sicurezza è sempre al centro delle strategie di Oracle legata all’AI – commenta Giovanni Ravasio, VP e country leader Applications -. Abbiamo aggiunto alle 50 feature di AI rilasciate lo scorso anno altri 50 Agenti AI che hanno la capacità di interpretare i dati dei clienti, e che verranno resi disponibili quest’anno in tutti le applicazioni, che riguardano diversi vertical di mercato”.

L’appunto di Mario Nicosia, country leader technology Software, in tema di sicurezza fa di Oracle uno use case. “Mi ha colpito la provocazione di Larry Ellison su come i dati biometrici cambieranno la sicurezza. Entro un anno i dipendenti di Oracle non dovranno più ricordarsi le password per accedere ai sistemi aziendali. Mettiamo in pratica il lavoro che Oracle sta facendo sulla accessibilità delle tecnologie di sicurezza per il mondo enterprise, per favorire lo sblocco di funzionalità attraverso il dato biometrico, che possono riguardare pagamenti, controllo passaporti, accesso a scuola. Credo che i database biometrici potranno essere una vera rivoluzione”.
Dando una lettura anche più estesa al concetto “No human labor, no human error” (robot addestrati non hanno bisogno di un controllo umano) stressato da Ellison durante il keynote: “La sicurezza intrinseca al nostro Autonomous Database è garantita, proprio perché evita errori umani dai quali parte la maggior parte degli attacchi. Le nuove modalità di generazione di codice grazie all’AI evitano le vulnerabilità, cosi come la piattaforma low code semplifica lo sviluppo di applicazioni”.
Oracle, spostamento verso i servizi
A livello Emea la lettura degli annunci da parte di Michele Porcu, VP Business and Value Services & Strategy Emea, evidenzia una maturità dell’azienda costruita negli anni. “Non mi soffermo sul fatto che ci sia il nostro hardware e il nostro Oci nei datacenter di Aws, Microsoft e Google, ma sul percorso fatto. Negli anni abbiamo sempre mantenuto la nostra piattaforma database tecnologicamente aperta. Oggi l’apertura ad altri cloud segue la stessa filosofia. Tuttavia, i tre hyperscaler rimangono competitor su alcuni temi come quello infrastrutturale ma diventano co-petitor su altri temi come quello del rilascio di servizi di database. E’ questa una opportunità in più per il cliente”.

Quello che sta succedendo nella lettura di Porcu è che il cloud ha raggiunto la sua maturità, confermandosi un modello di sourcing potenzialmente vincente. “Il problema è che esistono modelli diversi di adozione del cloud in base alle geografie e ai segmenti di mercato (banche, aziende IT, mondo pubblico e privato, vertical). Per questa ragione la strategia di Oracle è multicloud, distribuita, con la capacità di erogare qualsiasi trasformazione cloud in qualsiasi geografia. Ad esempio il Nord America ha un forte approccio al modello infrastrutturale, l’Europa è attenta al tema del cloud sovrano, i mercati emergenti guardano soluzioni ad hoc realizzate come Alloy. E in tutto questo vediamo un revamping del private cloud. A seconda del contesto di mercato i modelli di adozione sono largamente diversi, e questo indica che il mercato indirizzabile è enorme: il muticloud è un dato di fatto, è uno standard imprescindibile, molto più in Europa che in Nord America”.
Ma l’Europa deve gestire ancora importanti criticità: la scarsezza di competenze, la mancanza di chiarezza negli use case di applicazione dell’AI tradizionale, la mancanza di un tessuto di startup e scaleup che invece prosperano in paesi come Germania, Israele o Cina e, infine, il tema della privacy dei dati perché l’innovazione parte da li. “Gli algoritmi di AI devo essere allenati partendo dai dati, ma come armonizzare in maniera intelligente i diritti delle persone e l’esigenza di una AI etica, in un mutuo scambio?” solleva Porcu toccando il tema della sovranità dei dati.
La Oracle Cloud Region italiana si inserisce nella strategia di capillarità e prossimità di Oracle, perseguita anche con la creazione di cloud nella facility dei clienti e dei partner, con il modello cloud@customer. “In un contesto difficile come quello attuale, con guerre in corso, le soluzioni di Cloud Region dedicate saranno sempre più utilizzate. Ma il tema della sovranità del cloud rimane un tema regolatorio più che geopolitico”.
CloudWorld Tour 2025 tornerà ancora a Milano il prossimo anno, dopo l’edizione del 2024. Sarà una delle 9 tappe europee in programma e l’occasione per capire se gli annunci di Las Vegas hanno attecchito sul mercato locale.
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