La strategia che Ibm sta portando avanti per creare valore competitivo nelle imprese passa oggi da un approccio tecnologico e consulenziale, che si avvale di nuovi modelli di AI e soluzioni. E’ Alessandro La Volpe, amministratore delegato di Ibm da luglio (dopo 28 anni in azienda in vari ruoli in Italia e all’estero), a testimoniare la voglia di adozione dell’AI nelle imprese italiane (mirata alla trasformazione delle stesse), attraverso il riscontro di clienti, partner, consulenti, con i quali Ibm sta portato avanti lo sviluppo di progetti e prototipi. Pur consapevole del punto di partenza e del contesto attuale.
“Guardando lo scenario in cui operiamo tre sono le forze che lo stanno definendo – racconta La Volpe in un confronto agli Ibm Studios di Milano -. Uno è lo scenario geopolitico, caratterizzato da incertezze che impattano politica, economica, gestione delle risorse. La seconda forza è legata al mondo delle tecnologie dirompenti, nel quale l’AI e la AI generativa (GenAI) da un anno e mezzo hanno manifestato la propria prepotenza (non solo negli ambiti applicativi ma anche nel mondo della cybersecurity dando man forte agli attaccanti ma anche alzando le capacità di difesa). Cosi come il quantum computing, una tecnologia che ha visto Ibm aprire il mese scorso il primo data center quantistico in Europa in Germania a ridosso della presentazione del sito analogo in Corea del Sud. La terza forza è la sostenibilità, che impone alle aziende di produrre e adottare regole e strategia a sostegno di un mondo più sostenibile. Un tema che segue ondate alterne di attenzione, ma rimane fondamentale”.
Tre aspetti che si influenzano a vicenda ma che hanno due capisaldi: le competenze necessarie per gestire tecnologie e nuovi processi, e la capacità di adozione che crea nuove opportunità (si dibatte molto di come misurare il vantaggio competitivo generato dalla AI).
“McKinsey stima che l’adozione della GenAI porterà a un aumento di produttività di 90 miliardi di euro di euro in Italia entro il 2030, ma è una crescita che richiede da parte delle aziende la fiducia negli strumenti di GenAI. E questo si può verificare solo se la GenAI è aperta, affidabile, scalabile, con un occhio attento alla variabile costi e all’impatto ambientale”, precisa La Volpe.
Un trend di adozione già avviato: a livello globale, il 45% delle aziende (dalle grandi alle piccole) sta sperimentando la GenAI o l’AI tradizionale, ma solo il 10% ha già portato in produzione il prototipo. “Siamo ancora in una fase di sperimentazione: le barriere di accesso sono crollate ma se le aziende si fermano nel mondo del prototipi senza mai entrare in produzione si bloccano in una palude e non avanzano”.
Perché siamo al 10%? “Nel mondo aziendale ciò che conta è partire dai casi d’uso. Oggi osserviamo casi in ambito dell’automazione dell’IT, del coding, della customer experience, ma ci muoviamo in modo frammentato perché ogni azienda sceglie il proprio ambito”.
Si parte dai dati, fattore abilitante di progetti di AI, ed è qui che si misura il ritardo nel mondo dell’impresa: “Quasi il 100% dei dati pubblici generalistici sono già stati utilizzati per addestrare AI generative. Ma quando entriamo nel mondo aziendale, meno dell’1% dei dati aziendali è stato utilizzato per addestrare algoritmi di tipo generativo. Questa è la barriera: se non viene superata la soglia dell’1%, l’AI generativa non porta nessun vantaggio competitivo. Se si vuole fare sul serio le aziende devono partire utilizzando i propri dati, facendosi le giuste domande su come addestrare e rendere sicura la propria AI”.
Da qui la necessità di avere una piattaforma dati aperta e basata su cloud ibrido, modelli, assistenti, una governance chiara, fino ad arrivare alla realizzazione di Agenti AI che rendano più semplice l’attuazione di casi d’uso. “Quando si passa dalla prototipazione alla realizzazione, analizzare l’impatto dei costi è fondamentale e questo aspetto è parte di un algoritmo su cui lavoriamo per le aziende”.
Ibm, annunci tecnologici in tema AI
Due gli annunci importanti in casa Ibm rilasciati il 21 ottobre. La terza generazione di modelli linguistici Granite (1) ad alte prestazioni, addestrati per eleminare i bias, per consentire la protezione rispetto al potenziale rischio di violazione di terze parti. “In linea con l’impegno dell’azienda nei confronti dell’AI open source, i modelli aperti Granite 3.0 sono aperti, girano su una architettura ibrida, consumano poche risorse perché lavorano dove la latenza è bassa, al limitare della rete portando la GenAI nell’edge, o all’interno di cloud pubblici o privati. Un approccio al cloud ibrido che arriva dall’acquisizione di Red Hat di 5 anni fa”.
E la nuova famiglia di Watsonx Assistant (2) per costruire assistenti AI per diverse attività come rispondere alle domande di routine dei clienti o dei dipendenti, modernizzare i mainframe e applicazioni IT legacy, fornire assistenza digitale (Watsonx Code Assistant, Watsonx Assistant, Concert) che lavorano molto in ambito customer esperience (“Il progetto realizzato per Wind3 ha aumentato di 10 volte la capacità di risposta alle richieste dei clienti grazie ai nostri assistenti” precisa La Volpe).
Infine il rilascio degli Agenti AI, “la nuova frontiera nel mondo applicativo, che ragiona in funzione dell’addestramento del modello, sui singoli task, aiutando le imprese a focalizzarsi sui risultati” precisa La Volpe (Watson AI e Watson Orchestrate che aiuta le aziende a creare i propri assistenti tramite strumenti e automazione low-code).
“I nuovi modelli sono aperti, e questo è uno dei fattori che contraddistingue il nostro posizionamento sul mercato rispetto ai competitor – precisa Tiziana Tornaghi, general manager Ibm Consulting Italia, una consulting che essendo interna a Ibm gode di un punto di osservazione unico su laboratori e centri di ricerca -. Siamo 160mila consulenti in tutto il mondo e abbiamo la possibilità di lavorare in un contesto di ecosistema, non ultimo le ricerche interne che ci danno il polso della situazione vista da 7mila Ceo al mondo“.
La piattaforma per i progetti
Se l’ascolto con i clienti rimane la base dei progetti, la sfida è generare opportunità da cloud ibrido e AI per ridurre lo svantaggio competitivo attuale delle aziende italiane. “I nostri consulenti esperti di processi devono sapere usare gli strumenti di AI e questo tocca un tema di accesso diretto alla nostra tecnologia. Quello che abbiamo fatto è stato creare la Ibm Consulting Advantage Platform messa a disposizione dei consulenti Ibm, addestrata con dati proprietari Ibm, basata su Watsonx, ma aperta ad esempio agli ambienti Microsoft o Aws. Una piattaforma che ridefinisce la modalità di fare consulenza grazie all’AI generativa, basata sulla tecnologia Ibm Watsonx e un ecosistema di soluzioni”.
La piattaforma – operativa da luglio 2024 – è multimodello, contiene Agenti AI, applicazioni, metodi e framework, e permette a Ibm di co-creare con clienti e partner, a partire dai due distributori, Td Synnex e Computer Gross, che ha dato vita a un centro di competenza per condividere con i propri rivenditori le competenze acquisite.
La barriere più alte all’ingresso rimangono in ogni caso le competenze AI, che hanno portato Ibm a realizzare un programma di change management, adottato da Ibm stessa e poi portato ai clienti. “Il modo più efficace per fare change management è co-creare soluzioni di industria che portino vantaggio alle soluzioni dei clienti e che implichino una ridefinizione delle professioni. Esiste sempre una barriera di fondo, una domanda diffusa: Quali implicazioni avrà l’AI? Si sostituirà alle persone? Farà progredire? La sfida che abbiamo oggi è proprio quella di lavorare insieme per comprendere come i processi possano essere efficientati e migliorati e cosa questi significhi per i team che lavorano sui processi”.
“Il percorso di trasformazione di Ibm richiede forte commitment top down, poi adozione bottom up – incalza La Volpe -. Queste due forze devono esistere insieme perché AI distrugge i processi decisionali tradizionali e serve convincere miglia di dipendenti che devono cambiare”.
Ibm consulente di se stessa
Con questa finalità è stata fatta una chiamata a tutti i dipendenti di Ibm per partecipare alla competizione interna Watsonx Challenge, durata una settimana: i dipendenti si sono sfidati in squadre di 4-5 persone nella realizzazione di un mini prototipo (presentato in un video di 60 secondi) che poteva riguardare casi d’uso diversi, ad esempio come migliorare un processo interno, un’attività di un cliente, o rispondere a una sollecitazione dal mercato. “178mila persone hanno partecipato ai diversi gruppi, con il vero obiettivo di coinvolgere tutto il team e conquistare i dipendenti: lavorare insieme facilita l’adozione delle tecnologie. Dal 2023 abbiamo avuto un’ottimizzazione di produttività interna di 2miliardi di dollari grazie all’utilizzo di strumenti di GenAI. Noi siamo il cliente zero di tutto ciò che portiamo fuori”.
Secondo Tornaghi nelle media aziende c’è più interesse e curiosità verso l’AI, approcciate attraverso una metodologia che prevede un framework per impostare il lavoro consulenziale, che parte dall’assesment, dalla mappatura dell’esistente (dati, complessità tecnologica, maturità della governance, etica, persone) per poi ridisegnare il percorso. “La Ibm Consulting Advantage Platform viene utilizzata per la delivery interna e poi per portare valore verso l’esterno. Scelto il modello, selezioniamo l’assistente che ci aiuta nell’attività e la nostra Garage Experience è uno dei metodi utilizzati per la delivery dei progetti” puntualizza Tornaghi.
Secondo McKinsey – se in Italia il mercato legato all’AI e all’AI generativa può valere 90 miliardi di euro al 2030 – a livello mondiale la stima è di 4.400 miliardi di dollari. “Sarebbe grave non cogliere questa opportunità”, conclude La Volpe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA