Apre il primo evento di InterSystems, dedicato ai professionisti della sanità digitale in Italia, Nico Bondi, country manager della multinazionale che sta portando avanti una strategia mirata alla trasformazione della sanità digitale anche nel nostro Paese. Forte di un’esperienza internazionale e in particolar modo statunitense.
Davanti a un parterre di tutto rispetto – 200 gli ospiti in plenaria per il convegno Unifying Healthcare: Managing Data in the AI Era – Bondi delimita subito il campo di azione: la gestione dei dati. “La sanità ha vissuto nei secoli una serie di cambiamenti forti marcati dall’introduzione della tecnologia – esordisce Bondi –. Nell’800 la diagnostica per immagini, nel ‘900 prima gli antibiotici poi i vaccini. Noi oggi siamo al punto che gli elementi cruciali introdotti nel mondo della sanità sono i dati, spesso difficili da gestire e non omogenei. La domanda viene quasi scontata. Come ottimizzare il valore dei dati nell’era della sanità impattata dall’intelligenza artificiale? Perché è ormai chiaro a tutti che l’AI è un abilitatore e il 30% dell’intera mole di dati a livello mondiale è generato dal settore sanitario, con il tasso di crescita più alto”.
Le 3R di InterSystems
L’esplosione dei dati in sanità impone una strategia di navigazione che, secondo Bondi, segue la strategia delle tre R: Results, Readiness, Regulation. Si spiega.
“Per quanto riguarda i risultati, l’AI non sostituirà i medici, ma i medici che utilizzano l’AI rimpiazzeranno quelli che non la usano”. Perché le macchine supereranno le facoltà mediche e l’adozione dell’AI garantirà un risparmio di oltre 382 miliardi di dollari a livello mondale perché ottimizzerà i flussi operativi (fonte: IDC Worldwide Healthcare Industry 2025 Predictions). Ma secondo Gartner, solo il 5% delle organizzazioni sanitarie ritiene che i propri dati siano pronti per l’intelligenza artificiale. “Senza iniziative di intelligenza artificiale complete e di qualità non riusciranno a produrre i giusti risultati”. Da qui le previsioni dell’impatto dell’AI, con diversa gittata.
Nel breve termine, 2024-2026, beneficeranno dell’AI sia gli ambiti assistenziali (diagnostica, medicina personalizzata, gestione della filiera di sviluppo dei nuovi farmaci) sia l’efficienza a livello amministrativo (AI per interagire con il paziente). Rivelandosi uno strumento cardine per il rilevamento delle anomalie (fatturazione, incongruenze sistemi di pagamento, pubblico e privato).
Nel medio termine, 2025-2029, l’AI impatterà su chirurgia di precisione, telemedicina, grazie a analytics e analisi dei dati più efficaci. Definirà anche le strategie della sanità e la capacità di allocare le risorse. “Oggi la sanità soffre la mancanza cronica di professionisti (infermieri, medici, farmacisti, radiologi) – precisa Bondi -: la capacità di fare un’allocazione più efficiente delle poche risorse che abbiamo è sicuramente un tema che potrà essere snellito dall’AI, accanto all’impegno nel ricominciare a formare nuovi profili. L’AI permetterà anche di monitorare e analizzare le performance, sempre partendo dai dati”.
Se andiamo sul lungo periodo, 2029 e oltre, l’AI porterà a una vera e propria trasformazione della forza lavoro in sanità. “Immaginiamo di lavorare sul mondo della AI generale, con insight e analisi approfondita dei dati che supportino decisioni anche in ambito clinico – precisa -. Questo impatto porterà a quella che noi definiamo Unified Care, cioè la gestione di un sistema sanitario più olistico, dove il paziente è gestito in modo unificato da una intelligenza che parte dai dati”.
Per essere invece pronti – la seconda R di Readiness – si rendono necessari una serie di decisioni da prendere e investimenti in tecnologia (sul modello di cloud da adottare, sulla modalità di raccolta consistente dei dati, sulla collaborazione tra discipline) il tutto da indirizzare anche sul piano regolatorio, con standard internazionali, data privacy, etica – la terza R di Regulation. “Ma è etico applicare l’AI sui dati sanitari? Se l’AI sa tutto di un paziente che uso ne farà la sanità di quei dati? Ne farà un uso lecito legato al benessere della persona o lo userà per finalità commerciali? Il trade-off tra i due aspetti è difficile”.
Una visione di insieme
E qui entra in gioco il ruolo di InterSystems che si pone con le proprie tecnologie come abilitatore della trasformazione della sanità. “Prima di tutto vogliamo fornire soluzioni che abbiano già a bordo l’AI, per innescare quel processo di adozione che richiederà tempo, che porta con sé una grande attività di change management. In secondo luogo confermiamo la missione impressa dal fondatore 40 anni fa, relativa alla disponibilità di soluzioni per data management e interoperabilità. Infine, siamo consapevoli che per una trasformazione profonda della sanità si debba procedere con partnership solide, perché la soluzione non può arrivare da una sola azienda”:
Solo così oltre all’innovazione tecnologica, si potranno mettere sul piatto le pratiche per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi sanitari. “Rimangono pilastri della nostra strategia valore dei dati, interoperabilità tra i sistemi e l’intelligenza artificiale per ottimizzare i processi e garantire cure più efficaci e personalizzate”.
Le criticità
Fa una analisi puntuale delle criticità da affrontare Luca Foresti, Founder di First Principles, per 14 anni amministratore delegato della clinica Sant’Agostino, che conferma anche in sanità una serie di trend tipici del mondo digital: la legge di Moore (in vigore da 127 anni) legata al raddoppio ogni 18 mesi della capacità computazione, la pervasività di Internet dagli anni ’90 che ha reso divulgabili i dati, e l’avvento più recente del cloud che ha permesso quasi un azzeramento dei costi per la nascita di startup. Per arrivare infine all’era dell’intelligenza artificiale, e in particolar modo di quella generativa.
“Il nostro mondo è fatto di processi, inquadrati in una scala di ambiguità. Ma le ambiguità cambiano nel tempo a causa della tecnologia – spiega -. Man mano che la tecnologia va avanti gli spazi di ambiguità si riducono e l’AI è la chiusura degli spazi di ambiguità. Possiamo così rifare tutti i processi non ambigui con 4 strumenti: la sensoristica (1) riempiendo il mondo di sensori da cui raccogliamo informazioni, l’elaborazione dei dati (2) che arrivano dai sensori con intelligenza umana o artificiale, la robotica (3) e, infine, la capacità di far parlare sensori, robotica e intelligenza attraverso con un unico linguaggio (4). Quello che ci dobbiamo aspettare è che sempre più processi della nostra vista verranno sostituiti da un mix di intelligenza, sensori e robotica”.
Verranno sostituiti quei processi per cui l’investimento necessario sarà compatibile con il risparmio generato. All’interno di questo modello cosa accadrà nel mondo della sanità con l’AI?
Sono 4 le aree che vengono toccate dove i processi verranno sostituiti da processi automatizzati, sostiene Foresti: la prima è l’area customer care, cioè un’area non clinica, che verrà sostituita da sistemi automatizzati che danno documentazione chiara al medico e al paziente, in grado di ricostruire tutto quello che è successo nel percorso personale (“Questo risolve il problema dell’altissimo turn over nei call center dove operatori diversi non sanno lo storico del paziente”). Il secondo impatto dell’AI sarà sulle diagnosi, dal momento che si è visto che “sistemi di AI dotati di sufficienti informazioni sui pazienti performano meglio dei medici e questo boost dà all’AI una alta capacità di diagnosi”.
La terza area è quella dell’imaging. I sistemi come elettrocardiogramma o mammografia avranno algoritmi che dalle immagini saranno in grado di produrre un referto, inizialmente firmato da un radiologo, ma successivamente dall’AI stessa – una volta stabilita la validità della firma dell’AI anche dal punto di vista legale. “Questo già succede nei laboratori di analisi del sangue, dove i sistemi hanno una elevata e precisa capacità di lettura, per far firmare i referti al direttore sanitario che interviene solo laddove l’AI gli segnala una anomalia”.
Ma in quanto tempo la sanità adotterà l’automazione? Arriviamo alla quarta sfera. “Non ho risposte certe – conclude Foresti -, la mia scommessa è che questi cambiamenti avverranno entro 10 anni, un’ipotesi ragionevole data l’evoluzione nel mondo dell’AI. Sono tecnologie di automazione che fra 4-5 anni saranno pronte per essere utilizzate in modo diffuso, poi ci sarà un tema di formazione, resistenza al cambiamento”.
Da valutare anche il grado di preparazione della sanità italiana in termini di interoperabilità dei dati, con l’arrivo di marketplace con alto valore economico dove i dati sanitari saranno di interesse anche di case farmaceutiche che vogliono allenare le loro intelligenze.
HealthShare, il mondo di Intersystems
La risposta a queste problematiche complesse è la famiglia HealthShare di data integration di InterSystems, scalabile e sicura, basata sulla piattaforma database Iris for Health. “Garantisce un alto livello di sincronizzazione e scalabilità sia orizzontale che verticale, con sicurezza by design” precisa Francois Le Floch, Principal Solutions Engineer Healthcare di InterSystems. Gli aspetti di interoperabilità sono garantiti da un Enterprise Service Bus ad alte prestazioni, disegnato appositamente per la Sanità il quale, attraverso uno sviluppo low code-no code, garantisce alta interoperabilità grazie all’adozione di un’ampia gamma di linguaggi (SQL, C++ Java) e diverse connettività (Tcp, Ftp, Http… ), librarie e standard internazionali. “Il nostro obiettivo è unificare i dati in un sistema di “fascicolo condiviso” (HealthShare) che sia in grado di sostenere la trasformazione verso una data platform facilmente utilizzabile a tal punto da rendere disponibili dati sanitari compositi chepermettono diversi scenari di analytics e population management a livello territoriale”. Le referenze in termini di data consolidation e sistemi regionali annoverano in Italia Regione Lombardia e Regione Veneto, mentre negli Usa Healthix, che mette in connessione 113 milioni di pazienti in 11 stati.
“Oggi la piattaforma permette di trasformare l’assistenza ai pazienti grazie alle nuove funzionalità di intelligenza artificiale di HealthShare, supportando i medici con approfondimenti provenienti dalle cartelle cliniche dei singoli pazienti e da dati sanitari più ampi sulla popolazione – precisa Alex MacLeod, direttore dell’Innovazione delle Soluzioni Sanitarie. – Questi strumenti aiutano a identificare i fattori di rischio e a migliorare il processo decisionale presso il punto di cura, con risposte in tempo reale a problemi dei clienti”.
La capacità di risolvere problemi da ogni dove, rispondere a messaggi in tempo reale, trova un caso pratico di utilizzo nello stato del Massachusetts, dove la piattaforma gestisce i dati di 5 ospedali, 80 specialità mediche, più di 13mila dipendenti, con 700 tecnici, parte di una communita compressiva di 850 profili. “Per la gestione del triage abbiamo creato modelli per affrontare le urgenze e la presa in carico del paziente. Abbiamo creato 5 modelli linguistici, con il 90% di accuratezza che aiuta le persone del triage ad accelerare la governance dei processi, gestire i falsi positivi, definire i ruoli, separando tutto quello che non è urgente da quello che lo è. Un copilot che lavora insieme al medico, trascrivendo i suoi appunti e il diario della giornata”.
Uno sguardo al mercato
In Italia, l’attenzione sul tema c’è. “I principali progetti di digitalizzazione delle aziende ospedaliere e delle Asl ci dicono che c’è già un livello di interoperabilità avanzata per la parte tecnologica, meno per quella organizzativa e semantica”, puntualizza Annamaria Di Ruscio, amministratrice delegata di NetConsulting cube, segnalando un panorama molto effervescente anche se i progetti di interoperabilità registrano un gap tra sanità pubblica e privata. “Per quest’ultima le progettualità sono già avviate, mentre la pubblica è in ritardo, con progetti pianificati nel biennio ’24-’25”.
Si parla progetti di cybersecurity dove le azioni di messa in sicurezza dei dati sono partite per far fronte al crescente numero di attacchi rivolti alla sanità. Di telemedicina (“grande favorita delle progettualità future”). Di AI dove le criticità relative all’uso del dato, se pur anonimizzato, in termini di privacy, rallentano le progettualità in ambito di ricerca, mentre sono già pianificate numerose attività per tutto ciò che concerne l’efficientamento delle pratiche cliniche e amministrative. Di interoperabilità tecnologica (“fattore fondante e abilitante di tutti gli altri step”) con progettualità già avviate e consolidate, con un crescendo nei prossimi anni relativamente a interoperabilità sintattica, semantica e organizzativa. Di cloud, con una attenzione al cloud applicativo, essendo quello infrastrutturale già avviato nei piani dei CIO, con applicazioni cloud native capaci di sfruttare appieno le potenzialità di questa tecnologia. Di ingegneria clinica per integrare i dati che arrivano dai dispositivi medici e dall’imaging all’interno di una strategia aziendale di data governance. In futuro l’accento sarà sulla parte di robotica.
“Nel biennio 2024-2025, si concretizzano i progetti di interoperabilità tecnologica, ossia l’integrazione dati da tutti gli apparati e l’adozione di un clinical decision support system, un insieme di sistemi informatici che, utilizzando i big data, permettono ai medici di selezionare le terapie più adatte al paziente, scegliendo un grado di personalizzazione mirata – continua Di Ruscio -. Essi mettono i sanitari nella condizione di erogare ai pazienti terapie su misura, di estrema precisione, grazie alle preziose informazioni raccolte in ambito clinico. E’ in questa direzione che secondo noi deve andare il sistema sanitario nazionale: nella definizione di percorsi personalizzati, rendendo più efficiente tutto il patient journey”.
Ma non è facile l’implementazione dei progetti di interoperabilità, che richiede una governance solida per condividere e concordare contenuti, processi e metodologie. Nonostante le difficoltà, i benefici ottenuti includono una maggiore velocità di implementazione, flessibilità dei sistemi e una visione trasversale dei dati, che supporta la programmazione e le decisioni mediche.
L’altro cambiamento importante che il mercato sanitario sta vivendo è l’evoluzione digitale del Sistema Informativo Ospedaliero (SIO) che si sta aggiornando rapidamente per migliorare l’esperienza sia dei clinici che dei pazienti. “Anche in questo contesto le nuove tecnologie stanno trasformando il settore, con un focus sull’intelligenza artificiale e sull’automazione come strumenti chiave per aumentare l’efficienza operativa e la qualità delle cure – precisa Silvia Piai, Research director, IDC Health Insights, sottolineando come i SIO di nuova generazione possano supportare una sanità sempre più integrata e reattiva alle esigenze future.
“Immaginare l’evoluzione del SIO da un punto di vista tecnologico può essere un esercizio di chiaroveggenza ma se guardiamo ai bisogni delle aziende sanitarie e ospedaliere possiamo già vedere alcuni elementi che caratterizzeranno il SIO del futuro.
La cartella clinica elettronica rimane il primo investimento, con tre obiettivi fondamentali ben chiari. Il primo è migliorare la relazione con il paziente, modernizzando l’esperienza della persona e rendendo più fluida l’interazione con la struttura sanitaria. Il secondo obiettivo è supportare il workflow clinico attraverso strumenti avanzati che favoriscano il supporto decisionale, la documentazione e la collaborazione tra professionisti, promuovendo un approccio multidisciplinare e garantendo una documentazione utile e rapida ai medici. Infine, l’integrazione operativa dei sistemi informatici ospedalieri lungo l’intera supply chain punta a migliorare l’efficienza, assicurando al contempo un’esperienza di lavoro più idonea alle esigenze del personale sanitario. L’efficienza operativa è la priorità assoluta. Si tratta di riallocare delle risorse per far fronte a questa domande”.
Per questo il focus delle strategie AI dell’AI, al di là dell’automazione, si concentra sulla riprogettazione del percorso dei pazienti, dei workflow clinici, che richiede di un maggior allineamento con gli tra investimenti digitali e obiettivi strategici. La misurazione del successo di tali progetti per tanto non passa solo da KPI tecnici ma anche di efficienza operativa. “Parliamo di creare un nuovo dialogo tra gli end user (pazienti, medici, infermieri) e i dati – continua Piai -. Questo l’obiettivo, abilitare una nuova relazione con le informazioni. Attualmente, l’80% delle aziende sanitarie sta investendo in AI con diversi gradi di maturità e focalizzando su diversi tipologie :26% in AI predittiva, 44% in AI interpretativa, e il 30% in AI generativa. Questi investimenti sono sono guidati dai casi d’uso che principalmente si concentrano su analisi dettagliate e previsioni relative ai pazienti, oltre che sul miglioramento dei processi di documentazione e il supporto alle decisioni cliniche, ovvero su funzionalità centrali per i sistemi informativi ospedalieri. Ma non tutte le ciambelle escono con il buco, non tutti i Poc si traducono in progetti. Il tasso di conversione dei Poc e poco superiore al 14%. I principali ostacoli per il successo dei progetti: costo degli applicativi, degli investimenti in infrastrutture, competenze e compliance di sicurezza”.
Chi invece ce l’ha fatta ha creato al proprio interno un board per la governance dei progetti (37%) o per la gestione di modelli di AI (27%). Stabilire linee guida unificate per la gestione dei dati, dei modelli interni e di quelli di terze parti, adottando strumenti efficaci per monitorarne l’applicazione e l’integrazione con sistemi complessi, come quelli logistici o amministrativi, è fondamentale per garantire risorse adeguate a costi sostenibili. Questo approccio consente di raggiungere gli obiettivi strategici delle aziende, governando la trasformazione dei modelli di lavoro, dei rapporti con i pazienti e della collaborazione nell’ecosistema sanitario.
“L’AI è una leva strategica nel sistema informativo ospedaliero del futuro, ma richiede una solida governance e una valutazione completa di dati, infrastrutture e architettura aziendale”, conclude Piai.
Rispondono a queste richieste le nuove funzionalità di InterSystems IRIS for Health, “unico punto in cui si integrano tutte le sfide sanitarie”, riassume Jeffrey Fried, director of Platform Strategy & Innovation di InterSystems.
“Siamo consapevoli che serva creare una community molto forte attorno alla piattaforma – precisa Alessandro Adamo, head of Marketing and Communication, InterSystems Italia – perché come tutte le tecnologie dirompenti non è solo questione di tecnologia ma di persone, e le persone che sviluppano sono nel nostro caso al centro”.
“Ci sono comunità diverse nel nostro mondo – puntualizza Dean Andrews, head of Developer Relations, InterSystems -. Comunità che lavorano sui contenuti ma altre che lavorano sullo sviluppo di applicazioni. Abbiamo il portale di Open Exchange Gallery che racchiude numerose applicazioni open source alle quali gli sviluppatori possono ispirarsi”. Inoltre l’InterSystems Developer Hub è un luogo virtuale dove sono a disposizione della community articoli, sessioni di Q&A, video e demo, oltre che best practice per ispirarsi. Ad oggi sono 20mila gli sviluppatori di Intersystems a livello mondiale, con sei comunità regionali che seguono un programma di formazione e relative certificazioni. Lo sviluppo del primo Italian Developer Community Meetup italiano – avviato proprio durante il convegno – rimarca uno degli obiettivi per il 2025.
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