Non mi ha mai affascinato, eppure ogni volta che una convention internazionale mi porta a Las Vegas mi incuriosisce trovarla cambiata di anno in anno e percepire quanto per il settore Tech sia una città sempre più attrattiva. Per molti.
In tanti affermano che la Sin City per antonomasia stia diventando la nuova Silicon City, dove aziende decidono di aprire filiali e dove i più importanti vendor IT radunano partner e dipendenti da tutto il mondo per le convention mondiali. Ultima tra tutte il Dell Technologies World (a cui abbiamo partecipato la scorsa settimana), ma poco prima era il turno di IBM Think Conference 2018, che precede HPE Discover 2018 a giugno e Microsoft Inspire a luglio. Per non parlare del Consumer Electronics Show che brinda al nuovo anno, ai primi di gennaio.
Ma perché Silicon City? Il punto di partenza un investimento di 350 milioni di dollari nel 2012 fatto dal ceo di Zappos, Tony Hsieh, nel rivitalizzare il downtown per trasformarlo “nella capitale del colearning e del coworking”. Una mossa che aveva posizionato Las Vegas sulla mappa delle zone più intriganti per le startup americane, arrivando ad essere definita la quinta città più competitiva nel ranker di Kauffman Foundation, un’organizzazione che supporta formazione e imprenditorialità. Volàno, oltre l’investimento iniziale, anche le minori tasse, gli ampi spazi per sviluppi commerciali, il basso costo di vita per gli startupper, divertimento per i clienti e accesso alle più importanti conferenze globali del settore.
Ma Las Vegas, giovane da questo punto di vista ha subìto alti e bassi già nei pochi anni a seguire man mano i fondi di Zappos si affievolivano, ma ha avuto la caparbietà di insistere.
Su due fronti.
Se downtown sta lavorando per diventare un Innovation District, testando tecnologie nel campo di energie alternative, partecipazione dei cittadini, trasporti e infrastrutture sociali, lavorando con aziende quali Cisco, Hitachi, Numina, Motionloft (sensori ambientali, di traffico, veicoli a guida autonoma, shuttle elettrico su rotaie) non sono da meno due aree fuori Las Vegas, nel deserto del Nevada a mezz’ora dalla città.
La zona di Summerlin e lo Switch Innevation Center (nome che gioca su Innovation e Nevada), donato alla comunità dal ceo di Switch, Rob Roy, per aiutare le generazioni future a crescere: tech company emergenti, sviluppatori, educatori, investitori, universitari collaborano per portare avanti il parco tecnologico che conta più di 70 aziende, tra cui anche gli uffici di Intel e Nutanix, a tal punto che ancora oggi Kauffman posiziona Las Vegas come la migliore città per le startup (vedi grafico a piè di pagina), facendo leva sulla sua innata velocità al cambiamento, per imprenditori, talenti locali e accesso al capitale.
E aggiungo, ultimo tassello non da meno, l’impegno dello stato: l’ufficio dello sviluppo economico del Nevada sta lavorando con diversi paesi stranieri, tra cui Spagna, Irlanda, Australia e Paesi Bassi per reclutare aziende nazionali pronte per fare il salto verso il mercato internazionale. Stesso intento della delegazione delle 40 startup italiane volate al Consumer Electronics Show a gennaio, per farsi conoscere, valutare, acquisire, internazionalizzare. Se nel 2012 solo 4 startup nate a Las Vegas erano state acquisite da grandi aziende, nel 2016 questo numero era cresciuto a 20 (fonte Cruchbase). E per i prossimi 3 anni – complici privati, amministrazione, Innevation Center – si stimano 10.000 posti vacanti per progetti innovativi in una città che si attesta come la numero uno per convention (22.000 solo nel 2017) con 43 milioni di turisti l’anno.
Las Vegas punta a fare concorrenza alla Silicon Valley, diamante in una California che – stando agli ultimi dati del Dipartimento del Commercio Usa – è la quinta economia più grande al mondo, con i suoi 40 milioni di abitanti e un Pil nel 2017 di 2.747 miliardi di dollari (superiore ai 2.625 miliardi di dollari del Regno Unito). Intanto in Italia si litiga.
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