Nulla sarà più come prima. Se ne sono accorte le aziende in questi anni. Nei diversi ambiti, quelle più riottose al cambiamento hanno perso terreno, alcune sono scomparse, anche in pochissimo tempo, altre si sono dovute trasformare o lo stanno facendo.
I modelli di consumo As a Service, la disponibilità di connettività ovunque e in mobilità, la possibilità di accedere a risorse di calcolo importanti, in poco tempo, insieme alla disponibilità diffusa di informazioni (e alle idee) offrono però anche la possibilità di sviluppare nuovi modelli di business in velocità. Questi sono elementi che sollecitano la trasformazione e allo stesso tempo la rendono possibile. Persino in business consolidati.
Il caso di Toyota è emblematico. Conosciuta soprattutto come produttore di veicoli oggi vive come i suoi competitor la crisi dell’industria automobilistica: anche la mobilità è diventata un servizio, e anche nel mercato delle auto l'”esperienza e il semplice uso” prevalgono sul “possesso”.
Tutto il comparto automotive, non solo nelle smart city del futuro, sarà trasformato. Ruote e meccanica oggi rappresentano solo una delle componenti rispetto alle decine di sistemi digitali di dialogo con “l’ambiente esterno”. Per cui il tempo del trasporto diventerà tempo da sfruttare e disponibile alla fruizione di diverse esperienze e l’auto sarà…Un’altra cosa.
Da qui l’impegno di Toyota in un ambito fino ad oggi non certo “core” e cioè la progettazione di una vera e propria smart city, denominata Woven City, presentata in occasione di Ces 2020 a Las Vegas, ma immaginata da realizzare, quasi simbolicamente, su un’area che prima ospitava una fabbrica di automobili (Susono), per 2.000 abitanti iniziali. Toyota pensa di popolarla con le famiglie di propri dipendenti che a partire dal 2021 non solo potranno vivere un’esperienza reale di guida dei veicoli del futuro, ma anche esperire nuove soluzioni di robotica e abitare case e quartieri governati dalla domotica e dall’AI su circa 700mila metri quadrati di superficie. Una città letteralmente “tessuta” (è la traduzione letterale di Woven) con e dalla tecnologia.
L’obiettivo dell’idea è ben espresso dal presidente di Toyota Motor Corporation, Akio Toyoda: “Abbiamo progettato e costruiamo una città dal nulla, pur in scala ridotta, in cui sviluppare e testare direttamente sul campo le tecnologie del futuro. Una città con un suo proprio sistema operativo digitale”. Verrebbe da pensare di essere ben oltre l’idea di una smart city, ma con un enorme vantaggio, non concesso in verità nel “mondo reale” e cioè quello di poter partire da zero, di non dovere adattare nulla.
Infatti, proprio nascendo dal nulla, Woven City avrà da subito edifici, veicoli e persone collegati tra loro, attraverso sensori. Protagonisti saranno i sistemi di AI. Le strade utilizzeranno ovviamente veicoli autonomi Toyota, ma saranno utilizzabili anche altri sistemi di mobilità per gli spostamenti brevi (inizialmente sempre Toyota), nelle vie minori, con l’unico vincolo della sostenibilità ambientale per cui si dovrà trattare di mezzi ad emissioni zero.
Il gigante giapponese però non farà tutto da solo. Anche per i criteri di progettazione – affidata all’architetto danese Bjarke Ingels (e al suo studio Big) – il vincolo della sostenibilità è mandatorio. Per cui nella tradizione artigianale giapponese e per la lavorazione dei materiali si innesteranno le migliori tecnologie per la sostenibilità, anche delle abitazioni.
Esse faranno parte integrante del sistema interconnesso alimentato da celle a combustibile a idrogeno. Non solo, utilizzeranno l’intelligenza artificiale basata su sensori per tenere sotto controllo e monitorare la salute degli occupanti, prendersi cura dei loro bisogni di base e migliorare la qualità della vita quotidiana anche suggerendo diversi modelli di comportamento e generando ulteriori possibilità di implementare tecnologie in fase di sviluppo.
Suggestivo pensare che l’intelligenza artificiale, sulla scorta dei dati forniti dai sensori, sarà in grado di gestire, in modo autonomo, task relativamente semplici, come per esempio rifornire il frigorifero, o eliminare i rifiuti. Il progetto prevede poi che gran parte degli impianti per lo stoccaggio di risorse, energia, e per il filtraggio dell’acqua siano del tutto interrati.
Sarà l’occasione anche per ripensare a roadmap fino ad oggi proiettate in un’accelerazione non realistica. Woven City inizierà a vivere nel 2021. Non basterà certo un decennio per poter trasformare nella stessa direzione anche solo una infinitesima percentuale delle nostre città.
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