In uno scenario ancora più che incerto, è richiesta alle aziende la capacità di rimodellare infrastrutture e processi, con l’obiettivo di diventare più agili e di poter reagire ad eventuali emergenze o condizioni, assicurandosi la continuità del business.
Per questo, dopo il superamento dell’emergenza iniziale, i responsabili IT hanno incrementato gli investimenti sulle tecnologie di rete avanzate, basate su cloud e AI, consapevoli che i tempi della ripresa sarebbero potuti essere lunghi.
Per fotografare l’impatto sulle reti della nuova normalità, in cui il digital workplace è destinato ad essere molto più distribuito di quanto non lo sia mai stato in passato, Hpe Aruba ha commissionato a maggio 2020 una ricerca di mercato a Vanson Bourne, condotta attraverso interviste a 2.400 IT decision maker a livello globale (anche l’Italia è rappresentata) provenienti da aziende con più di 500 dipendenti ed operanti nei diversi verticali (education, finance, PA, healthcare, hospitality, industria, retail).
Preparing for the Post-Pandemic Workplace, questo il titolo della ricerca, documenta con i numeri gli sforzi dei responsabili IT per rendere operative le persone in un contesto altamente distribuito e quindi ad abilitare un ideale workplace ibrido, che intrinsecamente preveda la possibilità di spostarsi in diversi ambienti preservando la sicurezza, per farlo cresce l’attenzione per le soluzioni erogate come servizio, piuttosto che attraverso investimenti in capitale.
Per esempio, la percentuale di servizi IT consumati su abbonamento è destinata ad accelerare fino al 41% da qui al 2022, passando dal 29% del totale di oggi al 41%. “L’esigenza di agilità e flessibilità nella gestione della rete non è mai stata tanto sentita – commenta Morten Illum, vice president di Hpe Aruba – e ora è fondamentale garantire che le aziende riducano la complessità della rete per offrire agli utenti un’esperienza sicura e senza interruzioni”.
Cresceranno del 74% le aziende che consumano la maggioranza delle proprie soluzioni IT in modalità ‘as a service’, in questo stesso intervallo di tempo. Per quanto riguarda Emea, in particolare, il 50% si impegna a valutare nuovi modelli su abbonamento per hardware e/o software, il 51% i servizi gestiti per hardware/software chiavi in mano e il 29% il leasing finanziario. Numeri che riflettono la necessità di modelli flessibili dal punto di vista finanziario all’interno di uno scenario difficile.
Infatti solo l’8% del campione continuerà sulla strada degli investimenti di capitale, mentre per quanto riguarda l’analisi per settori intende concentrarsi esclusivamente su investimenti di capitale il 15% di chi opera nel retail, nella distribuzione e nei trasporti, ma solo il 5% di chi lavora per scuola, IT, telco, ed il 2% del settore alberghiero e ospitalità. Al contrario ben il 66% del settore alberghiero e ospitalità, il 58% di telco e settore tecnologico ed il 57% di IT decision maker che lavorano per la scuola sono interessati a valutare il modello su abbonamento.
Le tecnologie su cui puntare
Covid-19 ha avuto un impatto importante e non positivo sull’occupazione per il 68% del campione e, almeno nella fase iniziale dell’epidemia, anche sul tema specifico degli investimenti nei progetti di networking. Il 74% degli intervistati afferma di aver rimandato o ritardato gli investimenti per i progetti, ed il 30% di averli del tutto cancellati.
Non senza importanti differenze, anche all’interno dello stesso continente. Per esempio quello europeo: in Svezia è stato cancellato il 59% dei progetti, ma in Italia solo l’11%. Si sottolinea anche che il 37% degli IT decision maker operanti nella scuola e il 35% del settore alberghiero e dell’ospitalità è stato costretto ad annullare gli investimenti di rete.
Per quanto riguarda gli investimenti i trend sono decisamente diversi e per alcuni aspetti ribaltati. Terminato il periodo di lockdown, le aziende consapevoli dei benefici di una rete resiliente pensano ora di investire in modo significativo nel comparto. I numeri del report: quasi 4 IT decision maker su 10 aumenteranno gli investimenti in risorse di networking cloud-based. Ridurrà il budget solo il 15%. L’area geografica più orientata ad investire è quella asiatica (Asia-Pacifico), in Italia l’incremento della spesa è previsto dal 35% degli intervistati, in Europa dal 32%.
Le funzioni cloud, per la gestione da remoto di infrastrutture di networking su larga scala sono al centro dell’attenzione, anche perché offrono la possibilità di intervenire in cloud quando non è possibile farlo direttamente sulle risorse on-premise. Inoltre l’attenzione è focalizzata sulle tecnologie in grado di automatizzare le attività ripetitive (quindi anche l’AI). Investirà in questa direzione il 35% degli IT decision maker, a livello globale, con la regione Apac ancora a guidare la tendenza con il 44% (Emea e Americhe con il 30%).
In ultimo, sempre per quanto riguarda direzioni ed obiettivi di investimento, l’IT aspira a poter sfruttare strumenti per monitorare e ricavare insight: cresceranno quindi gli sforzi in analytics e assurance da parte del 34% del campione, mentre quasi la metà conferma le medesime intenzioni di spesa rispetto al passato.
“Di fronte alla diffusione di un workplace ibrido, ai responsabili IT è chiesto di garantire un delicato equilibrio tra flessibilità, sicurezza e convenienza economica all’edge – chiude Morten Illum -.Il workplace è cambiato in modo significativo e per poter supportare le nuove norme come il distanziamento sociale e le esperienze contactless, gli uffici devono essere dotati di una tecnologia che garantisca connettività, sicurezza e supporto a livello enterprise. È sempre più evidente come, per sostenere queste nuove esigenze in uno scenario finanziario difficile, i responsabili IT siano attirati dai vantaggi economici e dai minori rischi offerti da un modello su abbonamento”.
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