L’elenco è di quelli ricchi. 28 realtà italiane sono tra le 159 aziende che hanno aderito la scorsa settimana al progetto Gaia-X, voluto da Germania e Francia per dare forza e determinazione al cloud europeo. Per creare un sistema di regole e standard comuni che permettano ai Paesi del vecchio continente di gestire i dati, farli circolare, trarne valore con regole chiare in termini di sicurezza, interoperabilità e sovranità digitale.
Per gestire il cloud, insomma, questo immenso “business” che anche nei mesi difficili della pandemia ha retto. Basta sbirciare i dati appena presentati da Rapporto Digitale in Italia, di Anitec-Assinform: in un mercato che decresce del 2%, il cloud tiene e corre a doppia cifra, +16%, in controtendenza. Ma mostra ancora margini di crescita notevoli, dovuti alla bassa adozione ad oggi (“soltanto il 15% delle imprese italiane utilizza servizi cloud”, ministro Pisano) e alla forte dipendenza da imprese extraeuropee (“le quali forniscono il 60% dei servizi cloud utilizzati in Italia”, Pisano ancora).
Lo sanno bene anche i sette paesi aderenti a Gaia-X, che ha dato vita al suo primo vertice paneuropeo lo scorso 18-19 novembre, guidato dall’amministratore designato Hubert Tardieu, con la presenza di autorità da diversi Paesi (per l’Italia la ministra dell’innovazione Paola Pisano, per Germania e Francia i due ministri padri dell’idea della piattaforma Gaia-X, Peter Altmaier e Bruno Le Maire).
Lo sanno bene le aziende italiane che hanno aderito al progetto, uno spaccato del Paese, molto ampio, dal mondo della difesa a quello dell’energia, dalle Tlc ai data center, da importanti gruppi italiani (banche e poste) ad aziende locali, passando da Confindustria, consorzi territoriali fino alla filiera dell’innovazione.
L’Italia sale sul podio: terza con 28 membri aderenti, a ruota di Francia con 33 e Germania con 49. In totale oggi le aziende in Gaia-X sono 181, perché alle new entry si affiancano le 22 franco-tedesche fondatrici.
Tre binari
Spiega bene Pisano. “Oggi il mercato del cloud pubblico è largamente dominato da aziende asiatiche e statunitensi con una conseguente e crescente preoccupazione da parte dei governi e dell’industria europea nell’utilizzo di servizi cloud forniti da aziende extra-europee. Dobbiamo costruire un’infrastruttura europea di cloud e di dati per potenziare l’indipendenza dell’Europa nell’economia dei dati. Il quasi esclusivo dominio di fornitori extraeuropei nel mercato del cloud potrebbe infatti avere ripercussioni negative per la sicurezza e per il rispetto dei diritti dei cittadini”.
E aggiunge: “La necessità di raggiungere a livello europeo l’autonomia digitale sorge dalla inesorabile trasformazione digitale del nostro sistema socioeconomico, la quale impone di adottare nuovi e coerenti approcci di governance e sottolinea la necessità di sviluppare nuove forme di cooperazione a livello internazionale”.
Una cooperazione tra rappresentanti della politica, del business e della scienza per sviluppare i requisiti comuni per una infrastruttura federata di cloud, che soddisfi i più alti standard di sicurezza, sovranità digitale, promuovendo al contempo la trasparenza e l’innovazione, e per creare un mercato più equo tra grandi e piccole imprese, garantendo anche la scalabilità dei vari fornitori di cloud europei.
Perché il percorso di costruzione di Gaia-X viaggia su tre binari: quello della governance, quello delle procedure, e quello degli standard tecnologici con lo scopo, non di creare un cloud europeo alternativo ai colossi americani, ma di permettere una maggiore interoperabilità per scambiare i dati indipendentemente dal cloud utilizzato e passare senza difficoltà (tecniche ed economiche) tra i vari cloud provider. “Questo progetto è la culla di un ecosistema digitale aperto e trasparente, in cui dati e servizi possono essere resi disponibili, raccolti e condivisi in un ambiente di fiducia” riporta lo statuto di Gaia-X. Non a caso il nome dalla mitologia greca, Gaia come Madre Terra, a Gaia-X come Madre delle infrastrutture europee.
Scorriamo le 28 italiane entrate nel progetto
1 Almaviva
2 Aruba
3 Assosoftware
4 Bit4id
5 Cefriel
6 Confindustria Digitale
7 Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici
8 Cy4gate
9 Dedagroup
10 Enel Global Services
11 Engineering Ingegneria Informatica
12 Eustema
13 Fastnet
14 Intesa Sanpaolo
15 Irideos
16 Leonardo
17 LinUp
18 Netalia
19 Poste Italiane
20 Real Comm
21 Reply
22 Retelit
23 Siav
24 Sogei
25 Tim
26 Top-IX
27 Var Group
28 Westpole
“L’importanza di Gaia-X per l’Italia cade anche in una fase in cui una parte significativa delle risorse previste dal Fondo Next Generation Eu saranno destinate ad accelerare l’adozione del cloud nel settore pubblico,” precisa Pisano, al lavoro insieme a Confindustria per creare i cosiddetti Hub per Gaia-X (il primo sarà operativo il prossimo anno, in collaborazione con le principali imprese del nostro Paese e estere). “Adesso più che mai abbiamo bisogno di progettualità politica e di cooperazione transnazionale a livello economico e tecnico” precisa la ministra.
Interessi mondiali
Ma Gaia-X non è solo europea, dalla nascita ha l’obiettivo di creare “condizioni di concorrenza eque e favorire l’affermazione della libera concorrenza di tutti gli attori del mercato, con la premessa di non discriminazione e sulla base di sistemi aperti, in una partnership comune con fornitori internazionali”.
Partecipano al progetto accanto ai 22 fondatori (tra cui Deutsche Telekom, Siemens e Bosch e la francese OvhCloud) anche quelle multinazionali dalle quale il cloud europeo mira a proteggersi, tutte lanciatissime con il loro cloud in Europa, pronte al via con nuove region da inaugurare come Microsoft (che ha cambiato la sua storia con Azure) o come Aws già leader indiscusso nel cloud pubblico anche in Europa (a livello mondiale, le quote di mercato sono esplicative, nessuna azienda europea: Amazon Web Services 47,8%, Microsoft Azure 15,5%, Alibaba 7,7%, Google 4% e Ibm 1,8%).
Già membri di Gaia-x anche Google, Alibaba, Salesforce, Oracle e chi fa del 5G il proprio cavallo di battaglia, come Huawei e Ericsson. Difesa dai grandi ma anche cooperazione con loro. Non ne uscirà una legge come il Gdpr, ma un sistema di regole e standard comuni per una sorta di alleanza commerciale.
La tabella di marcia è definita: il lancio ufficiale a inizio 2021, con l’apertura dei sei hub nazionali tra cui quello italiano e la validazione di nuove candidature. L’esecutivo invece sarà nominato nell’assemblea generale del prossimo giugno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA