Durante la pandemia Covid-19 le aziende hanno investito in soluzioni digitali per abilitare il lavoro e la comunicazione a distanza con clienti, fornitori e partner. L’obiettivo primario era garantire la continuità del business ed il presidio del mercato. A rischio erano le attività commerciali, le attività consulenziali, ma anche i servizi di assistenza e manutenzione, oltre che i servizi di formazione.
Si è fatto ampio ricorso a dispositivi mobili, Vpn, soluzioni di videoconferenza e collaboration e a molte altre soluzioni digitali con un orizzonte temporale di breve o medio periodo, sufficiente per gestire una situazione di emergenza; tuttavia, nel giro di pochi mesi l’orizzonte temporale si è allungato con un approccio non più tattico, ma strategico.
Dalla ricerca condotta da Sirmi per conto di Vmware in collaborazione con Computer Gross a cavallo tra il 2020 ed il 2021 emerge che molti delle soluzioni introdotte per tamponare una criticità momentanea si sono presto dimostrate utili per abilitare nuovi modelli di organizzazione e gestione del lavoro, per ripensare processi e attività.
Nel 2020 la pandemia Covid-19 ha imposto il lavoro a distanza in tutte le realtà, pubbliche e private, in cui fosse praticabile; le imprese hanno dovuto rivedere in pochissimo tempo i tradizionali processi organizzativi per mitigare l’impatto sull’operatività e di conseguenza sull’intera catena del valore; dopo l’iniziale momento di assestamento, la sperimentazione diffusa dello smart working ha avuto indubbiamente successo.
Grazie allo smart working le aziende hanno potuto apprezzare il taglio dei costi di viaggio, per locazione, climatizzazione, pulizia e allestimento. Inoltre, strada facendo, si sono accorte che concedere lo smart working non vuol dire semplicemente permettere ai dipendenti di lavorare da casa o fuori ufficio, ma vuol dire ripensare in modo “intelligente” le modalità con cui si svolgono le attività lavorative, anche all’interno degli spazi aziendali. Allo stesso tempo, i dipendenti hanno potuto apprezzare la possibilità di conciliare meglio le esigenze di lavoro con quelle di famiglia e così pure il risparmio sui costi legati alla vita lavorativa (come i trasporti e i pasti fuori casa).
Sono entrate nella comunicazione aziendale soluzioni nate in ambito tipicamente consumer (come chat, instant messaging, ecc.), con la massima soddisfazione degli utenti grazie ad un mix tra semplicità d’uso, numerosità ed efficacia delle funzionalità.
Il ricorso al lavoro da remoto si sta progressivamente ridimensionando, per il venir meno dell’emergenza sanitaria; tuttavia, non sono poche le aziende che hanno inserito lo smart working tra i modelli di gestione del lavoro; inoltre, l’apprezzamento per le soluzioni digitali introdotte per abilitare lo smart working ha spinto le aziende a far maggior uso dei canali digitali anche al di fuori dei momenti emergenziali.
Il modello di lavoro che si sta oggi imponendo è di tipo ibrido e prevede che la modalità in presenza coesista e si integri con quella a distanza sulla base delle scelte aziendali e individuali secondo quote che possono essere differenziate per funzione.
Dalla ricerca Sirmi emerge che durante la pandemia, è cresciuto il trasferimento dal piano fisico al piano virtuale non solo delle attività tipicamente “d’ufficio” ma anche delle attività più tecniche, come quelle di manutenzione e assistenza, non più gestite con interventi presso il cliente, magari con vere e proprie trasferte del personale, ma da remoto, facendo ricorso a soluzioni di realtà aumentata, che incorporano funzioni video e audio per diagnosticare e risolvere problematiche in tempo reale attraverso un computer indossabile e un software di gestione dedicato. Allo stesso tempo è cambiato il modo di fare formazione, con il trasferimento dei corsi dalle aule fisiche a quelle virtuali.
Il dato interessante è che il modo di lavorare non è cambiato perché sono state introdotte delle nuove tecnologie, prima non disponibili. Il cambiamento è avvenuto sulla spinta dell’emergenza sanitaria; le aziende che erano già molto digitalizzate si sono mosse con agio nel nuovo contesto lavorativo; le altre, comprese le più tradizionaliste, sono state in parte forzate dalla situazione, ma hanno comunque potuto apprezzare i risvolti positivi delle nuove modalità di lavoro. Altro dato interessante è che le nuove modalità di lavoro abilitate dal digitale hanno impattato positivamente anche sulla cultura aziendale, spingendo anche le aziende più tradizionaliste e restie al cambiamento ad avviare un percorso di innovazione. Un ulteriore impatto si è avuto nella relazione datori di lavoro – dipendenti: entrambi gli attori hanno condiviso l’importanza di fissare obiettivi, condividerli e raggiungerli nel lavoro a distanza, così come in ufficio.
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