“La pandemia ha impattato fortemente a livello globale sulla forza lavoro, costretta a reagire prontamente alla situazione emergenziale. In Italia, la leadership delle aziende ha dimostrato di saper fronteggiare velocemente il cambiamento malgrado le insicurezze percepite da molti lavoratori. In questa fase abbiamo visto quanto incida la motivazione legata a formazione e sviluppo professionale, quanto reskilling e upskilling siano la chiave di un buon equilibrio nelle organizzazioni e quanto una buona pianificazione sia ormai prioritaria”. Con queste parole Federico Francini, country manager di Workday Italia, commenta gli insight emersi da alcune analisi sviluppate dall’azienda in Italia. Un mercato, quello del nostro Paese, nel quale le nuove dinamiche a livello lavorativo impattano sulle aziende e sui dipendenti in modo ancora più deciso che altrove. 

Federico Francini, country manager di Workday Italia
Federico Francini, country manager di Workday Italia

Lo conferma l’analisi commissionata da Workday a Yonder Research, che intervistando circa 17.000 lavoratori tra manager e impiegati a livello globale sonda questo terreno: nel corso del 2020 il 65% dei dipendenti italiani ha adottato lo smart working, una percentuale più alta rispetto alla media di tutti i mercati europei monitorati, così come il 49% dei tali lavoratori non si era mai approcciato al lavoro in remoto prima della pandemia, dato anche in questo caso significativamente superiore rispetto alla alla media europea del 27%.

Cosa pensano i lavoratori

Ma quali sono state le percezioni dei dipendenti durante questa fase? Il 56% si è sentito maggiormente produttivo e meno logorato grazie al lavoro svolto da casa, malgrado l’essere sempre connesso sia stato percepito come un grande svantaggio nel 59% dei casi. Un terzo dei dipendenti si è sentito più isolato nella situazione contingente, seppure in percentuale notevolmente inferiore rispetto al resto d’Europa.

Due dipendenti su cinque hanno trovato difficoltà nel gestire la nuova modalità di lavoro remoto, una sensazione che coinvolge soprattutto la fascia tra i 18 e i 34 anni (47%) per scendere nelle fasce di età successive (38% fascia 35-54; 32% fascia over 55).

Insieme a questa percezione negativa si aggiunge in parte il timore di non ricevere equi e meritati aumenti di stipendi (19%), di subire cancellazioni di bonus o ritardi (21%), tanto da influenzare le possibili conseguenze sulle scelte del futuro. Le remunerazioni non sono tuttavia tra le preoccupazioni maggiori. Circa la metà degli intervistati dichiara di aver percepito minori opportunità nell’acquisire nuove responsabilità e competenze nel 2020, un dato relativamente importante rispetto alla media europea (38%).

Focus sui giovani, che registrano poca motivazione professionale e hanno avuto una maggiore percezione di vedersi congelate le opportunità di crescita, con scarse possibilità di acquisire nuove competenze nel 54% dei casi, e alla ricerca di salari più competitivi per l’anno successivo nel 33% dei casi. I più giovani attestano di essere maggiormente motivati nella ricerca di un nuovo ruolo che ha come obiettivo la crescita e le opportunità di formazione e crescita.

Come viene giudicato il management

Le leadership delle aziende italiane dimostrano un aumento della comunicazione verso i dipendenti (55%) e una chiara visione a lungo termine (51%), sebbene i colleghi europei registrino migliori performance. All’origine delle difficoltà dei lavoratori italiani di gestire la nuova situazione, infatti, nel 29% dei casi è una scarsa risposta da parte della leadership, percepita come incapace di rispondere adeguatamente alla crisi.

I meriti dei team direttivi italiani vanno invece ad aspetti importanti come l’aver dato priorità alla salute e alla sicurezza dei dipendenti e l’aver dimostrato spirito aziendale concentrandosi sulle esigenze dell’azienda e non individuale.

L’impatto della pandemia è stato infatti gestito in modo positivo da parte delle aziende che hanno assicurato ai propri dipendenti l’accesso adeguato alle informazioni, agli strumenti necessari e ai percorsi di formazione, maggiore rispetto agli altri paesi europei. Un dato rilevante, oltre la metà, riguarda la garanzia del ritorno nel luogo di lavoro in sicurezza.

Come gestire il personale

L’accelerazione digitale imposta dalla pandemia rappresenta oggi per le imprese un’occasione irripetibile per trasformare la gestione delle Human Resource all’insegna dell’innovazione. Un’altra indagine di Workday realizzata con Peakon mette a confronto 150 milioni di lavoratori per esplorare il mondo del lavoro ed evidenziare le nuove strategie di business da mettere in campo per dare impulso alla trasformazione. 

L’indagine più recente sulla soddisfazione delle imprese coinvolge anche i clienti che interagiscono con Workday su base giornaliera, e riflette le partnership in corso su progetti ampi, finalizzati ad automatizzare la finanza aziendale, la pianificazione, le risorse umane e i processi di gestione della spesa.

Nel marzo 2020, Workday ha realizzato quasi tutte le implementazioni e la formazione globale per adempiere alle normative locali, statali e nazionali di quarantena a seguito della pandemia. Grazie alla sua piattaforma cloud nativa, Workday è passata ai processi di implementazione virtuale in pochi giorni, riducendo al minimo le interruzioni dei piani di go-live e aiutando le organizzazioni di tutto il mondo. Le implementazioni dei clienti hanno interessato diversi settori e regioni, consentendo ai clienti di medie e grandi dimensioni di mantenere la continuità aziendale e accelerare le iniziative di trasformazione digitale.

Livio Livi, direttore HR relazioni esterne e Bms, Kuwait Petroleum Italia
Livio Livi, direttore HR relazioni esterne e Bms, Kuwait Petroleum Italia

Come testimonia il caso di Q8, recentemente illustrato in un incontro stampa da Livio Lividirettore HR di Kuwait Petroleum Italia, azienda operativa nell’industria energy“Attraverso l’upgrade delle capacità di gestire i progetti digitali, Workday ci consente di ripensare tutti i processi in un’ottica più moderna ed innovativa, e di rileggerli con un’attenzione all’individuo che può sentirsi riconosciuto come unicum dall’azienda. Ritengo che Workday rappresenti pertanto un facilitatore della trasformazione digitale, sia in termini culturali di attenzione all’individuo sia in termini di operatività, con una piattaforma che ci permette di gestire in maniera efficiente i processi, che nelle risorse umane sono molto diversificati, e vanno dall’hiring fino allo sviluppo delle competenze“.

Tra le altre testimonianze a livello internazionale quella di Paul Davies, direttore delle operazioni per il personale di GE.

Paul Davies, direttore delle operazioni per il personale di GE
Paul Davies, direttore delle operazioni per il personale di GE

“Workday ci ha permesso di fornire processi aziendali critici in un modo che sarebbe stato impensabile con il nostro ecosistema legacy e questo, a sua volta, ha consentito una transizione senza problemi al nostro go-live virtuale. Senza criticità, siamo stati in grado di completare il nostro ciclo di pianificazione delle prestazioni e dei salari e di lanciare un nuovo approccio di gestione della performance, il tutto grazie alla gestione dalla piattaforma in Workday”.

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