Piace o non piace? Occasione unica? Le riforme del Pnrr impatteranno su economia e società? Opportunità di accelerazione? Cercano di dare risposte a quesiti complessi, che verificheremo solo vivendo, due indagini che questa settimana EY e Luiss Business School, in collaborazione con Swg, hanno reso note in occasione dell’evento Riforma Italia. Per capire come le quattro riforme ossatura del Pnrr – semplificazione, fiscale, giustizia e lavoro – vengano oggi considerate da due campioni: manager e cittadini.
Ma se in estrema sintesi emerge una scontentezza diffusa della situazione attuale, per “un quadro normativo instabile, una giustizia lenta, un sistema fiscale complesso, una burocrazia farraginosa” – fotografa Paolo Boccardelli, direttore Luiss Business School in apertura al convegno – manager e cittadini auspicano che il Pnrr risollevi le sorti del Paese anche se con aspettative diverse, a seconda delle riforme. E mettono al primo posto, tra le componenti strategiche perché il piano prenda corpo, la realizzazione di grandi infrastrutture tecnologiche e digitali, a seguire la riforma fiscale e la realizzazione di grandi infrastrutture fisiche, la riforma della giustizia civile e quella della pubblica amministrazione. Stiamo entrando nella fase di execution. “L’attuazione di un piano di riforme che stimoli la produttività nel medio e lungo termine, aumenti la competitività del tessuto produttivo e agevoli soprattutto gli investimenti, risulta urgente e prioritaria per consolidare la crescita e renderla strutturale – incalza Boccardelli -. Nell’ottica, poi, di un rafforzamento dell’efficacia delle riforme, sarebbe auspicabile integrare quanto previsto con una serie di misure a supporto del sistema produttivo che incentivino l’attrazione degli investimenti nel nostro Paese”.
Le misure proposte partono dalla foto scattata dalle due ricerche sulle quattro riforme.
1- La fiducia maggiore viene riposta nella riforma Semplificazione: oltre il 75% degli intervistati si aspetta una velocizzazione dei permessi ed una riduzione dei costi a carico delle aziende che operano con la pubblica amministrazione, e il 57% auspica che venga completato il processo di gestione digitale dei dati e delle informazioni in mano alla PA.
Importante rendere più rapido il processo decisionale relativo alla gestione degli interventi pubblici (55%) e rendere più semplici gli investimenti privati e l’attività di impresa (51%) ma anche la collaborazione tra pubblico e privato, per supportare la crescita e lo sviluppo del Paese, in quanto i soli finanziamenti pubblici potrebbero non essere sufficienti. Servono, secondo EY e Luiss, percorsi di up-skilling e re-skilling delle risorse umane della PA, attraendo anche talenti dal mondo privato, affinché il personale sia in possesso delle competenze richieste per soddisfare le nuove esigenze del mercato, con il disegno di percorsi di carriera e best practice.
2 – Per la riforma fiscale, ci si aspetta soprattutto la riduzione della tassazione sul lavoro considerata un ostacolo e molto elevata alle media dell’area euro (44% popolazione e 45% manager) e una generale semplificazione del sistema impositivo (36% e 41%) perché quello attuale viene ritenuto di ostacolo alla crescita economica, all’occupazione e all’attrazione degli investitori stranieri. L’ipotesi di EY e Luiss Business School prevede la sistematizzazione delle imposte, la riduzione degli adempimenti fiscali annuali e la completa digitalizzazione del sistema di calcolo e di prelievo dell’imposta, oltre all’interoperatività delle banche dati. Necessario mettere mano anche alle norme, con un allineamento della politica fiscale nazionale a quella degli altri Paesi europei maggiormente comparabili, una rimodulazione delle aliquote Iva, maggiore trasparenza.
3 – Per la riforma della giustizia, si auspica una focalizzazione sugli aspetti di riforma e di efficientamento del sistema giudiziario (circa 60%), perché molte sono le incertezze (sottolineate dall’84% del campione), che tra le principali criticità vede la lunghezza dei tempi per ottenere una sentenza (70%) e per recuperare crediti definitivi da una sentenza (37%), oltre all’eccessiva complessità delle procedure (32%). Tra gli strumenti proposti sistemi alternativi di risoluzione delle controversie (arbitrato, mediazione e negoziazione assistita) anche per la Pmi che dovrebbero aumentare la loro propensione alla digitalizzazione dei processi aziendali, anche in termini di istituzione di un ufficio legale interno.
4 – Per la riforma del lavoro, oltre il 50% di entrambi i campioni concorda sugli obiettivi da perseguire: crescita dell’occupazione, in particolare di donne e giovani (56%), e riduzione del cuneo fiscale, affiancando alla riforma del lavoro anche una riforma fiscale (63%). Il suggerimento sta non solo nel rafforzamento delle politiche attive del lavoro ma anche in una mappatura e profilazione delle esigenze richieste sul mercato e dei profili in cerca di lavoro oltre alla necessità di portare avanti l’approccio agile, “allentando le rigidità dl mercato del lavoro, favorendo lo smart working“.
“Gli impatti derivanti dall’attuazione delle misure contenute nel Piano sono stati valutati in termini di Pil fino al +3,6% nel 2026 – stima Stefania Radoccia, managing partner dell’area Tax&Law di EY in Italia – ma è necessario convogliare le migliori risorse per rendere il Paese più attrattivo e competitivo a livello internazionale, ricreando un clima generale di fiducia. La nostra indagine ci dice che il 68% dei manager ha fiducia in come il governo sarà in grado di gestire l’attuazione del Piano. L’attuazione del Pnrr è infatti la miglior garanzia di investimenti esteri futuri. Tutto questo parte dalle riforme e dalla interoperabilità di tutte le misure previste”.
A proposito dello smart working: la scorsa settimana (23 settembre) è stato ufficializzato il rientro in ufficio per i dipendenti pubblici, riducendo progressivamente lo smart working fino al 15% dei lavoratori (non più il 50% come ad oggi). Il Dpcm appena firmato prevede che la modalità ordinaria di lavoro nelle pubbliche amministrazioni dal 15 ottobre sarà quella in presenza, con Green Pass obbligatorio fino al 31 dicembre: le singole PA dovranno assicurare le condizioni di sicurezza, nel rispetto delle misure anti Covid-19. Ma da gennaio lo smart working verrà regolamentato e riservato al 15% del personale. “Le indicazioni operative verranno fornite con apposito decreto ministeriale – afferma il ministro alla funzione pubblica, Renato Brunetta -, nel frattempo sono in corso le trattative per il rinnovo dei contratti pubblici con regolazione puntuale dello smart working“.
Verranno definiti operatività (orario in cui il dipendente deve rendersi reperibile), contattabilità (orario in cui il dipendente è raggiungibile via email o telefonicamente), inoperabilità (riposo giornaliero e diritto alla disconnessione dai device digitali) il tutto in accordo con il dipendente. Spetterà poi come ogni anno alle singole amministrazioni redigere e presentare il Pola, il piano integrato di attività, all’interno del quale verrà gestito anche il lavoro agile, “strutturato, ancorato a obiettivi e monitoraggio dei risultati”.
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