Cresce sulla rete internet l’esigenza di facilitare il flusso dei dati e di accorciare le distanze tra contenuti e utenti finali, alla luce della forte domanda di streaming e dell’enorme mole di terabyte di informazioni che viaggiano online. Uno scenario nel quale gli Internet Exchange Point si dimostrano fondamentali nell’agevolare e velocizzare lo scambio di dati tra i sistemi di rete locali. Ce ne parla Maurizio Goretti, Ceo di Namex in questa intervista che prende il via identificando gli elementi caratteristici di un Ixp, il suo ruolo e la sua evoluzione in uno scenario networking complesso.
“Gli Ixp sono gli aeroporti di internet“, esordisce Goretti facendo un parallelismo tra quelli che vengono definiti i punti di interscambio e la rete aerea. “La galassia degli internet service provider si compone di fatto di due grandi tipologie di aziende: gli access provider, ovvero le grandi telco come Telecom Italia, Wind, Fastweb e Vodafone ma anche tantissime piccole aziende che offrono servizi, perché ricordiamo che l’Italia è il paese delle Pmi e l’industria di Internet non fa eccezione, sia per un motivo di conformazione del territorio sia per un fatto culturale. In questo caso i servizi possono andare dal ponte radio per collegare il telefonino alla fibra dentro casa; i content provider forniscono invece streaming, live e contenuti on demand, un mercato che nel corso degli ultimi anni registra una forte impennata anche in Italia. Per gli utenti, navigare su Internet vuol dire fare un viaggio dal proprio dispositivo fino al contenuto – prosegue Goretti – e, come in tutti i viaggi, per poter navigare serve un indirizzo che guidi da una parte all’altra. Tutte le aziende che formano la ragnatela dei collegamenti Internet hanno quindi degli indirizzi IP che le identificano univocamente e, come per ottimizzare il traffico le compagnie aere si concentrano intorno ad un’infrastruttura eroportuale, così gli Internet Exchange Point hanno degli hub nelle principali città del mondo”.
La centralità romana
Come principale punto di interscambio di Roma, Namex rappresenta uno snodo per l’Italia centrale e meridionale. Il suo obiettivo è fornire una piattaforma in cui gli operatori locali e internazionali possano beneficiare dei servizi di interconnessione. Si tratta di fatto di un consorzio senza fini di lucro, nato nel 1995 all’interno dell’Università La Sapienza di Roma come luogo di neutralità rispetto agli attori in gioco. “A quel tempo – racconta Goretti -, la creazione di un Ixp aveva lo scopo di economizzare i costi fissi dei fornitori di Internet e di costruire un’infrastruttura che ottimizzasse la connettività, in un mondo in cui la rete era ancora precaria, perché altrimenti, ad esempio, utenti che abitavano in quartieri differenti di Roma e che utilizzavano due compagnie Internet diverse dovevano arrivare fino ad Amsterdam se non negli Stati Uniti per poter comunicare”.
“Gli internet service provider che formarono il primo hub di Internet erano inizialmente quattro: oggi le aziende che fanno capo a Roma sono 211″, prosegue il manager. L’Hub romano serve soprattutto a replicare localmente i contenuti e a distribuirli alla popolazione italiana, insieme agli altri punti di interscambio presenti in Italia – a Milano, Torino e Padova -. In questo contesto, ogni azienda del consorzio estende la propria rete verso dei data center, punti di interscambio in grado di gestire i crescenti flussi di dati. “Le aziende, come quelle per cui lavoriamo, si sono infatti spostate o si stanno spostando sempre più dai server di servizi all’interno degli uffici ai data center oppure all’interno del cloud, ovvero all’interno di più data center distribuiti in giro per l’Europa”.
All’aumentare della propria importanza e capacità, gli Ixp diventano così più numerosi e capillari, anche perché fanno da punto di backup nel caso in cui uno di loro non dovesse funzionare. Ritornando all’esempio dell’aeroporto, Goretti afferma: “come in caso di nebbia l’aereo atterra nell’aeroporto più vicino per utilizzare un mezzo alternativo per far arrivare i passeggeri a destinazione, così nei punti interscambio i vari Isp sono collegati a più punti di interscambio in funzione della loro area geografica; se ad esempio devono distribuire traffico al sud passano da Namex a Roma, così come se devono distribuire contenuti più a nord, possono passare dai colleghi di Milano”.
Strategie future
Partita con il punto di interscambio all’interno dell’Università La Sapienza, nel tempo Namex ha aggiunto altri hub a Roma, che ad oggi sono quattro. “L’obiettivo è arrivare ad avere otto hub nel giro di tre o quattro anni, perché anche all’interno della stessa città bisogna avere distribuzione del carico e ridondanza”. In particolare, si aggiungeranno, il grande Aruba Hyper Cloud Data Center che l’azienda sta costruendo presso il Tecnopolo Tiburtino; un data center di Digital Realty che aprirà nella parte sud della città; ci sono inoltre due progetti aperti con Data4 e Unidata.
“Ma non ci fermiamo a Roma – prosegue Goretti, affermando che Namex ha aperto altri due punti: uno a Bari, all’inizio dello scorso anno, che conta ad oggi 20 realtà partecipative, e un altro inaugurato in queste settimane su Napoli. “Bari è interessante perché copre una parte d’Italia abbastanza distante da Roma e ha una vocazione verso l’est del mondo e in particolare nei Balcani, ma anche perché sulla città arrivano i cavi sottomarini nei quali passa circa il 95% del traffico totale mondiale Internet. A Napoli invece partiremo con quattro o cinque aziende aderenti ma speriamo di arrivare a dieci e raggiungere in un anno gli stessi numeri di Bari per creare uno snodo indispensabile nel proseguimento dello sviluppo della rete Internet del Mediterraneo. Napoli nasce infatti in un territorio con un’alta percentuale di utenti ed un numero importante di industrie e piccoli Isp, un presupposto per creare un ulteriore punto di ridondanza della rete internet italiana”.
“Con queste nuove strategie, Namex conferma la propria vocazione di infrastruttura neutrale per il miglioramento dell’affidabilità e della sicurezza Internet in Italia e nel bacino del Mediterraneo. Un’infrastruttura cruciale per accrescere la resilienza della rete italiana, un aspetto fondamentale anche per la cybersecurity che riveste come sappiamo un ruolo sempre più importante. L’obiettivo finale è andare ancora più avanti per diventare sempre più capillari, magari arrivando ad avere un punto per ogni regione in base a come si si svilupperanno le applicazioni”, conclude Goretti.
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