Vale oltre 90 miliardi di euro il mercato della logistica in Italia ma richiede una serie di riflessioni non solo riguardo agli investimenti tecnologici, necessari, ma anche riguardo una narrazione/percezione errata che nel nostro Paese fa coincidere al verticale una serie di criticità per cui è questo un comparto dal quale i giovani in cerca di occupazione tendono a sfuggire. Da una parte la logistica si è rivelata strategica durante il periodo della pandemia e si è dimostrata all’altezza della sfida, per alcuni aspetti, però – in relazione ad una concezione della logistica non ancora 4.0 – è stata anche associata all’idea di attività logorante, ripetitiva e quindi poco attrattiva.
I numeri dicono che, tra attività di trasporto e magazzinaggio, il settore conta in Italia 1,16 milioni di occupati e genera un valore di 92,7 miliardi di euro, pari al 5,41% del Pil. Oggi ha bisogno ancora di autisti, magazzinieri, supply chain manager, ma da qui al 2030 ricercherà profili qualificati, dai convertitori di autostrade intelligenti agli ingegneri progettisti di shuttle robotici, dai designer di imballaggi circolari, ai fleet manager, finanche ai progettisti per treni ad idrogeno. Sono le evidenze della ricerca Trasformazioni del Settore e delle Professioni nella Logistica di Randstad Research, che punta l’occhio proprio sul tema della formazione e dell’on-boarding dei talenti per il futuro. Ma entriamo nel dettaglio dei numeri.
Oggi, oltre metà degli occupati lavora nel trasporto via terra, servizi postali e di corriere occupano il 28% sul totale e i servizi di magazzinaggio e supporto il 16%. E’ il trasporto terrestre a portare il maggiore valore aggiunto seguito dal magazzinaggio e dal supporto ai trasporti (37,4%). Per quanto riguarda il valore aggiunto ed il costo del lavoro, tra il 2013 ed il 2021 emerge – come ci si poteva aspettare -che i picchi si sono raggiunti nel 2018 e nel 2021, con circa 49mila euro per addetto, e il valore più basso nel 2020, anno della pandemia; parliamo di dinamiche omogenee riflesse anche dal costo del lavoro con i valori più alti nel 2018 (33.000 euro), da quell’anno è però costante la diminuzione del valore aggiunto.
Per quanto riguarda la composizione degli addetti e la ripartizione di genere, sembra questo un settore che continua ad essere prevalentemente “maschile”. Gli uomini sono più dell’80% dei lavoratori complessivi, ed è il 13,1 la percentuale degli occupati non di nazionalità italiana (vs. 10,3% media degli altri settori). Soprattutto, è da notare l’età media con il 54% degli addetti che ha più di 44 anni, ed il 30,7% addirittura tra i 45 e i 54 anni. Le geografie indicano una concentrazione vicinissima al 30% nel Nord-Ovest, con il Centro ed il Nord-Est che occupano poco più di un operatore su cinque.
Arriviamo quindi all’analisi del tessuto di impresa. Parliamo di un settore polarizzato dove – e merita un’analisi specifica – la maggior produttività è appannaggio di piccole realtà che fanno affidamento sulla forza lavoro nelle diverse fasi di processo, piuttosto che delle grandi aziende che utilizzano in modo intensivo soluzioni tecnologiche avanzate (robots, AI, droni). Le piccole realtà si rivelano più efficaci perché da una parte offrono servizi ad altre piccole imprese grazie a una conoscenza capillare dell’economia locale e del territorio, dall’altra hanno costi del lavoro più bassi, attraverso però la scelta di remunerazioni più basse e minori tutele. Un modello questo che secondo l’analisi di Randstad rischia di essere un freno allo sviluppo dimensionale delle imprese.
Logistica, i trend e le competenze necessarie
Sono quattro le direttrici di sviluppo principali di questo mercato: Digitalizzazione, Globalizzazione, Transizione green e Demografia. Con il filo rosso da seguire che vede “le merci andare verso il consumatore e non più il contrario” per cui i sistemi di digitalizzazione si adeguano a soddisfare questa inversione di tendenza, con le imprese che devono adeguare supply chain sempre più frammentate e suscettibili ai cambiamenti. Il tema della sostenibilità porta ad orientare i sistemi di trasporto verso forme più ecologiche (in particolare nell’ultimo miglio), mentre sono i professionisti più avanzati nell’età a farsi carico delle mansioni usuranti, ed emerge il bisogno di nuove competenze e professioni.
I macrocambiamenti di impresa riguardano prima di tutto processi e competenze operative nella gestione dei flussi. Da una parte i software sostituiranno gran parte delle attività umane, ma questo richiede l’adeguamento anche del management nella gestione delle risorse e l’attenzione al tema della cybersecurity. Addetti al controllo di filiera per il monitoraggio della circolarità, al coordinamento e all’integrazione dei servizi di mobilità urbana, alla digitalizzazione aziendale, tra le figure più richieste insieme ai designer della mobilità ed ai gestori di piattaforme per la mobilità aziendale, insieme ai facilitatori di progetti green agli ingegneri del traffico e dei trasporti ed ai ianificatori dell’organizzazione logistica tout court.
La trasformazione dei processi cammina di pari passo con quella infrastrutturale.
Agli esperti del settore, che avranno a disposizione anche i fondi del Pnrr sono richieste competenze di pianificazione e organizzazione degli spostamenti, competenze digitali e ingegneristiche legate alla robotica e all’automatizzazione dei processi, competenze legate alla sostenibilità a partire dall’analisi dei dati. Mobilità intermodale e condivisa soprattutto per le aree disagiate si riveleranno vitali, e quindi anche figure come quelle degli specialisti della creazione di hub per la sharing mobility.
Tocchiamo due ulteriori ambiti, quello dell’innovazione e quello del monitoraggio. Il primo è legato a doppio filo con la richiesta al management di indirizzare il cambiamento. Serve avere visione d’insieme, spirito di iniziativa e di adattamento, utile l’analisi dei dati, dalla robotica, agli oggetti smart, alle automazioni. Ma le competenze trasversali sono anche più importanti, per saper ‘guardare’ ai problemi con senso critico, con un approccio a 360 gradi. Innovare ecco allora che apre le porte anche a figure del tutto originali, come piloti di elitaxi, i designer di treni smart, i dronisti, gli ingegneri in grado di progettare shuttle robotici, i progettisti doganali di sistemi Sisam.
Allo stesso modo, la logistica del futuro non può fare a meno delle competenze di chi è in grado di gestire gli ‘incident’ fisici come quelli legati alla cybersecurity. Servirà sviluppare un proprio Irp (Incident Response Plan) per prevedere, prioritizzare e rispondere in maniera tempestiva ed efficace agli incidenti legati alla sicurezza digitale e quindi addetti alla protezione dei dati, esperti di blockchain per la tracciabilità lungo la filiera, di telediagnostica, risk manager, manutentori 4.0, tecnici AI per la riduzione del traffico saranno particolarmente ricercati (e già oggi sono figure pressoché introvabili).
Capitolo a parte infine meriterebbe quello relativo alle figure in grado di traghettare il comparto verso modelli sostenibili e circolari. La ricerca in questo caso fa riferimento agli addetti al controllo e prevenzione delle emissioni industriali, al recupero delle batterie esauste per lo stoccaggio di energia, al servizio di scambio/cambio batterie esauste per veicoli e ancora agli energy auditor, agli addetti alla diagnosi energetica, agli ingegneri elettronici per l’ottimizzazione di batterie per auto elettriche, ed ai progettisti per treni ad idrogeno su binari non elettrificati.
Sembra di entrare davvero in uno scenario ‘urgente’ anche se non ancora prossimo, uno scenario che include anche green transition manager, imprenditori/tecnici gestionali della circolarità, supervisori della sostenibilità dei trasporti, tecnici del ricondizionamento dei motori.
Per offrire un ‘respiro’ a questa urgenza riprendiamo il commento di Emilio Colombo, coordinatore del comitato scientifico di Randstad Research: “Digitalizzazione, sostenibilità e demografia impatteranno fortemente sulla logistica nel prossimo futuro: formazione e innovazioni tecnologiche sono strategiche per attrarre talenti nel settore. Per costruire un futuro all’altezza delle aspettative dei talenti, infatti, bisogna fare leva sulla formazione, mettendo maggiormente in contatto scuole ed imprese”.
La proposta è quella di creare un istituto tecnico dedicato alla logistica nella scuola pubblica, che fornisca le qualifiche formali, come le patenti da possedere, e tutte le conoscenze richieste dal settore. “Ma – riprende Colombo – è necessario che le imprese logistiche facciano maggiormente ‘sistema’, in un settore con catene del valore che si espandono anche a livello globale”. Ultima, ma non meno importante, l’azione sul fronte dei contratti e delle retribuzioni, oltre a migliorare la rete infrastrutturale, che nel Paese segna il passo e non ha beneficiato di investimenti importanti soprattutto nella capillarità di collegamenti affidabili, tanto più – ma non solo – al Sud.
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