L’innovazione tecnologica e lo sviluppo del software sono leve fondamentali per la crescita economica del nostro paese e non fruttarle sarebbe un grave errore. Dove il software è integrato nei processi, le aziende sono infatti più efficienti, hanno migliori performance economiche e maggiore produttività. Eppure, meno del 40% delle imprese italiane utilizza il software, soprattutto se si tratta di piccole imprese, e anche nelle politiche di incentivazione e promozione l’Italia è fanalino di coda a livello internazionale.
Parte da queste considerazioni l’iniziativa di Software Italiani che porta a fattor comune i risultati dello studio Italian Tech Landscape, una fotografia sullo stato dell’arte delle soluzioni software made in Italy, realizzato in collaborazione con Assosoftware, Cerpem (Centro Ricerche per il Mezzogiorno) e player di settore con Teamsystem come capofila.
E’ Max Brigida, founder di Software Italiani, a raccontare il progetto nato dalla volontà di sostenere il settore e di colmarne i gap attraverso la collaborazione. Un lavoro in itinere che accoglie il contributo di tutto l’ecosistema e che nasce quando il manager constata attraverso un sondaggio interno che solo il 18% del software utilizzato nel nostro paese è italiano. “Se non investiamo in tecnologia saremo tagliati fuori e se vogliamo crescere, anche rispetto agli altri paesi europei e mondiali, dobbiamo superare l’intrinseco individualismo che spesso fa parte del nostro mercato – afferma Brigida -. Per sostenere le imprese del software made in Italy serve condivisione, creare un ecosistema con un obiettivo comune e iniziative che si alimentino fra loro”.
“Interagiamo con chi investe nel settore in Italia e rappresentiamo 1.500 aziende che producono software in Italia dando strumenti alle imprese – interviene Roberto Bellini, direttore generale di Assosoftware -. Abbiamo verificato che laddove il software è pervasivo nelle imprese ed è integrato nei processi, le aziende hanno performance economiche migliori, maggiori effetti produttivi, riducono i costi e rappresentano pertanto un elemento fondamentale del paese”.
Il software non è però sufficientemente promosso a livello generale e governativo e pochi investimenti vanno in personale e know-how, mentre per contro spesso i nostri talenti vengono ceduti ad aziende estere. “Ci si scontra con politiche che hanno visto il software penalizzato rispetto ad altri incentivi di sostegno alle imprese; l’Industria 4.0 è stata un successo ma si è molto concentrata sulla parte infrastrutturale e dei macchinari e pochissimo sui software di tipo gestionale che, andando ad automatizzare i processi aziendali, sono il primo gradino per la digitalizzazione del Paese e oggi un prerequisito essenziale per l’uso dell’intelligenza artificiale”.
Software italiano, scenario in numeri
Dallo studio Italian Tech Landscape, basato sulla mappatura di 1.532 software (di 512 aziende) prodotti in Italia, emerge che il fatturato totale delle software house italiane è di 3,48 miliardi di euro e che il settore impiega 23.000 dipendenti. L’incidenza sul Pil è dello 0,18%. Fra le 16 categorie individuate, la più rilevante in termini numerici è quella dei software gestionali, con il 40,2% del totale, seguita abbastanza distante dal comparto dei servizi (15,7%), del Martech (15,2%), delle HR (9,8%) e dai software Erp (6%). In crescita ma ancora al 3,6% il settore dei software italiani basati sull’intelligenza artificiale; “conseguenza dell’ancora difficile accessibilità di queste soluzioni per le micro, piccole e medie imprese, tanto in termini di investimento iniziale quanto di competenze richieste”, commenta Pierfelice Rosato, professore in Marketing e Digitalizzazione, imprenditorialità e gestione dell’innovazione presso l’Università di Bari, intervenuto per presentare i dati della ricerca a cui ha collaborato. Da rilevare che il gestionale registra il maggior numero di aziende ma realizza un fatturato inferiore rispetto al Martech, un settore verso il quale c’è oggi grande impegno. Un altro comparto che cresce molto è il tech turismo.
A livello territoriale, la Lombardia guida il mercato con il 36,6% dei software italiani sviluppati; seguono Piemonte (11,1%), Emilia-Romagna (9,4%), Veneto (8,3%), Toscana (7,3%) e Lazio (5%). La Lombardia è prima anche in termini di fatturato complessivo e di numero occupati, con 1.451 milioni di euro di fatturato totale delle sue aziende del software (41,7% del totale nazionale) e con 8.091 dipendenti (35%). Al secondo posto in entrambi i casi, l’Emilia-Romagna, con 401 milioni di fatturato totale e 2.639 dipendenti. Terzo posto rispettivamente per Umbria (343 milioni di euro) e Toscana (2.047 dipendenti). “Tuttavia, anche le aziende del sud stanno crescendo molto negli ultimi anni (come la Puglia, da cui proviene Brigida), diventata attrattiva per talenti, startup e nuove imprese, che nascono sempre più su zone diversificate del territorio”, sottolinea Rosato.
Le aziende giovani, leva per il futuro
Proprio le startup mostrano nel complesso i numeri e i trend più incoraggianti: queste realtà raggiungono infatti un fatturato complessivo di 172 milioni di euro occupando 1.652 persone.
Per quanto riguarda nello specifico i software sviluppati in Italia, il numero maggiore di aziende (58%) è giovane, di massimo 5 anni, mentre il 16% ha fra i 5 e i 10 anni, il 18% fra i 10 e i 25 anni e il 4% raggiunge una longevità di oltre 25 anni. “Segno che il mercato è in evoluzione e le prospettive sono positive – commenta Brigida -. La crescita del mondo delle startup rappresenta il momento del mercato italiano, propenso alla crescita, con talenti e soluzioni all’avanguardia che ci assicurano che il futuro del tech italiano sarà in buone mani. Sebbene le grandi realtà facciano da traino, infatti, le startup sono quelle che aggiungono benzina”.
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