Non riesco a leggere la classifica delle 60 migliori aziende italiane, che arriva puntuale ogni primavera e che elenca fior fior di belle aziende anche del settore IT, senza allargare lo sguardo agli ultimi dati Istat. L’Italia rimane ultima in Europa per tasso di occupazione che si è assestato al 66,3% tra i 20 e i 64 anni, un dato molto distante dalla media europea del 75,4% (quasi 10 punti percentuali in meno).
La classifica dei 60 Best Workplaces 2024 – stilata dalla società di ricerche e analisi Great Place to Work Italia ascoltando 219mila collaboratori di 379 organizzazioni italiane con diverso numero di dipendenti (10-49, 50-149, 150-499 e più di 500) – misura l’esperienza dei dipendenti, la loro fiducia nei confronti della propria azienda e quanto questa impatti sui risultati aziendali, traducendosi in fatturato.
Cosa accomuna i migliori ambienti di lavoro in Italia nel 2024? Riassumo le evidenze.
1 – I dipendenti si fidano delle loro aziende.
I 60 migliori luoghi di lavoro italiani hanno registrato un Trust Index (l’indicatore del clima di fiducia) pari all’89%, un dato stabile rispetto al 2023, ma che distanzia molto (+18%) il Trust Index medio delle aziende italiane (71%).
2 – Le aziende con dipendenti soddisfatti hanno fatturati più alti.
L’indice di soddisfazione complessiva, Overall Satisfaction, è risultato pari al 92% quest’anno, dimostrando come un livello elevato di fiducia dei dipendenti si rifletta direttamente sul fatturato aziendale. “I best workplaces italiani nel 2023 hanno avuto una crescita media dei ricavi, rispetto all’anno precedente, del 28%, un dato che se confrontato con il +0,6% medio fatto registrare nell’incremento del fatturato da parte delle organizzazioni italiane appartenenti ad industria e servizi incluse nell’indice Istat fa capire l’importanza, per lo sviluppo del business aziendale, di avere dei dipendenti soddisfatti” precisa la ricerca.
3 – Il migliore settore in cui lavorare è l’information technology.
Se si guarda la natura delle aziende stesse e la loro distribuzione settoriale, si vede che una realtà su tre (30%) appartiene al settore IT, seguono industria manifatturiera e produzione e i servizi professionali (15%), biotecnologie e farmaceutica, servizi finanziari e assicurazioni (8%), sanità (5%), media e retail (3%), edilizia/costruzioni, elettronica, ingegneria, alberghiero, telecomunicazioni, trasporti (2%) e agricoltura (1%).
4 – La distribuzione geografica evidenza un gap marcato tra Nord e Sud.
A livello di distribuzione territoriale, più di tre aziende su quattro (77%) hanno sede in Lombardia (52%), Lazio (17%) e Veneto (8%) e in totale sono 13 le regioni italiane rappresentate nel ranking. Mancano all’appello Valle D’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Umbria, Basilicata, Sardegna senza “best workplaces” nel ranking. “Nonostante la minore presenza delle aziende nel Sud Italia, siamo molto felici che realtà come la molisana Prestiter, la campana PA Advice, la pugliese Apuliasoft, la siciliana Plurimpresa, l’abruzzese Novidis e la calabrese Acsoftware siano riuscite a guadagnare il riconoscimento come migliori organizzazioni per cui lavorare in Italia. La crescita e il riscatto del Sud a nostro parere parte da una diversa concezione dell’organizzazione aziendale e da un rapporto di fiducia tra persone e leader aziendali” precisa Beniamino Bedusa, presidente di Great Place to Work Italia.
5 – Importante gestire i costi del turnover dei dipendenti.
La ricerca quest’anno per la prima volta analizza i costi nascosti del turnover nei migliori posti di lavoro, che hanno un impatto sui costi nel medio e lungo periodo, ma che sono difficili da identificare. “Una buona strategia di employer branding, basata sul feedback diretto delle persone, riduce i costi di assunzione e di turnover, fenomeni in deciso aumento, soprattutto nelle nuove generazioni” spiega Alessandro Zollo, Ceo di Great Place to Work Italia. Sulla base di una simulazione, un’azienda di circa 100 collaboratori con un tasso di turnover pari al 10% (che è il valore medio per le organizzazioni attive nel Nord Italia) subirà circa 200mila euro di costi annui attribuibili all’uscita delle persone.
La classifica Best Workplaces 2024
Le 15 migliori aziende dove lavorare, nelle 4 categorie considerate (oltre 500 collaboratori, da 150 a 499, da 50 a 149 e da 10 a 49):
Tra le grandi aziende con più di 500 collaboratori, sul primo gradino del podio sale Hilton (settore ospitalità), seguita da Teleperformance Italia (servizi professionali, assistenza telefonica/centri di vendita) e Conte.it (servizi finanziari e assicurazioni auto).
Nella categoria di aziende con 150-499 dipendenti, la prima risulta essere Cisco Systems per il 23esimo anno consecutivo (settore IT, networking, collaboration), davanti a Bending Spoons (IT, software) e Dow (industria manifatturiera e produzione, prodotti chimici).
Il podio della categoria tra i 50 e i 149 collaboratori vede al primo posto Biogen Italia (settore biotecnologie), seguita da Storeis (servizi professionali, pubblicità e marketing) e Skylabs (IT, consulenza).
Nella categoria con un numero di dipendenti compreso tra 10 e 49, il primo posto lo conquista Auditel (media, rilevazione ascolti dell’intera offerta televisiva italiana nella sua articolazione digitale, satellitare, live e on demand, su tutte le piattaforme e i device) davanti a Exein (Settore IT, cybersecurity) e Eoliann (settore IT).
Torno al dato Istat che accennavo all’inizio. Prestigiosa la classifica, ma non dimentichiamoci che l’Italia resta fanalino di coda in Europa per tasso di occupazione. Nonostante l’occupazione sia cresciuta nel 2023 di buon ritmo rispetto all’Europa (+1,5% di occupazione contro una media europea dello 0,9), il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni è del 66,3%. Con un dato ancora più allarmante per l’occupazione femminile. In Italia, tra i 20 e i 64 anni lavora solo il 56,5% delle donne a fronte del 70,2% di media nella Ue, mentre il tasso di occupazione maschile è del 76% (contro l’80,5% in Ue). Il divario di occupazione tra uomni e donne in Italia è di 19,5 punti percentuali, quasi il doppio della media Ue (10,3%). Si commenta da solo.
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