Due fatti di agosto, tra i più chiacchierati, hanno molti punti in comune a partite dagli eccentrici Ceo, e sollevano gli stessi quesiti.

L’arresto in Francia del fondatore e Ceo della piattaforma di messaggistica Telegram Pavel Durov (ora fuori su cauzione) con 12 capi di accusa per mancata collaborazione con la giustizia francese nel rimuovere contenuti illegali e nel fornire informazioni per individuare attività illecite, dalla pornografia al traffico di stupefacenti, dalla frode alla fornitura di servizi crittografici a terroristi. Un arresto eclatante nel mondo di Internet.

Il blocco del social network X in Brasile (uno dei mercati più grandi per X, 24 milioni di profili attivi), dopo che il Ceo Elon Musk non ha adempiuto alla richiesta di nominare un rappresentante legale nel paese per la sua azienda Starlink, pagare una multa di 4 milioni di dollari, bloccare alcuni profili estremisti accusati di diffondere menzogne e fake news (gestiti da sostenitori dell’ex presidente brasiliano Bolsonaro che negano di aver perso le elezioni del 2022 vinte da Lula da Silva).

Telegram e X, due piattaforme molto diverse tra loro ma entrambe additate di essere utilizzate anche in modo improprio per campagne personali, elettorali, propaganda, disinformazione e fake news. Ma tutte le aziende tech e le principali piattaforme Internet sanno che sono tenute a collaborare con la magistratura se richiesto, eliminando contenuti illegali, chiudendo account o gruppi che favoriscono attività criminali: per questo gli atteggiamenti di non collaborazione sono alla base delle azioni sopra descritte.

Ora – senza entrate nel merito delle due vicende giudiziarie – quanto successo segna un momento di snodo importante nella storia di Internet, che non fa che amplificare timori già diffusi. Elenco le domande più ricorrenti, che sottendono una forte preoccupazione di fondo. E’ ancora possibile lasciare il controllo di piattaforme così popolari, capaci di influenzare milioni di persone (Telegram ha circa 900 milioni di utenti al mondo, in Italia lo utilizza il 29% degli utenti Internet) nelle mani dei loro eccentrici Ceo? Quanto i Ceo sono responsabili dei contenuti? E’ giusto affidare il controllo delle piattaforme solo alla magistratura dei singoli stati? Quale ruolo attivo dovrebbe spettare ad autorità sovranazionali o alla Comunità Europea (che non ha preso posizione nella vicenda Dorov, essendo un caso penale) sempre molto impegnata nel normare con leggi e regolamenti, dal Digital Markets Act all’AI Act, da Dora alla Nis2? Può bastare?

C’è senza dubbio una crescente tendenza di controllo da parte dei singoli stati sull’uso del digitale (non solo in regimi autoritari ma anche in democrazie) che va gestito e preoccupa se lede sicurezza, privacy, diritti umani, libertà di espressione e di impresa, principi alla base dello sviluppo di Internet. Il tema deve essere affrontato in modo corale.

La polvere sollevata dal caso Durov (soprannominato “lo Zuckerberg russo”) si trasformerà presto in un polverone. Già oggi la Corea del Sud ha aperto un’inchiesta accusando Telegram di incoraggiare la diffusione di contenuti pornografici falsi (“deepfake porno”), avendo montato con l’AI volti di minorenni su filmati pornografici. Non è certo un tema al quale ogni Paese può rispondere in autonomia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: