La foto dell’Italia è sempre quella: un mercato digitale promettente con una crescita attesa per il 2019 del 2,5% ma in una classifica europea deludente, che ci vede al 26esimo posto (su 28, indice Desi). Dati ribaditi nel contesto vivace di Fed 2019, dove imprese e imprenditori non hanno taciuto ambizioni ma anche paure.
Il Forum dell’Economia Digitale, organizzato da Facebook in collaborazione con i Giovani Imprenditori di Confindustria dello scorso 11 luglio, ha raccolto il popolo dell’innovazione digitale italiana a Milano, istituzioni comprese. “Siamo di fronte a una rivoluzione che ha un impatto sull’economia senza precedenti, perché la digitalizzazione sta trasformando interi settori industriali, dalla finanza alla sanità, dall’informazione alla manifattura, ridisegnando il mondo del lavoro – commenta il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sul palco del Mico a fine giornata -. Il compito della politica è far sì che questa energia diventi un’opportunità per tutto il Paese, facendo sempre attenzione al benessere delle persone, verso un umanesimo digitale”.
La politica deve prendere spunto dagli imprenditori, dalla determinazione di chi si è messo in gioco, secondo il premier, citando l’impatto che tecnologie come AI avranno sul mondo del lavoro e ricordando le strategie legate al Fondo per l’Innovazione da un miliardo di euro e ai due comitati di esperti su intelligenza artificiale e blockchain voluti dal Mise. Oltre alle previsioni del World Economic Forum: la trasformazione del lavoro non interesserà solo le attività manuali a basso reddito, ma le professioni qualificate, grazie ad algoritmi di AI.
”Be the Change” (questo il titolo della quarta edizione di Fed, ambizioso) raccoglie il trend positivo attuale che porterebbe a un volume d’affari di 72,2 miliardi di euro nel 2019 (appunto +2,5%), di 74,2 milioni nel 2020 (+2,8%), di 76,5 miliardi nel 2021 (+3,1%). In scia alle crescite registrate nel 2018: mobile (+9,4%), IoT (+19,2%), cloud (+23,6%), cybersecurity (+12,2%), wearable (+15,3%), piattaforme web (+13,7%).
Sono dati che fa bene ricordare alle duemila persone presenti ad ascoltare casi di trasformazione sociale, economica e tecnologica, con dibattiti aperti su intelligenza artificiale e robotica (tra questi Rita Cucchiara, Direttore Lab Cini Aiis e punto di riferimento per gli studi di visione artificiale e deep learning nel nostro Paese), formazione, blockchain tra ambizioni, paure e obiettivi da raggiungere. Un mix.
Perché la paura di non essere all’altezza richiede uno sforzo sulle competenze digitali necessarie (altro punto quasi a noia, ma serve insistere). “Per sostenere lo sviluppo sono necessarie delle forti competenze digitali: il 90% delle Pmi in Italia riconosce infatti che, per la crescita di un’impresa, le competenze digitali sono imprescindibili – esordisce Luca Colombo, Country Director Facebook Italy -. Se nei prossimi tre anni il nostro Paese riuscisse ad allineare la diffusione dei digital skill alla media europea, il nostro tessuto sociale e produttivo sarebbe più efficiente, aumenterebbero gli investimenti e l’occupazione e migliorerebbe il tasso di innovazione nelle imprese”.
Un invito a “studiare” per avviare trasformazioni concrete nelle aziende. “Il cambiamento che l’innovazione porta nei settori tradizionali ci dà l’opportunità di trasformare le imprese, creare nuovi spazi di business, esplorare nuovi mercati – incalza Alessio Rossi, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria -. Queste trasformazioni aumenteranno da qui a un anno il fabbisogno di professioni Ict tra le 45mila e le 71mila unità. Ancora più determinante sarà quindi colmare il gap di competenze che è una vera emergenza Paese: la cultura digitale deve fare ingresso nelle scuole e nelle università, per creare gli innovatori, i manager, i lavoratori, gli imprenditori di domani”.
In un altro contesto, oggi a Milano, si ritorna sull’importanza delle competenze: l’inaugurazione della mostra su Leonardo al Castello Sforzesco, occasione per presentare la partnership tra il centro di ricerca di Huawei e l’Università di Pavia per realizzare un nuovo Microelectronics Innovation Lab frutto di un investimento complessivo di 1,7 milioni di dollari.
Fabio Rugge, rettore dell’Università pavese, parla di “un’alleanza trasformativa tra università e aziende” tenendo presente che gli atenei hanno iniziato a fare ricerca molto prima della geopolitica e della nascita degli stati nazionali (andando ben oltre dazi o politiche internazionali) ma che le imprese hanno dimostrato nel 21esimo secolo una capacità straordinaria di innovazione, una visione strategica che deve essere messa al servizio della formazione. Che le università devono raccogliere, in un modello win-win.
Così come la politica deve prendere spunto dagli imprenditori (messaggio di Conte) l’università deve cercare alleanze con le aziende (strategia già chiara nella istituzione dei competence center).
“Be the change” risuona così fuori dal Mico. Un caso su tutti presentato al convegno: Valeria Cagnina (co-founder insieme a Francesco Baldassarre della scuola di robotica OFpassiON) a solo 11 anni costruiva il suo primo robot, a 15 frequentava con borsa di studio il Mit di Boston, a 16 fondava la sua scuola di robotica basata sul gioco e sul divertimento che oggi, dopo due anni, è una vera azienda. Messaggio colto.
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