L’ubicazione dei data center non solo avviene nel cuore dell’Europa o dell’America, ma ovunque essi siano “a prescindere dal contesto, è fondamentale che questi riescano a mantenere una qualità costante ed elevata delle prestazioni, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, facendo al contempo fronte alla mole in continuo aumento di dati e informazioni da processare, elaborare e conservare”.
E’ il punto di vista di Stefania Prando, business development manager di Kingston Technology, che progetta driver a stato solido (SSD) appositamente studiati per server e data center aziendali, in grado di garantire performance costanti e qualità elevate, anche nelle condizioni più estreme.
La risposta ai crescenti bisogni di spazio, risparmio energetico e salvaguardia ambientale sempre più spesso si concretizza pertanto in location apparentemente inusuali ma esaustive delle nuove esigenze. Kingston ne riporta alcuni esempi concreti.
Dati protetti in luoghi estremi
A circa 30 chilometri sottoterra e a pochi chilometri da Stoccoma si trova Pionen White Mountain. Il data center svedese ha preso il posto di un ex bunker atomico ed appartiene a Banhof, un provider di servizi Internet. In passato questo luogo è stato centrale operativa di Wikileaks e la sua attuale identità lo fa sembrare la scena di un film tra cascate, led multicolori, piante e nebbiolina artificiale.
SuperNap è il più potente data center statunitense e la sua collocazione lo rende anche il più strategico. Nel deserto, infatti, si snodano migliaia di cavi di interconnessione delle Telco americane, rendendo la zona una delle più interconnesse della nazione, se non del mondo. Un ulteriore punto a favore del deserto di Las Vegas è l’assenza di catastrofi naturali considerevoli, assieme alla possibilità di reperire energia in modo facile e a buon mercato.
Dal caldo del deserto spostandosi verso il ghiaccio del circolo polare artico, precisamente nella città di Ballangen, ha sede Kolos. La scelta di posizionamento permette all’azienda di contenere i costi grazie al raffreddamento naturale dei server dovuto alle basse temperature e alle numerose fonti di energia idroelettrica. Oltre a dighe ed impianti eolici, la zona dispone di grandi quantità di cavi in fibra ottica, installati in passato lungo una ferrovia costruita per trasportare il ferro. Il data center è destinato a diventare uno dei più grandi al mondo con l’obiettivo di raccogliere una quantità di server tali da richiedere oltre 1000 MW di potenza, in un’area di circa 600.000 metri quadri.
In risposta alle esigenze di sostenibilità e risparmio energetico Microsoft ha deciso di inabissare un data center nel mare, vicino alle isole Orkney, al largo della Scozia. Costruito in Francia dal gruppo Naval, il cilindro bianco di oltre 12 metri di lunghezza, può restare sott’acqua fino a cinque anni e contiene poco meno di 900 server.
Il Project Natick punta sui fondali marini non solo per il raffreddamento, ma anche come soluzione ad uno dei problemi più diffusi per i data center ovvero la riduzione della corrosione. Di fatto, la mancanza di una presenza umana rende possibile l’eliminazione di ossigeno e di vapore acqueo.
Italia, modello virtuoso
Global Cloud Data Center appartiene ad Aruba ed è il più grande d’Italia. Si trova a Ponte San Pietro, vicino a Bergamo, zona sicura dal punto di vista sismico ed idrogeologico. Il data center è un esempio di sostenibilità unico in quanto si avvale di energie rinnovabili ed autoprodotte. L’alimentazione energetica del data center fa riferimento all’utilizzo dell’acqua del vicino fiume Brembo grazie ad un’area di copertura di 200.000 metri quadri e alla presenza di pannelli fotovoltaici a rivestimento delle pareti. Un impegno ecologico che dovrebbe rappresentare un riferimento di normalità.
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