L’anno che sta per concludersi lascia in eredità alle organizzazioni la consapevolezza dell’importanza di flessibilità e agilità, mantenendo saldo il controllo, in modo da riuscire a reagire in modo veloce alle nuove sfide. Certo gli eventi di questi mesi sono stati determinanti per questa presa di coscienza, ma anche prima della pandemia molte organizzazioni sentivano come un peso le difficoltà ad adattarsi a mutate condizioni economiche, tecnologiche (o anche solo legali e regolamentative) in modo agile.
Dover reagire ai cambiamenti in modo rapido, quasi all’improvviso, ha portato le aziende a far fronte a importanti bisogni pagando il prezzo di un certo lassismo su governance e controllo – pur riconoscendone l’importanza – proprio in relazione alle sollecitazioni al cambiamento esterne. Ora prospettive finanziarie ancora incerte spingono al controllo dei costi, consapevoli però che i tagli del personale o degli investimenti in nuove tecnologie possono minare alla base il raggiungimento dei risultati, mentre è necessario migliorare l’agilità organizzativa e la produttività dei dipendenti, per garantire che processi quali il supporto IT e la gestione della sicurezza possano continuare senza problemi.
Di fatto le organizzazioni dovrebbero bilanciare profitti a breve termine e strategia di lungo periodo. Sono i messaggi chiave della ricerca di Insight che ha condotto un sondaggio tra 550 responsabili senior IT di aziende europee. Il sondaggio è stato condotto nei mesi di luglio e agosto 2020 da Coleman Parkes tra aziende con 500-1.000 impiegati e aziende con oltre mille dipendenti(con un campione omogeneo di intervistati nei due segmenti), nel Regno Unito, in Francia, Germania, Austria, Svizzera, Italia, Spagna, Belgio e Paesi Bassi.
Insight analizza le pressioni cui sono sottoposti i reparti IT affinché riescano a ridurre i costi perseguendo gli obiettivi aziendali. Vale per il 95% delle imprese europee che denunciano l’incapacità di ottimizzare la spesa per le tecnologie, cosa che vanifica in modo significativo i loro sforzi. Per esempio, la ricerca Insight evidenzia che ogni azienda in media spende 2,34 milioni ogni anno in licenze software inutilizzate, una cifra con cui sarebbe possibile per esempio pagare lo stipendio di 45 specialisti IT.
Con il lockdown oltre la metà delle aziende ha scelto, invece, di ridimensionare la propria forza lavoro e più di un quarto del campione di aziende sentite ha ridotto specificatamente il numero di dipendenti IT; si è scelto inoltre di risparmiare (nel 44% dei casi) utilizzando asset IT per un periodo di tempo più lungo, rispetto a quello previsto, e consolidando le strutture degli uffici fisici.
A fronte degli sforzi compiuti il risultato concreto è che le aziende non riescono a ottimizzare completamente i costi IT e da marzo software, supporto IT e infrastruttura sono diventati più costosi e gli investimenti non hanno avuto una ricaduta strategica come auspicato. Si deve lavorare quindi proprio questo aspetto mentre addirittura il 60% pensa di ottimizzare il rendimento del cloud privato, il 68% delle infrastrutture e la metà dei team per quanto riguarda supporto e investimenti software.
Due dati di dettaglio aiutano a focalizzare ancora meglio il tema. Spicca per esempio come oltre 6 aziende su 10 dichiarano di disporre di hardware e software duplicati in fase di lockdown, agli inizi del periodo critico nel bisogno di implementare nuove tecnologie, mentre quasi 7 aziende su dieci non riescono a gestire i diversi device personali dei dipendenti collegati alle reti aziendali per le esigenze del lavoro da remoto, con il 63% del campione che, allo stesso tempo, non riesce ad adattare le proprie licenze al numero di dipendenti.
E ancora, per esempio, il 73% delle aziende ha acquistato più applicazioni per le stesse funzionalità che però sono utilizzate da team diversi in situazioni diverse. Senza nel frattempo pensare a consolidare infrastrutture e risorse.
Insight, critica la mancanza di visibilità
Un altro problema importante è legato alla mancanza di visibilità su costi e investimenti sia hardware sia software: si parla, complessivamente di acquisti non pianificati da parte di diversi reparti che aggiungono 1,23 milioni di euro all’anno ai costi dei servizi cloud, mentre il 55% delle organizzazioni risulta aver siglato più contratti per l’acquisto del medesimo software, in quanto le relative licenze sono state comprate da diverse unità aziendali in momenti diversi.
Con il 73% delle aziende intervistate che dichiara di non essere in grado di negoziare efficacemente con i fornitori di software. Lo scollamento tra percepito e documentato/documentabile è evidente: il 56% pensa di spendere troppo per le licenze, ma non è in grado di confermare la propria percezione e quindi iniziare a correggere il problema.
Commenta così i numeri Pietro Marrazzo, Country Manager Insight Italia: “Le aziende da diversi anni sono impegnate ad affrontare le sfide sistemiche relative alla gestione dei costi. Se le aziende raddoppiassero gli sforzi per ottimizzare i costi, potrebbero evitare di prendere decisioni che avranno quasi certamente un impatto sulla propria capacità di eseguire piani di trasformazione digitale.
Sono invece molte le opportunità per ottimizzare i costi e ridurre le spese senza però danneggiare la capacità di operare in modo efficace”. Tra la riduzione dei costi e la riduzione delle capacità operativa di fatto il delta è minimo.
Le conclusioni della ricerca sono chiare: i team devono imparare a considerare nella loro interezza tutte le risorse aggiuntive acquisite e aggiornare le strategie di gestione del ciclo di vita delle risorse, con l’obiettivo di recuperare valore dalle tecnologie in eccesso e al contempo pianificare il futuro.
La visibilità sui costi anche delle infrastrutture e sui modelli operativi è mandatoria e laddove non sono presenti in azienda le competenze necessarie per raggiungere i diversi obiettivi il tentativo di ottimizzare l’attività comporterà molte più difficoltà e servirà pertanto l’aiuto di un partner.
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