Tra i digital enabler più “discussi” e promettenti, blockchain è conosciuta soprattutto per la sua stretta relazione con il mondo delle criptovalute, meno per le tante possibilità di implementazione nei processi di industrie, imprese e PA, che potrebbero beneficiarne in forma esponenziale rispetto a quanto non accade oggi, soprattutto se si pensa al potenziale di integrazione di blockchain nei processi di trasformazione digitale insieme con cloud, intelligenza artificiale e cybersecurity.
Sono i temi toccati nel whitepaper Attualità e Prospettive della Blockchain per la Crescita dell’Economia italiana, documento predisposto dal tavolo di lavoro blockchain di Anitec-Assinform cui hanno partecipato Accenture, Argentea, Algowatt, Cisco Systems, Corvallis, Eustema, Exprivia, Gpi, Ibm, Infocamere, Leonardo, Liguria Digitale, Microsoft, Miller Group, Nokia, Oracle Reply.

Parliamo di un mercato, quello delle blockchain, che in Italia è ancora del tutto contenuto (poco più di 26 milioni di euro nel 2020), ma con una crescita anno su anno a doppia cifra confermata anche per i prossimi tre anni, ed evidentemente già nel prossimo futuro condizionata dall’attuazione del Pnrr con un impatto potenziale su diversi settori di mercato, tra cui (per citare solo quelli che già contano dei progetti) il settore agroalimentare, la moda, la logistica, l’automotive, il settore della difesa aerospaziale e dei servizi satellitari, il farmaceutico, energy, il turismo e le comunicazioni.

Il whitepapera partire dall’analisi degli elementi fondamentali di blockchain – definizioni, storia, applicazioni della tecnologia -, illustra i risultati attesi dall’applicazione e dall’investimento su questa tecnologia a livello di sistema Paese.

Massimo Chiriatti, Ibm
Massimo Chiriatti (Ibm), coordinatore del tavolo di lavoro blockchain di Anitec-Assinform 

Mentre si sottolinea il bisogno di intervenire sul quadro normativo, ancora “rarefatto”, con poche norme a disciplinarne usi e requisiti a livello sia europeo sia nazionale, non manca allo stesso tempo una ricca parte di esposizione relativa ai casi d’uso già in essere e di sottolineare come blockchain e AI siano da “leggere” come tecnologie sì diverse, ma in cui emerge evidente l‘importanza e la centralità dei dati. Da cui l’esigenza di considerarle in una visione unitaria nell’ottica del piano di Trasformazione 4.0, all’interno di una definizione di data space che letta nella stessa prospettiva dell’iniziativa Gaia-X dovrebbe vedere l’impegno di tutti gli attori sulle iniziative di trasformazione, proprio per favorire la nascita di “ecosistemi” virtuosi, che lavorano insieme ai progetti blockchain. Serve di fatto generare consistenza tecnologica basata su un serio programma nazionale sul tema del data sharing.

“Reti tra imprese, sulla base di un modello distribuito, con l’intelligenza decentralizzata sui punti della rete, ed in grado di sfruttare i vantaggi di strumenti come gli smart contract e la possibilità di registrare in modo permanente lo stato di un asset sulla base di un consenso condiviso – esordisce Massimo Chiriatti (Ibm), coordinatore del tavoloè il primo vantaggio offerto dalle tecnologie blockchain” che favoriscono il superamento dei silos informativi con il tracciamento certo di ogni tipologia di transazione. Anche per questo sarebbe importante “favorire” l’evoluzione e lavorare per poter anticipare i tempi e non trovarsi ad inseguire.

Demetrio Migliorati
Demetrio Migliorati, head of innovation presso Banca Mediolanum

“Un punto questo, per esempio, che ha già portato buoni frutti nell’ambito del banking”, come evidenzia Demetrio Migliorati, head of innovation presso Banca Mediolanum, con progetti Private Permission Distributed Ledger, come per esempio Spunta Banca Dlt (coordinato da Abi Lab), per favorire la riconciliazione delle transazioni tra gli istituti, sfruttando l’infrastruttura Abi Chain che vede attivi 100 nodi distribuiti in Italia, e le banche operative.

Migliorati sottolinea quindi proprio i vantaggi delle collaborazioni precompetitive, tra attori privati che si riconoscono”, mentre dal punto di vista dei regolamenti mette in guardia dalla “tentazione di regolamentare quello che delle tecnologie blockchain è già intrinsecamente ben definito, mentre sarebbe proprio importante delineare le regole sui “punti di contatto” – soprattutto nell’ambito fintech – tra ciò che è soggetto alle leggi “tradizionali” e blockchain, per favorire la creazione di progetti che hanno bisogno di sfruttare il meglio di entrambe le sfere”. Si allinea al pensiero Andrea Conso, partner studio legale Annunziata & Conso,  quando spiega come “il futuro di blockchain dipenderà fortemente dalla capacità di allacciare il quadro delle norme esistenti a quello ancora in fieri da completare. Cercando di capire bene cosa ci sia realmente da integrare e quali siano invece i rischi di una sovrapposizione tra vecchio e nuovo (cfr. normativa MiCa)”. 

Remo Morone
Remo Morone, partner dello Studio Notarile Morone

Blockchain è destinata a portare una serie di cambiamenti importanti anche in diverse professioni. Remo Morone, partner dello Studio Notarile Morone, riconosce le “elevate prospettive di algoritmizzazione della maggior parte dei compiti legati al ruolo del notaio”, ma allo stesso tempo vuole evidenziare come proprio blockchain sia tra “le tecnologie spesso sottovalutate in prospettiva futura e sopravvalutate nel presente” e abbia bisogno invece in questa fase di capacità, competenze, professionalità (proprio anche quella notarile) per le tematiche più complesse legate alle procedure di “exchange”, agli smart contract e ai diversi tentativi di transazioni basate su criptovalute ancora soggette ad una serie di equivoci da parte del grande pubblico mentre “tante delle nostre piccole e medie imprese, pur riconoscendo il valore e le potenzialità intrinseche, faticano ad orientarsi ed a mettere a terra progetti completi”.

Nadia Fabrizio, blockchain expert per Cefriel
Nadia Fabrizio, blockchain expert per Cefriel

E’ la prospettiva per esempio condivisa da Nadia Fabrizio, blockchain expert per Cefriel, che sottolinea le potenzialità per l’impresa “per quanto riguarda i processi di tracciamento (supply chain, ma non solo) e la possibilità di attivare processi end to end con i partner, nella verifica delle identità digitali, e nella tokenizzazione degli asset nei diversi ecosistemi, a patto di superare la complessità ed abilitare “interdipendenze” concertate”. Quindi in riferimento ad una blockchain vista  proprio come abilitatore e semplificatore nella creazione degli ecosistemi.

Oggi purtroppo in Italia, secondo i numeri dell’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milano, “si contano negli ultimi cinque anni appena 1.200 casi di adozione, pochi senza dubbio – commenta Valeria Portale, head of innovation Payments Observatory – il 40% circa appartiene ad iniziative nel mondo finance, a seguire quelle nella sfera government e nell’agrifood“. Con quattro modalità di avvicinamento alle tecnologie di questo tipo “per la verificabilità dei dati, lo scambio di “valori”, l’allineamento delle transazioni e la realizzazione di processi affidabili. Con l’Italia non certo fanalino di coda sia per quanto riguarda le competenze, soprattutto per la “vivacità” delle iniziative, mentre a livello europeo è alta l’attenzione allo sviluppo di una piattaforma distributed ledger al servizio dei Paesi dell’Unione.

Non pagherà un approccio ai progetti basato su idee e budget di basso profilo, quelli tipicamente di chi “vorrebbe esserci” ma “senza mettersi realmente in gioco”. Da questo punto di vista fanno senza dubbio più fatica le nostre piccole e medie imprese mentre “le grandi aziende già oggi hanno le spalle larghe” per sostenere idee di ampio respiro, come spiega Fabrizio. Chiude Eleonora Faina, direttore generale Anitec-Assinform: “Serve superare la frequente dicotomia nel nostro Paese (ma anche a livello europeo), tra regolazione ed innovazione, l’incapacità di regolare il nuovo, che ancora non si conosce, pensando di proteggere le comfort zone”. Oggi lo scenario regolamentatorio è affollatissimo, ma parzialmente inefficace, eppure in questo ambito la sensazione è ancora quella del far west con la tentazione, purtroppo, a dislocare i progetti dove si corrono meno rischi. 

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