Il settore retail negli ultimi due/tre anni è stato rimodellato da una serie di fattori: è cresciuto l’e-commerce, per far fronte alle difficoltà legate alla pandemia, ed è cambiato di conseguenza il comportamento dei clienti, più attenti, alfabetizzati al digitale, ed ora alla ricerca di una maggiore personalizzazione dell’offerta. Allo stesso tempo sono cresciute per le aziende le difficoltà nella gestione delle supply chain, con un conseguente incremento della “pressione” sui profitti che ha ridotto in tanti i casi i margini.
Il report di McKinsey, The Tech Transformation Imperative in Retail, analizza queste sfide e si focalizza sulla necessità delle organizzazioni di rivedere le proprie architetture tecnologiche ed i modelli operativi per rimanere al passo, suggerendo cinque azioni concrete.
Una solida infrastruttura hardware e software, e processi digitalizzati, possono incrementare la capacità dei retailer, ma la maggior parte di essi non ha ancora messo a terra progetti completi e sta perdendo opportunità: pochi quelli che hanno già creato una proposta omnichannel di relazione con i clienti, e sanno sfruttare i dati su scala. Serve invece una trasformazione radicale delle architetture come dei modelli operativi.
I dati dicono che rispetto ai ritardatari, i leader digitali sono riusciti a generare Tsr (Total Shareholder Return) di oltre tre volte superiori, solo tra il 2016 ed il 2020, alimentando la customer experience omnicanale, generando offerte smart personalizzate e riuscendo a “monetizzare” i dati.
La tecnologia è in grado di supportare l’integrazione tra i canali online e offline con servizi digitali intelligenti; le analisi avanzate sui dati consentono di formulare proposte di acquisto sartoriali, aggiornabili in tempo reale ed arricchite da eventuali altre proposte, ed inoltre una gestione degli ordini cross-channel, l’automazione della logistica e nella gestione delle risorse umane, come del finance, agevolano la fluidità dei processi. E consentono alle aziende anche di immaginare e tentare l’approccio a nuovi modelli di business – oltre al core business tradizionale – contribuendo a diversificare i punti di contatto ed incrementare la base clienti (e relativi dati).
Altri benefici sono la possibilità di accelerare anche di tre volte il time to market, favorendo la crescita delle competenze interne, con l’ottimizzazione dei costi di gestione per un risparmio anche intorno al 20%. Denaro che può essere reinvestito in progetti di innovazione. La trasformazione radicale richiesta è ben modellizzata dall’immagine che riportiamo sopra.
Per quanto riguarda l’architettura tecnologica bisogna puntare sugli strumenti in grado di consentire davvero un’esperienza unica, distintiva, continua e coerente tra i diversi canali di contatto (1), ma serve anche acquisire tutti i vantaggi della data analytics scegliendo una piattaforma di analisi moderna, cloud based, che favorisca l’automazione di tutti i passaggi di analisi. Un aspetto importante questo. Che merita un’analisi più in profondità.
Come spiega McKinsey, nelle architetture tradizionali, i dati si trovano frammentati tra i sistemi eterogenei o parzialmente consolidati in un’infrastruttura locale ma con scalabilità limitata. Tante organizzazioni sfruttano poi solo dati “standard” di modello, il cui riutilizzo è difficile quando si desidera abbracciare casi d’uso di analisi complesse.
Per liberare la potenza dei dati e guadagnare in valore ecco che invece le piattaforme basate su cloud consentono l’automazione e il riutilizzo di una serie di protocolli definiti. Per esempio si arriva a poter sfruttare i dati dei clienti per calcolare valori anche in campi apparentemente lontani dal significato del dato, riuscendo a segmentare i clienti in tanti modi diversi e specifici, e in questo modo attivarsi su campagne di marketing originali per segmenti specifici (2). Serve infine sfruttare la flessibilità e la scalabilità di un’architettura modulare basata su microservizi (3).
Invece, per quanto riguarda i modelli operativi, serve puntare su quelli che tengono prodotto/servizi e clienti al centro. E quindi integrare completamente le risorse aziendali all’interno di team agili e indipendenti, ma in grado di collaborare sfruttando una prospettiva olistica (1). La rivoluzione dei processi dipende anche dalla capacità di delivery applicativa evoluta, basata sul cloud, automatizzata a supporto dello sviluppo delle operations (2). In ultimo, ma non meno importante, serve puntare sul rafforzamento delle competenze tecnologiche interne, puntando sulla disponibilità (o sulla formazione) di elementi qualificati (3).
La maggior parte dei retailer – specifica l’analisi del report – ha sì avviato una fase di trasformazione tecnologica, ma è ancora ferma alle prime fasi, in entrambi i comparti (architetture e modelli operativi); per questo non dispone ancora di strumenti, processi e capacità per indirizzare correttamente le sfide, chi già fa bene sul mercato sono quelle realtà che, già mature per quanto riguarda la DT, riescono ora a concentrarsi sul miglioramento continuo che caratterizzerà le organizzazioni retail più resilienti anche nei prossimi anni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA